LE NUOVE STANZE DELLA POESIA |
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Le storie in versi di Wisława Szymborska

27 luglio 2023 | 09:39
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Le storie in versi  di Wisława Szymborska

Valter Marcone, nel consueto appuntamento con la rubrica le nuove stanze della poesia, traccia il ritratto di Wisława Szymborska, premio Nobel nel 1996.

“Premiata con il Nobel per la letteratura” nel 1996 e con numerosi altri riconoscimenti, è generalmente considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi anni e una delle poetesse più amate dal pubblico di tutto il mondo. In Polonia i suoi libri hanno raggiunto cifre di vendita (500.000 copie vendute, come un bestseller) che rivaleggiano con quelle dei più notevoli autori di prosa, nonostante Szymborska abbia ironicamente osservato, nella poesia intitolata Ad alcuni piace la poesia (Niektórzy lubią poezję), che la poesia piace a non più di due persone su mille.” E’ questo l’incipit e poi in definitiva anche lo stesso sunto della voce Szymborska di wilkipedia.
Ma per meglio considerare i suoi meriti, va detto e su questo voglio condividere con il lettore di questa rubrica una riflessione, che è una delle poetesse più amate perchè i suoi versi sono “ vere e proprie storie “.

Le poesie di Wisława Szymborska rifuggono ogni retorica. Hanno quella semplicità particolare di chi guarda all’essenziale; una semplicità che non va però scambiata per facilità. Ci sono domande nei sui versi che non prevedono risposte “facili”. Anche perchè quei versi ad una seconda lettura offrono spazi di riflessione che prima creano disorientamento e successivamente si radicano come una seconda pelle; insomma versi che permettono una lettura a vari livelli dentro una realtà quotidiana che non ha nulla di straordinario: anzi lo straordinario sta proprio nel saper apprezzare l’eccezione ovvero l’eccezionalità del quotidiano.
Ecco allora un esempio , versi da leggere in modo aperto tratti dalla edizione italiana delle sue poesie , traduzione di Pietro Marchesani.

Qualche parola sull’anima
L’anima la si ha ogni tanto.
Nessuno la ha di continuo
e per sempre.

Giorno dopo giorno,
anno dopo anno
possono passare senza di lei.

A volte
nidifica un po’ più a lungo
sole in estasi e paure dell’infanzia.
A volte solo nello stupore
dell’essere vecchi.

Di rado ci da una mano
in occupazioni faticose,
come spostare mobili,
portare valige
o percorrere le strade con scarpe strette.

Quando si compilano moduli
e si trita la carne
di regola ha il suo giorno libero.

Su mille nostre conversazioni
partecipa a una,
e anche questo non necessariamente,
poiché preferisce il silenzio.

Quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,
smonta di turno alla chetichella.

È schifiltosa:
non le piace vederci nella folla,
il nostro lottare per un vantaggio qualunque
e lo strepito degli affari la disgustano.

Gioia e tristezza
non sono per lei due sentimenti diversi.
E’ presente accanto a noi
solo quando essi sono uniti.

Possiamo contare su di lei
quando non siamo sicuri di niente
e curiosi di tutto.

Tra gli oggetti materiali
le piacciono gli orologi a pendolo
e gli specchi, che lavorano con zelo
anche quando nessuno guarda.

Non dice da dove viene
e quando sparirà di nuovo,
ma aspetta chiaramente simili domande.

Si direbbe che
così come lei a noi,
anche noi
siamo necessari a lei.
Oppure :
Possibilità

Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente, a me che ama l’umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare che l’intelletto ha la colpa di tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d’altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie, al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi, da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti che non promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l’inferno del caos all’inferno dell’ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l’essere abbia una sua ragione.

Versi che elencano le possibilità che il mondo può darci e che in definitiva sono le possibilità che la vita ci offre ma anche le scelte che ciascuno di noi spesso è chiamato a fare. Possibilità che raccontano come dicevamo all’inizio storie.
Ci sono poi tra i componimenti della Szymborska poesie brevi e brevissime , pochi versi che appunto rendono l’essenziale prezioso perché dona una visione del mondo spesso alternativa a quella a cui siamo abituati in quanto non l’abbiamo mai considerata. Questi brevissimi componimenti guardano il mondo e al mondo con un punto di vista appunto delle storie. Personali, di gruppo, della natura, degli uomini ma anche degli animali. Sono un cesello , un altissimo e finissimo lavoro di intarsiatura che restituiscono e fanno vedere quello che c’è dentro, fino in fondo. Dentro al mondo ma anche dentro a ciascuno di noi.
Versi e storie dentro la storia di una poetessa polacca vissuta a Cracovia dal 1931 alla morte,avvenuta nel 2012 e insignita del Nobel nel 1996 di cui in questo 2023 si parla molto. E’ stata già Maddalena Crippa a portarla sul palco a fine marzo scorso con lo spettacolo “Ascolta come mi batte forte il tuo cuore “( dalla poesia Ogni caso ) affiancata da Andrea Nicolini e con le musiche dal vivo di Michele Sganga. Un percorso di parole, musica, immagini e emozioni attraverso poesie note e alcune assolutamente inedite anche in Polonia, e scoperte recentemente negli archivi, oltre a materiali ancora inediti in Italia, come la corrispondenza con il suo grande amore, Kornel Filipowicz cui fu legata dal 1969 al 1990, anno della sua morte, per ripercorrere una vita in bilico tra incanto e disperazione.
Ecco perché un “ Un incontro inatteso” è proprio il racconto di tutto quello che non si riesce a vedere dietro una semplice espressione, un semplice convenevole quando due persone si incontrano
Siamo molto cortesi l’uno con l’altro,
diciamo che e’ bello incontrarsi dopo anni.

Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell’acqua.
I nostri lupi sbadigliano alla gabbia aperta.

Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli gia’ da tanto sono volati via dai nostri capelli.

Ci fermiamo a meta’ della frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.

Ma le poesie da citare sarebbero molte , troppe per questo spazio e il target di questa rubrica . Pensiamo dunque a Possibilità , Amore a prima vista, Ad alcuni piace la poesia, Come si scrive un curriculum… Racchiusi in volumi capaci di vendere 500mila copie l’uno, come veri bestseller. E di meritarsi saggi, encomi e almeno una canzone Wislawa Szymborska ( di Roberto Vecchioni) che è una sorta di recensione.
La sua prima poesia, “Cerco una parola”, viene pubblicata nel 1945 su un quotidiano. Inizialmente tutti i suoi scritti vengono pubblicati quasi in modo clandestino, uno ad uno sulle pagine di riviste perchè è vigente una censura che non lascia scampo . Questi componimenti vengono visionati ed esaminati attentamente dalla censura del regime . La sua prima vera e propria raccolta poetica, “Per questo viviamo”, sarà pubblicata molto più tardi nel 1952, favorita dalle poesie che inneggiano al regime socialista. Una precedente raccolta, infatti, non viene data alle stampe come previsto perché giudicata troppo priva di contenuti socialisti.
Wislawa Szymborska scampa la deportazione nazista in quanto impiegata alle ferrovie , si iscrive all’università ma non riesce a concludere il ciclo di studi per ragioni economiche. Viene introdotta nel mondo culturale dal premio nobel Czeslaw Milosz, Si impiega come illustratrice e segretaria presso una rivista bisettimanale, e nel 1948 si sposa. Il matrimonio ha vita breve, e Wisława divorzia dopo sei anni per poi risposarsi con lo scrittore e poeta Kornel Filipowicz. Ha politicamente una vita travagliata .Alterna l’attività poetica, che le procura qualche notorietà nel 1957 con la raccolta “Appello allo yeti”, con il lavoro di redattrice presso la rivista “Vita Letteraria” sulla quale pubblica una serie di saggi : “Letture facoltative” poi riprese in volume. Nello stesso periodo collabora anche alla rivista “Kultura”, curata da immigrati polacchi a Parigi. Nel 1996 viene insignita del Premio Nobel per la letteratura. La motivazione che accompagna il premio recita: «per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà».

Una biografia ricchissima che è in definitiva anche l’occasione e l’ispirazione di molti suoi versi che appunto raccontano storie , quelle che lei ha vissuto personalmente e quelle che vede svolgersi sulla scena del mondo che la circonda di cui rimane comunque sempre un’interprete giudiziosa, assennata e rappresentativa.