Abruzzesi nel mondo

Caterina Pastore, campionessa abruzzese di karate diventata senatrice in Francia

Da San Salvo (CH) alla Mosella, la campionessa di karate Caterina Pastore divenuta senatrice in Francia. La rubrica "Abruzzesi nel mondo".

Da San Salvo (CH) alla Mosella, la campionessa di karate Caterina Pastore divenuta senatrice in Francia. La rubrica “Abruzzesi nel mondo”.

La vita umana, recita un vecchio proverbio, va vissuta con passione e coraggio, superando tutte le barriere. Questa sembra essere la straordinaria storia di Caterina Pastore, nata in Abruzzo, a San Salvo (CH) il 10 agosto 1962, per poi emigrare nella Francia, divenendo lì un vero e proprio talento sportivo in gioventù, arrivando ad emergere in uno sport tanto duro come il karatè, di cui divenne campionessa due volte del mondo, tre volte d’Europa ed altrettanto di Francia, dal 1989 al 1992, restando ancora istruttrice, nel suo club, dopo aver iniziato nella ginnastica artistica. Il suo papà, un emigrante partito da San Salvo per la Francia, a Sarrebourg, fu raggiunto dalla moglie originaria di Palmoli, (sempre del chietino) con le due figlie, tra cui Caterina. In particolare i grandi sacrifici dei genitori furono ripagati dallo studio della figlia, sempre in tandem con lo sport, fino a laurearsi in Storia e Geografia ed approdando ad una docenza nella Città di Fenétrànge, sposandosi (con un karateka) e prendendo così il cognome del marito e “francesizzando” il suo nome: È voilà CATHERINE BELRHITI. Dopo però emerse l’altra grande passione di Caterina per l’impegno prima amministrativo, come Consigliere della cittadina di Sarrebourg (13mila ab.), nelle file neo golliste de Les “Republicains” (L.R.), arrivando nel 2020, a subentrare in Senato, per il Dipartimento della Mosella, nella Regione del Gran Est e l’anno dopo entrando anche nel suo Consiglio Regionale, essendo quest’ultimo incarico compatibile con quello nazionale, all’interno del Senato delle Autonomie, che così tiene in grande sintonia le istanze territoriali e quelle centrali, tra le realtà dei grandi agglomerati urbani e le aree rurali e più agricole. Un percorso straordinario, che ha dell’incredibile per Caterina, pur con l’emergere negli ultimi anni nella politica francese degli oriundi italiani, di cui abbiamo già scritto, come Thierry Mariani (la cui famiglia proveniva da Castellafiume-Aq) ed in ultimo del giovanissimo Jordan Bardella, ora entrambi Europarlamentari. Quest’ultimo anche alla guida del “Rassemblement National” la formazione politica d’ultradestra, guidata per decenni dalla famiglia Le Pen, in forte ascesa, che resta “l’incubo” del rieletto Presidente Emmanuel Macron. In tal senso, si è già sottolineato, come in un Paese fortemente nazionalista come la Francia, con il suo retaggio dello spirito rivoluzionario e del passato coloniale vivo, il fattore d’integrazione delle sue varie componenti etniche, resta un problema centrale delle politiche pubbliche, specie di quelle extracomunitarie di matrice islamica, segnatamente del Nord Africa, spesso ancora confinate nelle “banlieues“, delle grandi città, ad altissima tensione sociale e dell’ordine pubblico. Per questo l’esperienza politico-parlamentare di una senatrice di origine italiana, come la Caterina Pastore in Belrhiti risulta ancor più interessante per capire quanto e come Lei si senta autenticamente francese e cosa resti delle sue origini abruzzesi. Nel 2011 tornando in vacanza nella sua San Salvo, ricordò ancora il suo passato da campionessa e dedicò tutte le vittorie sportive ai suoi “salvanesi”, riaffermando i forti legami familiari ed affettivi con la terra natia. Solo un tuffo nelle origini ancestrali o anche un ritorno alle proprie radici, che continuano a vivere anche altrove, influenzandone la sua stessa azione legislativa e politica francese? In tal senso analizzando sommariamente i suoi discorsi parlamentari, si notano però più gli accenti al richiamo ad una Francia tradizionalista, moderata e “centrista “, che sembra quasi rimpiangere i tempi della “grandeur“, sempre con la priorità ai temi della sua anima rurale, agricola e cattolica. In tal senso viene alla memoria la storica epopea degli operai italiani in una regione di frontiera come la Lorena, fin dalla fine dell’800, arrivati dal nostro Paese, nelle sue miniere ed industrie siderurgiche nascenti. Così recitava un ricordo di quelle storie di immani sacrifici e lotte di emancipazione: “Scendono ogni mattina, vanno a rubare il fuoco sacro, portandosi nelle viscere la solidarietà dei compagni e la paura della morte. Fra di loro non colleghi, soltanto compagni…”Nella tragedia della miniera di Marcinelle, nel vicino Belgio, l’8 agosto 1956 perirono ben 262 minatori, con 136 italiani, di questi 60 abruzzesi (23 di Manoppello). Per non parlare dello scandalo dei bambini vetrai nella Francia dei primi del ‘900, che provenivano dalle nostre “Terre di Lavoro”, sfruttati e costretti a soffiare la torba di vetro incandescente. Tutti da ricordare sempre, a partire dalla “Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo” in ogni latitudine della Terra.

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