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L’Iran e la lotta per i diritti delle donne, Esmail Mohades: “La loro libertà è quella di tutti”

Un anno fa la scomparsa di Masha Amini. La lotta per i diritti delle donne in Iran, L'ingegner Esmail Mohades: "Non è contro gli uomini, ma per la libertà di tutti".

La lotta per i diritti delle donne in Iran. L’ingegner Esmail Mohades: “Non è contro gli uomini, ma per la libertà di tutti”.

A un anno dalla scomparsa di Masha Amini, la giovane iraniana arrestata e picchiata a morte in un commissariato perché “mal velata”, la lotta per i diritti delle donne in Iran non si è fermata: “Oggi – spiega al Capoluogo.it Esmail Mohades, ingegnere iraniano ormai da 40 anni a L’Aquila e autore del libro ‘Non si può incatenare il sole’ – in prima fila ci sono loro, tante giovani consapevoli che non si battono per ragioni politiche, ma solo perché vogliono una vita normale. La loro non è una rivolta contro gli uomini, ma per la libertà di tutti. E il regime lo sa bene che la libertà della donna significa poi libertà per tutti, perciò si accanisce contro di esse”.
Infatti, la lotta delle donne iraniane “non è contro gli uomini, ma per la libertà di tutti”.
Una lotta dalla lunga storia, dalle rivolte di fine anni Settanta soffocate nel sangue, con cento/duecento fucilazioni al giorno: “Per salvare il suo potere, il regime ha ucciso 50mila persone, mentre l’Occidente faceva finta di niente”. Poi la guerra contro Iraq allentò la morsa della dittatura, ma solo fino al 1988: “Con la fine della guerra in cinque settimane furono impiccati oltre 30mila prigionieri politici“. Nuove proteste scossero il Paese, tra la metà degli anni ’80 e ’90, fino alla cosiddetta “Onda Verde” del 2009, una “rivolta destinata alla sconfitta, perché aveva a capo parte dello stesso corpus del regime”. Ma per capire bene le proteste degli ultimi mesi, bisogna arrivare al 2017: “Ci furono manifestazioni contro il caro vita che coinvolsero 150 città, anche allora tutto fu sedato nel sangue. Poi nel 2019 una nuova rivolta, più decisa e organizzata, con il regime che uccide circa 1500 persone in due giorni. Quindi è arrivata la pandemia e lo stesso regime ne ha approfittato per coprire le altre proteste”. E si arriva ai giorni nostri, con uccisione di Mahsa Amini, giovane curda iraniana di 22 anni in vacanza a Teheran, arrestata e picchiata a morte in un commissariato perché “mal velata”, episodio avvenuto nel settembre 2022: “In poco tempo le proteste hanno coinvolto almeno 280 città. Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale, perché a fronte di 15 milioni di laureati in Iran, il regime rappresenta la fascia più bassa anche da questo punto di vista. Mentre il 75% della popolazione è sotto la soglia di povertà e il 35% in povertà assoluta, il regime spende tutto a sedare le proteste, a finanziare il terrorismo e per esportare l’integralismo in Iraq, Siria e Libano. E dire che l’Iran è un Paese ricco, detiene il 9% delle risorse naturali a fronte dell’1% di popolazione. Vuol dire che un iraniano dovrebbe essere 9 volte più ricco, eppure il regime ha distrutto l’economia, perché è costituito da incapaci e corrotti”.

E da questa lunga storia nasce anche il libro “Non si può incatenare il sole”, precisamente dalle vicende di due giovani donne, Puoran Najafi e Hengameh Hajhassan: “Erano due semplici ragazze arrestate nel 1981 – spiega l’Autore – una di loro faceva l’infermiera, ma aveva la ‘colpa’ di curare i feriti della repressione, l’altra distribuiva volantini”. Nel 1985, poi, la guerra con Iraq e le proteste che arrivavano anche dalle fazioni interne, così il regime ha allentato la presa, liberando alcuni prigionieri, tra cui proprio Puoran Najafi e Hengameh Hajhassan. “Come è avvenuto anche per i prigionieri dei campi di concentramento nazisti – sottolinea l’ingegner Mohades – coloro i quali hanno subito le atrocità più pesanti, una volta fuori non avevano la forza di raccontare. Puoran Najafi e Hengameh Hajhassan hanno visto il carcere e conosciuto la durezza del regime, ma quando sono uscite hanno anche trovato la forza di raccontare“. Da qui nasce il libro “Non si può incatenare il sole”, che racconta la storia delle due giovani dell’Iran, che dopo la liberazione hanno raggiunto i campi della resistenza iraniana in Iraq. Qui, però, una delle due è stata uccisa da guerriglieri al soldo del regime, mentre l’altra ha raggiunto i campi della resistenza in Albania, da dove conduce ancora la sua lotta. Due simboli della lotta per la libertà che riprendono luce con la seconda edizione del libro, con un’introduzione aggiornata alla nuova rivolta seguita all’uccisione di Mahsa Amini.

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