Storia e territorio

Molina Aterno, lì dove tutto parla di acqua

Il fiume Aterno e la sua acqua sorgenti di vita per Molina Aterno: per secoli ne hanno influenzato la vita economica, sociale, culturale.

Tutto a Molina parla di acqua, a partire dal toponimo. Molina Aterno*, paese incastonato nello scenario delle gole di San Venanzio, è situato sulla sponda destra del fiume Aterno, con il maestoso Sirente a fare da sfondo.

E seppure il centro abitato sia qualche metro più su rispetto al fiume, il rapporto tra i molinesi e l’Aterno è stretto, strettissimo. Lo è stato in passato, nei secoli in cui dell’acqua dell’Aterno si alimentava l’economia locale: ma anche più recentemente, seppure lo spopolamento e le difficoltà che si vivono nelle aree interne abbiano avuto, in questo territorio con poco meno di 400 abitanti, un impatto importante.

‘Mulinə biejə è, ju laghə pure i te’ è la strofa di una popolare canzone molinese, che si tramanda oralmente da decenni: “Molina è bella, ha anche il lago”, spiega. Già: perché l’Aterno, che percorre tutta la Valle Subequana, in un passato non troppo remoto creava non un solo lago, bensì due. “Ju laghə e ju laghittə”, entrambi nelle campagne a ridosso del fiume. È qui che l’agricoltura l’ha fatta, per secoli ,da padrone, complice l’abbondanza di acqua e la possibilità di approvvigionarsene facilmente.

Una delle località in cui attualmente si concentrano gli orti locali – vicino alla “Forma Grande” altro luogo in cui l’acqua zampilla rigogliosa – si chiama “Cannavine”: e anche qui il toponimo ci aiuta a capire cosa succedesse in passato. La parola cannavine – o canapine – ha a che fare con la canapa (cannabis sativa): nelle zone particolarmente ricche di acque, lungo i fiumi e nelle aree impaludate, venivano infatti messi a macerare gli steli della canapa, per liberare le fibre della pianta da utilizzare successivamente per la tessitura o per la costruzione di corde e funi. Messe le piante nelle pozze d’acqua stagnante, i batteri anaerobici che vivono nel limo attaccavano le cellule vegetali e liberavano fra di loro le fibre. La canapa diventava così pronta per le operazioni successive, fino alla tessitura. E anche i semi venivano consumati in una particolare minestra, dal nome cannavicciata.
Anche il lino veniva coltivato in zona: le fibre, più delicate, venivano utilizzate per confezionare capi d’abbigliamento e biancheria raffinata. Anche in questo caso, della pianta non si buttava via niente: i semi venivano usati nei secoli passati nell’alimentazione ma anche per produrre olio. Produzioni che si sono riscoperte negli ultimi anni a livello globale all’insegna dell’alimentazione a km 0 e della riscoperta del cibo salutare.

Nei giorni roventi che hanno interessato anche il nostro Abruzzo aquilano, si trova refrigerio passeggiando per la via del Lago. Ci si arriva da via Fonte, da via Ponte (sempre per continuare il discorso dei toponimi): una strada che, fra alberi ombrosi, cespugli di more e il suono dell’acqua, culla e protegge, lontani da traffico, smog e caos. Un luogo rigenerante per eccellenza: e dovevano pensarla così anche nei secoli passati. Lungo la via del Lago, vicino al ponte, si trova la Fonte, utilizzata per lavare panni e abbeverarsi fino ai primi anni ‘90 del secolo scorso.

Qualche metro più in là, si ergono i resti del Mulino di Molina Aterno. Lungo l’intero corso del fiume, non solo nel territorio di Molina Aterno, la costruzione di mulini idraulici è testimoniata da documenti storici che ne rilevano una notevole presenza, particolarmente fra il IX e il XII secolo. Erano loro le “fabbriche medievali”: cartiere, concerie, gualchiere, filande, frantoi, mulini per cereali, segherie, ramerie. E quello di Molina non fa eccezione: “Il conte Teodino, figlio del conte Randuisi abitante di Navino e sua moglie Oria donano, nel 1085, alla chiesa farfense di Sn Giovanni in Vennari, il mulino di Molina sito nel luogo detto Acquaviva”. Viene citato anche nella bolla di Papa Clemente III del 1188, fra i beni posseduti dal monastero di San Benedetto in Perillis: il possesso dei mulini era quasi esclusivo degli ordini religiosi o dei feudatari, poi passato a signori e nobili. Situazione che è rimasta tale fino all’Ottocento, con l’abolizione della feudalità, quando il Ministero dell’Interno del Regno di Napoli sollecitò la costruzione di nuovi mulini per “far discendere il prezzo della molitura al suo giusto livello”. Siamo di fronte ad un classico esempio di architettura rurale, la cui piena vista è occultata dalla vegetazione e dall’ortica che cresce rigogliosa nella zona: due piani di muratura e il piano sottostante con degli archi a contatto con il canale del fiume. Il canale è ancora visibile ma non vi passa più l’acqua: serviva a rialzare il livello dell’acqua che, con il salto di quota, faceva azionare la pala orizzontale – retrecinə. Ogni macina era azionata dalla pala.

Mentre le donne lavavano i panni alla fonte, altri cittadini erano quindi impegnati al mulino per la frantumazione dei cereali. Ed altri ancora pescavano: trote – ce ne sono tuttora – ma soprattutto gamberi, la cui presenza è stata riscontrata fino alla fine del secolo scorso. Indice, questo, di una elevata qualità e pulizia dell’acqua in questa asta di fiume. E come dimenticare le rane, simbolo della sagra che per anni ha reso Molina Aterno conosciuta in tutta la regione: la sagra delle rane e degli gnocchi richiamava persone da ogni angolo d’Abruzzo nell’ampia piazza San Nicola, all’ombra del palazzo Piccolomini – il palazzo baronale. L’ultima edizione nel 2017, con la speranza che si possano tornare ad intrecciare i fili di una tradizione che è un peccato perdere.

Acqua che regala, ma anche acqua che incute paura. Il 18 gennaio 2023 il fiume Aterno, in piena per le precipitazioni particolarmente violente di quei giorni, trascinò tronchi, rami e detriti lungo tutta l’asta fluviale. Il “ponte agli occhiali” di Molina ebbe la peggio: il pilastro centrale è crollato ed è stato fino al mese di ottobre sostituito da un enorme tronco, incastratosi proprio il 18 gennaio sotto alla struttura in cemento armato. Il 25 ottobre è stato rimosso e in attesa della ricostruzione, la strada resta chiusa.

*Alcuni fanno risalire la prima parte del nome del paese al suo primo feudatario, Rainaldo di Molino, vassallo dei conti di Celano.

 

leggi anche
Cinema all'aperto
Torna Molina sotto le stelle: quattro serate di cinema in piazza a Molina Aterno
Attualita'
Ponte di Molina Aterno, inizia fase dissequestro: possono partire i lavori di demolizione
Ambiente e sicurezza
Ponte di Molina Aterno ancora sotto sequestro: aumentano problemi per sicurezza, viabilità e cittadini
L'aquila
Fuoristrada, primo trofeo TRT Abruzzo/Lazio: terza gara a Molina Aterno, equipaggi da tutto il centro Italia
I lavori
Crollo Ponte a Molina Aterno, dalla Provincia ok alla spesa per la demolizione
Cronaca
Ponte crollato a Molina Aterno, quattro iscritti nel registro degli indagati
Festa
Carnevale a Molina Aterno, festa grande per le vie del paese
Esonda l'aterno
Molina Aterno, ponte crollato verrà ricostruito: ma resta il problema manutenzione dell’asta fluviale
Cronaca
Molina Aterno, finalmente spento l’incendio
L'acqua - il video approfondimento
Alla scoperta della sorgente del Chiarino, il viaggio dell’acqua dal Gran Sasso a L’Aquila
Territorio
Le Torri della Media Valle dell’Aterno, patrimonio identitario da scoprire
Ambiente
Ponte di Molina Aterno, iniziano le operazioni di rimozione: 100 quintali di materiale da smontare e trasportare
L'aquila
Molina Aterno, chiuso in via precauzionale un altro ponte: non è sicuro
Territorio
Molina Aterno, poesie fra i vicoli: un percorso nel centro storico per fare memoria e comunità