L'intervista

In montagna non esistono esperti: “Intervenire con una legge per responsabilizzare tutti”

Ennesimo incidente mortale sul Gran Sasso. La montagna torna a far discutere. "Quando si deciderà di intervenire? La montagna non è uno scherzo". L'intervista a Paolo De Luca

“Non esistono esperti in montagna. Io sono maestro di sci ed accompagnatore di media montagna, eppure mi ritengo semplicemente un appassionato. La montagna non è uno scherzo. Gli ultimi incidenti parlano chiaro: eppure nessuno fa nulla. Servirebbero dei deterrenti affinché chi scelga di andare in montagna lo faccia nel modo giusto. Ci vogliono preparazione e consapevolezza”. Dopo l’ennesimo incidente sul Gran Sasso, in cui ha perso la vita il 52enne alpinista romano Davide Destriere, Il Capoluogo torna a parlare dell’importanza della sicurezza in montagna, raccogliendo l’appello di Paolo De Luca.

‘La montagna non riconosce laureati in alpinismo’. Cita il grande alpinista Reinhold Messner Paolo De Luca, ascoltato dalla redazione del Capoluogo in seguito all’incidente sul Corno Piccolo, durante l’arrampicata ai Prati di Tivo. Un incidente mortale: a perdere la vita è stato Davide Destriere, 52 anni, alpinista romano. Era il primo di cordata: al quarto tiro, per ragioni ignote, è volato giù lungo la parete ed è deceduto.
“Non bisogna mai sottovalutare i rischi che l’ambiente montagna comporta ed è fondamentale partire preparati”. 
Ricorda alcuni tra gli i più recenti tragici episodi che si sono consumati in montagna, sul Gran Sasso ma anche nell’Italia settentrionale, De Luca, intervistato dalla redazione. Tra questi, a dicembre 2021 la morte della guida alpina Jacopo Compagnoni (fratello della campionessa di sci, Deborah), guida alpina deceduta a 40 anni dopo essere stata travolta da una valanga scendendo dal canale Nord del Monte Sobretta.
Poi luglio 2022, un’altra valanga – questa volta per il collasso di un seracco del ghiacciaio della Marmolada – è fatale a due cordate di guide alpine: 11 le vittime del disastro. Ancora a marzo 2023, durante un corso di formazione per Guida Alpina, in Valle D’Aosta, una valanga travolse e uccise i tre allievi aspiranti: si salvò, miracolosamente, soltanto l’istruttore, seppur in parte sepolto dalla coltre di neve.
Così come i numerosi incidenti che hanno avuto il Gran Sasso quale triste scenario: solo qualche mese prima dell’ultima tragedia di sabato 8 luglio, sul Corno Piccolo, a maggio 2023 guida alpina e alpinista sono precipitati, mentre erano in cordata, risalendo il canale Sivitilli, sempre sul Corno Piccolo. I due sono finiti prima sulla neve, poi sono precipitati in basso, sui massi. Per entrambi non c’è stato nulla da fare.

Una lunga lista di vittime: fiumi di stampa, con i media che “hanno parlato e intervistato guide alpine e accompagnatori e a ricostruire possibili cause. Spesso si tende ad attribuire le colpe ai cambiamenti climatici, o semplicemente si parla di ‘fatalità’. Personalmente non sono d’accordo con queste letture: non si tratta né di cambiamenti climatici né di fatalità, simili incidenti dimostrano che, purtroppo, nessuno è esperto. E ci ammoniscono, una volta in più, affinché si vada in montagna preparati e rispettosi della montagna stessa.
“Ci vogliono massima prudenza e massimo rispetto – ribadisce De Luca – Bisogna essere allenati, preparati fisicamente, tecnicamente e mentalmente, soprattutto se si decide di intraprendere scalate o percorsi complessi. Quando si va in cordata, ad esempio, tutti i componenti della cordata devono conoscere perfettamente la via, le difficoltà di quel percorso, le soste, le vie di fuga. Andare in montagna non è come stare in spiaggia: in montagna si paga anche solo u errore e, purtroppo, spesso lo si paga con la vita”. 

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LA NECESSITÀ DI INTERVENIRE
“Spiace che, nonostante negli ultimi anni stai crescendo notevolmente il numero delle persone che frequentano la montagna e, di conseguenza, aumentino gli incidenti – al Nord come sul nostro Gran Sasso – nessuno parli di creare eventuali deterrenti. Da anni sostengo sottolinea De Luca – che sarebbe necessario modificare la legge 363 del 2003 ed estenderla a tutti gli sport che si praticano in montagna, arrampicate ed escursioni comprese. Altro valido deterrente potrebbe essere far pagare al cittadino imprudente, in emergenza, le costose operazioni di servizio alpino, attualmente gestite dal Servizio sanitario nazionale e quindi a carico della collettività. Un minuto di volo arriva a costare anche 300 euro, risorse che si potrebbero risparmiare, tutelando maggiormente anche molti giovani e appassionati di montagna, che devono capire quanto sia importante vivere la montagna in sicurezza”.
Sul tema dell’uso dell’eliambulanza del 118 per i soccorsi in montagna, De Luca sottolinea di avere particolarmente a cuore il tema per motivi personali che videro coinvolto suo padre, Antonio.
“A mio padre fu negato un trasporto urgente di cui necessitava dall’ospedale di Teramo al Policlinico Gemelli di Roma, a mezzo eliambulanza. Una situazione dolorosa che spero non debba capitare più a nessuno e che fa capire quanto sia importante e prezioso poter contare sull’elisoccorso, evitando di tenere occupato il mezzo e il personale per interventi dovuti a inesperienza o superficialità”.

L’assurdo – conclude il maestro di sci e accompagnatore – è che ad oggi chiunque potrebbe dirigersi anche al Calderone in pantaloncini ed infradito, senza che qualcuno possa vietarglielo. Per questo, oggi più che mai e all’indomani dell’ennesimo incidente, bisogna intervenire con una legge per responsabilizzare chi frequenta la montagna: se non si agirà la situazione potrà solo peggiorare. Gli ultimi episodi dovrebbero far scattare l’allarme. Troppe persone sottovalutano il rischio. La gente che frequenta la montagna deve essere educata a farlo nel modo giusto. Con il giusto abbigliamento, l’equipaggiamento necessario, deve affrontare la salita in base alle proprie capacità tecniche e adottare ogni prudenza”. 

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