Le nuove stanze della poesia

Nazim Hikmet, La vita non è uno scherzo

Vita e opere di Nazim Hikmet, il più grande poeta turco del '900, nell'appuntamento con la rubrica di poesia a cura di Valter Marcone.

Un altro appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone. Il 3 giugno scorso sono passati sessanta anni dalla morte di Nazim Hikmet il più importante poeta turco del Novecento, ricordato principalmente per il suo capolavoro, la raccolta “Poesie d’amore”, una testimonianza di impegno sociale ma anche ricca di emozioni e di sentimento.

All’inizio di questa riflessione trascrivo da “Poesie d’amore “(Milano, Mondadori 1963) alcune composizioni che immediatamente ci restituiscono lo spessore umano, sociale e culturale di questo poeta nato a Salonicco nel 1902.

La vita non è uno scherzo
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

scritta nel 1948 che si lega ad un’altra poesia come
Il più bello dei mari
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto
che meglio di altre descrive l’esistenza dell’uomo come una continua ricerca del bello.

Una vita che diventa intima accoglienza della persona amata per esempio in queste altre
due poesie:

Amo in te
Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l’impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.
amo in te l’impossibile
ma non la disperazione.
Fino a diventare :
Anima mia
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.

Sono poesie scritte in lingua turca per decisione dell’autore malgrado suo nonno che è stato anch’egli un poeta e letterato scrivesse in lingua ottomana, una lingua ritenuta da Hikmet difficile per i suoi costrutti lessicali, grammaticali e sintattici . Nel 1921 legge le opere di Carlo Marx e segue le vicende della rivoluzione russa tanto da soggiornare a Mosca fino al 1928 dove incontra Lenin e conosce Esenin e Majakovkij alla cui opera si ispirerà per le sue composizioni. Tornato in Turchia nel 1928 da clandestino perchè il paese aveva un governo anticomunista , dieci anni dopo, viene condannato per propaganda comunista a ventotto anni di carcere di cui ne sconterà dodici .
A Mosca nel 1955 incontra Vera Tulyakova, trent’anni più giovane di lui che assomiglia alla ragazza che ha sempre sognato. Sono entrambi sposati . Solo dopo molti anni riescono a stare insieme ma questa loro convivenza dura appena tre anni perché , a causa di un infarto , il 3 giugno 1963 Hikmet si spegne a Mosca.
Joyce Lussu è stata la sua prima traduttrice in Italiano. Lo ha conosciuto personalmente e di quella esperienza ne ha scritto un libro: “Il turco in Italia” Editore L’Asino d’oro ,2013. Come si legge sul risvolto di questo libro : “ E’ il 1958 quando Joyce Lussu e Nazim Hikmet si incontrano per la prima volta a un congresso per la pace a Stoccolma, lei non conosce una parola di turco, lui si esprime in un francese sgrammaticato e fantasioso. Eppure Joyce, attraverso la conoscenza diretta del mondo ideologico, etico, estetico e psicologico di Hikmet, delle esperienze che l’hanno formato, degli autori che lo interessavano, della sua famiglia, dei suoi amici e dei suoi nemici, attraverso questa biografia racconta in prima persona il loro rapporto di amicizia, facendo emergere sia l’Hikmet uomo che l’Hikmet poeta. La poesia di Hikmet non racconta quasi mai un amore semplice. Non c’è una felicità naïf nelle sue parole. Al contrario, si sente spesso il peso della vita: delle vicissitudini che tengono lontani, delle incomprensioni che separano, degli slanci e delle cadute.

Trascrivo ancora alcune poesie che completano proprio il quadro nel senso sopra richiamato di questo suo modo di intendere l’amore:

I tuoi occhi

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all’ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s’illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Prima di tutto l’uomo

Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.
Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all’uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell’astro che si spegne,
dell’animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell’uomo.
Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l’ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l’uomo!

Prima di tutto l’uomo è una specie di lettera al figlio a cui dice apertamente di non coltivare mai il sentimento dell’egoismo . Questo modo di pensare solo a sé stessi in realtà provoca l’inaridimento del cuore e nega ilk godimento di una felicità fatta di condivisione e di empatia per l’altro. La vita ha un senso solo se riusciamo ad apprezzare quello che ci sta intorno , come per esempio le meraviglie della natura, attraverso gli altri . E dunque con Prima di tutto l’uomo Hikmet suggerisce di amare prima di tutto l’uomo e conseguentemente la vita che lo contiene.
Tra le più note delle sue numerosissime opere pubblicate in Turchia ricordiamo le raccolte poetiche: 835 Satir (“835 Righe”, 1929), 1+1=1 (1930), Sesini kaybeden şehir (“La città che ha perduto la voce”, 1931), Gece gelen telgraf (“Telegramma notturno”, 1932), Kurtuluş savaşı destanı (“L’epopea della guerra di liberazione”, 1965), Şu 1941 yılında (1965, già apparsa in Italia in ed. bilingue Şu 1941 yılında – In quest’anno 1941, 1961); e postume: Dört Hapishaneden (“Da quattro carceri”, 1966), Rübayler (“Quartine”, 1966), Memleketinden insan manzaraları (“Paesaggi umani dal mio paese”, 5 voll., 1966-67). Da sottolineare inoltre l’opera teatrale Demokles´in kılıcı (“La spada di Damocle”, 1959). Varie raccolte antologiche sono state pubblicate in Italia.
Nazim Hikmet ha ispirato registi, cantanti e scrittori. Viene citato nei film Le fate ignoranti del regista Ferzan Ozpetek con Margherita Buy e Stefano Accorsi, e in Hamam – Il bagno turco con Alessandro Gassmann, del medesimo regista. Nel 2011 Ozpetek firma la regia di Aida al Maggio Musicale Fiorentino e vi inserisce una citazione di una poesia di Hikmet contro la guerra, durante il pezzo della marcia trionfale con le trombe egizie.
Alcuni versi di Alla vita sono citati nella canzone Sogna ragazzo sogna (1999) di Roberto Vecchioni . Diego Cugia cita il poeta turco nel libro Alcatraz, i pensieri di Jack Folla. Il brano Ode To Nazim Hikmet compare in Ictus, primo lavoro del musicista Andrea Centazzo (1974). Inoltre, viene citato da Tutti Fenomeni nel brano Hikmet, tratto dall’album Merce Funebre (2020).

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