729esima perdonanza, il discorso del cardinale

729esima Perdonanza, il Cardinale Petrocchi: “Oggi il Fuoco del Perdono acceso nel cuore del mondo”

"Oggi il fuoco della Perdonanza viene acceso non solo al Centro della nostra Città, ma anche nel Cuore del mondo". Il saluto del Cardinale Petrocchi all'arrivo del Fuoco del Perdono a L'Aquila, per l'apertura solenne della 729esima Perdonanza Celestiniana. 

“Oggi il fuoco della Perdonanza viene acceso non solo al Centro della nostra Città, ma anche nel Cuore del mondo”. Il saluto del Cardinale Petrocchi all’arrivo del Fuoco del Perdono a L’Aquila, per l’apertura solenne della 729esima Perdonanza Celestiniana. 

Si tratta di un fuoco “sacro”, perché suscitato dallo Spirito: e, come a Pentecoste, anch’esso si moltiplica in tante fiamme “individuali”, che, mantenendo la loro “appartenenza” alla stessa Fonte, provocano l’ “effetto-unità”: infatti, pur agendo “al singolare” promuovono la formazione del “Noi-fraterno”, generando nelle menti e nei cuori la “passione” per la Comunità concorde (cfr. At 2, 1-5) . Il fuoco, nella prospettiva biblica, ha la funzione di “purificare” dalle incrostazioni e restituire ciò che è nobile e prezioso alla sua bellezza: per questo si afferma che l’oro si prova nel crogiolo (cfr. Sir 2, 5-7)
Chiediamo, con tenacia, la grazia che vengano gettate e consumate nel fuoco del Perdono le “scorie nocive” delle inimicizie e siano sanati gli atteggiamenti ostili, a livello relazionale e universale. Invochiamo l’Onnipotente affinché vengano dissolte le cause delle guerre: sia quelle che incendiano molti luoghi nel pianeta (in particolare, pensiamo alla vicina Ucraina), come le conflittualità “microscopiche”, ma distruttive, che si attivano nelle famiglie e nei rapporti interpersonali.

Il “fuoco”, per essere fattore purificatore e prorompente, va custodito ed alimentato, perché sia sempre più divampante: infatti – come insegna sant’Agostino – ciò che non arde, non brucia. Il “combustibile” per queste “fiamme” è la carità: cioè l’amore evangelico che – come scrive san Paolo – “è magnanimo, benevolo, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità” (cfr. 1 Cor 13, 4-7). Dunque non basta organizzare “buone ritualità” (che pur sono necessarie), ma occorre suscitare mentalità aggregative e percorsi condivisi di azione. Anche stasera l’evento si traduce in celebrazione, ben curata e partecipata. La celebrazione deve trasformarsi in cultura: spirituale, umana e sociale. E la cultura, se è autentica, si concretizza in stili di pensiero come anche in atteggiamenti ispirati ai valori in cui si radica: si manifesta, così, attraverso il messaggio, si modella come tradizione, si rende efficace nella testimonianza “missionaria”.

Un filosofo, W. James, ci ha lasciato una massima su cui riflettere: “Semina un’azione e raccoglierai un’abitudine. Semina un’abitudine e raccoglierai un carattere. Semina un carattere e raccoglierai un destino». In questo quadro globale, assumono un ruolo centrale le “virtù civiche” della solidarietà, dell’altruismo, della onestà, del rispetto, della lealtà, della, laboriosità, della giustizia. Va sottolineato che le opere di carità, spirituale e materiale, hanno un versante ecclesiale, ma anche sociale: per questo sono pure “pubbliche virtù”. Mentre ciò che impoverisce o nega questi dinamismi produce patologie: etiche e collettive. Nella misura in cui – in sintonia con il “dettato” di Papa Francesco – L’Aquila sarà “Capitale del Perdono”, diventerà pure, allo sguardo del mondo, esposizione di una Città integralmente “ricostruita” e di una Comunità felicemente “risorta”.

Giuseppe Card. Petrocchi, Arcivescovo Metropolita di L’Aquila

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