Grandangolo

Giorgia Meloni e i liberali, Gaetano Quagliariello: “Il Governo sta facendo bene, ma nostra parte conta poco”

La Fondazione Magna Carta compie 20 anni e presenta la sua nuova sede aquilana, Quagliariello: "La politica deve coniugare pensiero e progettualità." Sul futuro di Forza Italia: "Se le Europee 2024 andranno male, potrebbe essere chiamata in causa Giorgia Meloni"

La politica nazionale e i venti anni della Fondazione Magna Carta al centro dell’appuntamento di “Grandangolo”, lo speciale del capoluogo. Il presidente Gaetano Quagliariello: “La Fondazione è sempre stata attiva e impegnata nello sviluppo delle aree interne. Continueremo a seguire questa strada”.

Magna Carta è un ‘Think tank’, cioè un serbatoio di pensiero, disegnato sul modello dei Think tank anglosassoni. Alla sua nascita, nel 2003, non era particolarmente chiaro che i partiti dovessero arrivare a una ‘fine’ e alcuni di noi si fecero una domanda, cioè come continuare a coniugare la politica con il merito, a far sì che la politica fosse pensiero e progettualità. Da queste domande e da queste volontà nacque la Fondazione Magna Carta, un Think Tank liberal-conservatore del tutto distante dai partiti. Le parole di Gaetano Quagliariello, già senatore, Presidente della Fondazione Magna Carta, rilasciate al Capoluogo nello speciale Grandangolo.

Oggi la Fondazione conta due sedi, per statuto: una a Roma, una a L’Aquila, inaugurata solo pochi giorni fa.
“Avere una sede a L’Aquila non è solo per un motivo d’affezione, ma è indubbiamente anche quello. La nostra Fondazione ha sempre lavorato attivamente sul problema dello sviluppo delle cosiddette aree interne. Il nostro è un Paese squilibrato, in cui difficilmente si fa comunità, dove i problemi ambientali si accrescono. Lo abbiamo visto in Emilia Romagna, dove i fiumi sono esondati nelle zone in cui non c’era gente, ma ad avere la peggio sono stati i cittadini che popolano i grandi centri. L’Aquila è stata una sorta di laboratorio di queste situazioni: anche per questo la Fondazione ha deciso di aprire una nuova sede a L’Aquila, per continuare ad investire su questi temi”. 

Rispetto all’attuale governo, qual è la posizione di Gaetano Quagliariello?
“Io ho scelto di non candidarmi pur avendo un Collegio sicuro. Se avessi avuto la possibilità di candidarmi a L’Aquila, ne avrei sentito sicuramente l’obbligo morale: per portare avanti progetti avviati negli anni. Tuttavia, non essendosi presentata la possibilità ho deciso diversamente. L’attuale Governo è a guida centrodestra, cioè il mio schieramento da sempre, ma al suo interno la parte liberale – quella a cui sono sempre stato vicino – oggi conta davvero poco. Ciò è, oggettivamente, frutto di diversi errori fatti nel tempo. Penso che Giorgia Meloni stia facendo molto bene, ma penso anche che questa parte liberale abbia bisogno di ripensarsi”. 

Restando sulle forze liberali, la recente scomparsa di Berlusconi rischia di peggiorare la situazione? 
“Credo che gli anni di Berlusconi siano stati gli ultimi decenni del ‘900, i più importanti della sua biografia, nella quale la politica è soltanto una parte. Anni di grande ottimismo, rafforzato dalla prospettiva della caduta del Comunismo. Berlusconi, proprio in questo periodo, ebbe grandi successi come costruttore, conquistò la possibilità di sfidare il monopolio dell’informazione televisiva, rese grande il Milan. Poi entrò in politica anche per difendere tutto questo e il resto. E nel 2001 la coincidenza con la sua personalità e l’attualità storica si è incrinata: cioè è finito quel grande ottimismo. Se dovessi trovare una data di inizio della ‘crisi’ sceglierei l’11 settembre 2001. Poi nel 2008 questa crisi si è accentuata ancor di più. È qui che il liberalismo avrebbe dovuto subire una revisione, revisione che non c’è mai stata.
Berlusconi ha avuto una grande resilienza, ma il suo movimento è diventato una sorta di spazio privato. La nuova Forza Italia era un’altra cosa da un partito di massa e ciò ha costituito un tappo. Oggi, però, questo spazio si riapre: penso quindi che qualcosa accadrà. C’è anche da dire che la figura di Berlusconi, nel momento in cui non è stata più egemone in politica, ha conquistato il Paese, anche grazie al suo individualismo”.

Sul futuro della politica e, in particolare, di Forza Italia, “Credo che fino alle Elezioni Europee del 2024 non succederà nulla: se Forza Italia resisterà potrà pensare di avere una stagione post berlusconiana. Non ritengo, però, questa ipotesi molto probabile. Se il partito dovesse subire una pesante sconfitta alle urne, a quel punto credo che sarà chiamata in causa – in primis – Giorgia Meloni, che potrebbe decidere di allargare i confini del suo partito. Poi c’è un altro discorso che riguarda il Centro, una sorta di MSI del terzo millennio. Se deciderà di fare davvero una politica al centro e di tenere conto delle evoluzioni delle due parti politiche potrà raccogliere consensi che, ad oggi, sono in freezer, quindi non contano”. 

PNRR, quali sono i problemi effettivi in Italia?
“Il vero problema è che in Italia è difficile spendere: ci sarebbe bisogno di un bagno di semplificazione legislativa. Inoltre il PNRR è stato pensato dopo la pandemia, ma prima della guerra, quindi prima che l’inflazione diventasse il problema principale. La crescita economica è oltre la media europea, ma anche il tasso di inflazione e ciò fa aumentare gli squilibri. Credo, invece, che il Piano Nazionale sia stato pensato anche per ridimensionare questi squilibri e creare una società più organica, anche a livello territoriale: per questo è necessario partire dalla domanda che arriva proprio dai territori. Alla base c’è un problema politico, poiché se si pensa a un nuovo progetto di sviluppo, bisogna individuare cosa – soprattutto nelle aree più fragili – abbia la possibilità di far crescere il capitale sociale, oltre a quello economico. Solo in questo modo ciò che si realizza si riesce a conservare”. 

 

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