Verba volant, scripta manent: cosa fare delle scritte fasciste sui muri

15 settembre 2023 | 10:23
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Verba volant, scripta manent: cosa fare delle scritte fasciste sui muri

Scritte fasciste sui muri: la questione è annosa e mai del tutto risolta, come accade spesso quando dobbiamo fare i conti con il passato. Un altro appuntamento con la rubrica I Cinturelli

I Cinturelli – La rubrica settimanale del Capoluogo, il contributo di Giulia Giampietri. Un dibattito dal passato: cosa fare delle scritte fasciste sui muri.

La questione è annosa e mai del tutto risolta, come accade spesso quando dobbiamo fare i conti con il passato. Si tratta delle scritte murarie del periodo fascista. Bisogna salvaguardarle come memoria storica o cancellarle definitivamente in quanto mera propaganda di un periodo della storia che ha prodotto solo lutti e miserie?
In tutti i nostri paesi ne troviamo dei resti. A Caporciano, in Via del Carmine, addirittura ce n’è una su tre righe “SU LA TERRA, SUI MARI, SUI CIELI OVUNQUE I SEGNI DELLA NOSTRA POTENZA DELLA NOSTRA VOLONTÀ”.
I motti mussoliniani epigrafati con solennità grafica su edifici pubblici e privati furono un canale di divulgazione molto efficace. Furono una forma di propaganda tutt’altro che marginale. Una forma di comunicazione martellante, tipica dei regimi dittatoriali, pensata per pervadere le coscienze dei cittadini, esaltando gesta e comportamenti che poco avevano a che fare con la democrazia e il rispetto dei diritti umani.

scritte fasciste

La celebre dicitura, ad esempio, che troviamo sul palazzo della Civiltà Italiana all’EUR <> non aveva il significato di esaltare la nobiltà del messaggio dell’arte, l’amore per la scienza, per le arti, l’ingegno dei singoli, ma aveva lo scopo più subdolo di inculcare negli italiani il senso di superiorità rispetto ad altre civiltà e popoli da sottomettere. Non a caso fu estrapolata dal discorso con cui il Duce annunciò e giustificò la guerra in Etiopia nel 1936, un’invasione di una brutalità fino ad allora ancora poco conosciuta.

Alla fine del secondo conflitto mondiale le scritte murarie furono cancellate, così come altre vestigia che richiamavano al fascismo. Nonostante la copertura con una mano di colore chiaro, queste spesso riaffiorano e arrivano fino ai nostri giorni.
In un Paese in cui erano ancora sanguinanti le ferite della guerra, mondiale e civile, in cui il fascismo lo aveva trascinato, i nostri predecessori, che avevano vissuto quei tragici momenti, non ebbero alcun dubbio sul voler cancellare im-mediatamente quel passato anche dai muri delle loro case.
Ma, a distanza di più di mezzo secolo, quale sentimento suscitano in noi queste iscrizioni? Possiamo definirle un patrimonio culturale e civile italiano? Certamente queste parole, oggi, non ci fanno più paura perché il nostro Paese, grazie ad una classe politica illuminata e lungimirante, seppe costruire sulle macerie della guerra e delle barbarie del fascismo, una repubblica con una delle più belle Costituzioni del mondo. A cardine della stessa, non a caso, c’è la negazione di ogni forma di autoritarismo e la tutela della libertà e dell’uguaglianza di ogni cittadino. Proprio grazie a questi principi, oggi, la magniloquenza dei motti mussoliniani, in fondo, strappa un sorriso ironico anche al più convinto dei “compagni”.
Ma manterremmo lo stesso atteggiamento se sulle nostre case riaffiorassero svastiche, aquile imperiali o epigrafi naziste celebranti la razza ariana? Probabilmente no. Ci giustificheremmo dicendo che i nazisti erano peggiori dei fascisti, convinzione tanto diffusa quanto beffardamente falsa che non vuole ricordare (o ammettere) la tragica realtà dei fatti. Il problema, quindi, sta nel riaffermare quotidianamente, in ogni maniera possibile, i principi dell’uguaglianza dei popoli, della democrazia e del rispetto dei diritti di tutti. In altre parole, non si possono difendere le posizioni che, ad esempio, al posto dell’accoglienza promuovono l’odio razziale e la sopraffazione verso i più deboli.
Le scritte propagandistiche – perché di questo si tratta – che compaiono sui muri, da qualunque movimento passato o presente vengano apposte (fascista, comunista, anarchico o borbonico…), come non andrebbero fatte così dovrebbe¬ro essere subito cancellate. Vanno lasciate, invece, a futura memoria, le testimonianze tangibili di ciò che furono i campi di concentramento in Europa e i luoghi delle stragi, in Italia, in cui si manifestò tutta la ferocia del nazismo e del fascismo.
Da bambina mi piaceva molto una scritta rossastra e irregolare su un muro che diceva “W il Re”. Per me il Re era quello delle favole: coraggioso, magnanimo, con la corona d’oro e il cavallo bianco. Solo molto più tardi, a scuola, ho capito che si riferiva a Umberto II, l’ultimo re d’Italia. Mi chiedo se avesse la stessa innocente ignoranza il calciatore che, qualche mese fa, a Marzabotto festeggiò il goal con il saluto romano e la maglia della Repubblica di Salò. Mi chiedo se sapesse che proprio lì, nel ‘44, si consumò uno dei più gravi crimini di guerra compiuti dalle truppe nazifasciste contro la popolazione civile (circa 770 morti inermi, tra cui molte donne e bambini). Allo stesso modo mi chiedo chi pensassero fosse Anna Frank gli ultras laziali che allo stadio hanno esposto il suo ritratto con la maglia della squadra avversaria. Si sono difesi dicendo che non lo sapevano… È possibile non sapere? Non rendersi conto del significato dei gesti, dei simboli? Regalare agli stupidi e agli ignoranti il permesso di esserlo è un lusso che, oggi, non ci possiamo più permettere. Lo dimostrano i crescenti delitti di matrice xenofoba e politica. Portare l’odio senza portarne il peso è troppo comodo. La conoscenza, in questo caso della storia, unita alla cultura dei valori di libertà, di uguaglianza e democrazia, è l’unico antidoto per impedire che le tragedie degli autoritarismi si ripetano. Molto più dei vari tentativi di inasprimento di pena per i reati di apologia. Soltanto così saremo in grado di cancellare ciò che esalta i totalitarismi non solo dai muri, ma anche dall’animo degli uomini.

“COSA FARE DELLE SCRITTE FASCISTE SUI MURI” Un altro punto di vista di Dino Di Vincenzo

Fra i doveri di una società evoluta, certamente si annovera quello di tramandare la propria storia. Così come si è svolta e sviluppata. Ovviamente ogni società ha il diritto di critica, che qui non è in discussione, ma essa non può e non deve incidere sugli avvenimenti storici così come sono accaduti. Ciò che è avvenuto nel passato è una memoria storica e, in quanto tale, deve essere mantenuta.
La Costituzione, nella XII disposizione transitoria, poi attuata dalla legge Scelba nel 1952, prevedeva l’abolizione del partito fascista e puniva chiunque ne fosse promotore. Ma quelli erano anni roventi e una presa di posizione così forte (e per alcuni incostituzionale) sulle ideologie, trovava fondamento nella paura che il ventennio e la guerra appena finita, avevano diffuso sulle persone.
Negli decenni successivi la giurisprudenza stessa è stata via via sempre più tollerante nei confronti di denunzie su apologia fascista.
Ormai siamo lontani dal ventennio, abbastanza per guardare con un certo distacco i fatti di allora. E prima che la memoria visiva e/o fotografica di alcuni dei momenti svaniscano del tutto, è giusto documentarli. E’ un dovere verso la Storia.
Pubbliche amministrazioni, università, centri di cultura, studiosi, hanno fatto studi su molti aspetti che riguardano il ventennio. In particolare è stata studiata l’architettura fascista nelle sue forme simboliche, espressive, di stile, di robustezza strutturale. Traendone importanti pubblicazioni scientifiche. Ovviamente nessuno di costoro è stato tacciato di fascismo. E’ solo stata documentata l’architettura di quel periodo storico.
Con le due riflessioni che “I Cinturelli” ha ospitato sull’argomento, seppur con presupposti leggermente diversi, abbiamo assolto, nel nostro piccolo, a questo scopo. E prima che la fase della ricostruzione post sismica cancelli definitivamente anche le scritte fasciste, abbiamo voluto documentarne fotograficamente alcune, le poche rimaste leggibili.
Cosa fare quindi delle scritte sui muri? Ognuno nel proprio ambito e nel proprio edificio su cui sono le scritte, ne faccia ciò che vuole. Noi ci siamo limitati a documentarle.

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.

Ennio Flaiano, l’arciabruzzese