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La dolorosa emigrazione in Francia: “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”

17 settembre 2023 | 09:46
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La dolorosa emigrazione in Francia: “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”

La dolorosa emigrazione in Francia. Lo straordinario film di Alain Ughetto: “Manodopera, Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”.

L’emigrazione in Francia degli italiani è di lunga data, fin dai secoli passati, più per le partenze dei singoli, spesso artisti e uomini d’ingegno come Leonardo da Vinci,alla Corte del Re Francesco I (nel castello di Amboise), ma anche i fratelli Ruggero, gliartificieri e l’orafo Ascanio da Tagliacozzo, senza dimenticare i diplomatici e gli uomini di governo, al servizio del” Re Sole”, come il Cardinale Giulio R. Mazzarino,che era nato nell’ antica Marsica, a Pescina (AQ), il 14 luglio 1602. Quindi nei secoli sotto il regno di Francia “Les Italiens” sono stati la “croce e delizia” della sua “grandeaur“, che anche in epoca moderna non l’ha mai abbandonata, con la cd “Sindrome di Napoleone“, il generale corso, che tanto per cambiare aveva origini toscane. In particolare la storia dell’emigrazione moderna degli italiani in Francia assunse connotati più drammatici e discriminatori verso i tanti emigranti, che specie dal Mezzogiorno e dall’Abruzzo vi arrivarono, a cavallo dei secoli’800 e ‘900. Tante storie, anche di successo, ma forse troppe di fallimenti e di mesti ritorni nelle terre d’origine, che hanno evidenziato sempre gli enormi sacrifici e la tenacia dei nostri minatori, sterratori, muratori e prima ancora di braccianti agricoli, come Andrea Di Cintio, il capostipite degliemigranti di Castellafiume(AQ), ad Avignone, arrivato lì nel 1892, come uno deicafoni” descritti  nel romanzo “Fontamara” (uscito 90 anni orsono in Svizzera, inlingua tedesca), che dopo andarono. a conquistare la loro “terra promessa“, nella luminosa Provenza. Per questo la recente proiezione del film:”Manodopera-Interdit aux chiens et aux italiens“, del registafrancese Alain Ughetto, d’origine piemontese, ha rappresentato quel mondo forse in modo più innovativo e poetico. Questo film d’animazione è stato così definito dai critici “umanista e profondamente olmiano“, con le musiche avvolgenti di Nicola Piovani, per rappresentare una saga familiare, ma universale, dell’esodo di tanti migranti dalle loro terre natie, nei vari continenti. Lo stesso scrittore Ignazio Silone li descriveva cosi:“Allo stesso modo i contadini poveri, i fallahin, i coolies, i peones, i mugic, i cafoni sisomigliano in tutti i Paesi del mondo e sono sulla faccia della Terra, nazione a sé, razza a sé, chiesa a sé…“Da qui la storia degli avi di Ughetto, che soffrirono la fame e il fascismo, fuggendo in Francia, che però non era il “Paradiso Terrestre “,con la durezza dell’emarginazione e lo sfruttamento dello “straniero”, spesso descritto come un oscuro “uomo nero“, se non addirittura sovversivo, anarchico e socialista, come i tanti esuli antifascisti rifugiatisi li tra le due guerre.. Tutti personaggi che A.Ughetto fa plasmare da materiali poveri come cartoncino, plastilina e colla, con piccoli pupazzi , che riprendono le figure dei propri antenati, con gli scenari montani, pieni di nostalgia, per un tempo passato che si rimpiange con i ricordi della propria infanzia, colmi di sogni e speranze infranti. Cosi come quelli di Adelmo e Franco, oggi sessantenni che nel 2020 sono tornati a piedi da Longlaville, in Francia verso il paese da cuierano emigrati decenni prima: Villa SantaLucia degli Abruzzi, in provincia dell’Aquila, ma non a mani vuote, portando con sé i fondi da donare da parte della loro associazione:”Hommage aux Origines“, per aiutare la ricostruzione post-sisma del loro piccolo borgo di famiglia. Un gesto altamente simbolico, che può unire tutti i territori di partenza con quelli d’arrivo, in tanti Paesi, rintrecciando il filo delle loro comunità, più che le storie singole dei suoi appartenenti. Tutto questo può esprimere la ricomposizione delle stesse “vite spezzate” negli affetti familiari, spesso divisi per anni o definitivamente dispersi, in nuovi Paesi dove talvolta si cambiava anche il nome per potersi meglio integrare, con il pieno diritto di cittadinanza, diventandone anche una “Bandiera Nazionale”, come “Lo Chansonnier”, Yves Montand, nato Ivo Livi. Un rapporto ambivalente che i nostri emigranti, specie delle prime generazioni, si sono sempre portati dietro, con l’amore ancestrale per i propri cari che lasciavano ed il rancore verso la propria terra di miseria e povertà, che li costringeva ad andare via. Un sentimento molto diverso con la libera scelta di molti giovani attuali, che con nuovi strumenti culturali e professionali, alimentano “la fuga dei cervelli“, oramai aperta verso Paesi più avanzati ed accoglienti. Il fenomeno migratorio è insito nella natura umana, da millenni e non può essere represso, ma va governato con strategie programmate e condivise, altrimenti può diventare anche uno degli strumenti più potenti di destabilizzazione geopolitica, specie nel cuore della nostra vecchia e cara Europa. Questo testimonia l’attuale fase dei processi migratori, che va combinandosi con altri elementi di tensioni internazionali e di conflitti, che rischiano di scatenare una classica “tempesta perfetta“, che in verità viene simulata come “Teoria dei Giochi“, ma che ora si va profilando possibile.