L'aquila

Alzheimer e demenze degenerative, fondamentali diagnosi e trattamenti precoci: “Il 5% regredisce”

Tavola rotonda "Mai troppo presto, mai troppo tardi", medici e professioni a confronto su Alzheimer e demenze degenerative. Diagnosi e trattamenti precoci per rallentare il processo e in qualche caso perfino farlo regredire.

Tavola rotonda “Mai troppo presto, mai troppo tardi”, medici e professioni a confronto su Alzheimer e demenze degenerative. Diagnosi e trattamenti precoci per rallentare il processo e in qualche caso perfino farlo regredire.

Si è tenuta al Palazzo storico Tre Marie la tavola rotonda dal titolo dal tema “Mai troppo presto, mai troppo tardi” che ha visto confrontarsi medici e professionisti su Alzheimer e demenze senili degenerative. Moderato dalla giornalista e componente Corecom, Roberta Galeotti, il pomeriggio di lavori ha visto susseguirsi gli interventi di qualificati relatori accomunati dalla consapevolezza dell’importanza di una diagnosi precoce, seguita da un’altrettanto tempestiva azione di trattamento. A dare il proprio contributo, la dottoressa Roberta Bernardi (Centro Creativamente), il professor Carmine Marini, il dottor Vito Albano, la dottoressa Patrizia Sucapane (CDCD L’Aquila), la dottoressa Mariapia Iovenitti (U.O. Geriatria L’Aquila), la dottoressa Francesca Pistoia (U.O. Neurologia L’Aquila), il dottore Marco Nardecchia (Studio di Terapia occupazionale e di Riabilitazione cognitiva) e la dottoressa Maria Carmela Lechiara (CDCD Territorio). Presenti anche la scrittrice Anna Palma Ruscigno che ha letto un brano dal romanzo “I panni stesi”, il senatore Guido Quintino Liris, medico epidemiologo e del lavoro, e l’assessore alle Politiche sociali dell’Aquila, Manuela Tursini.

“La diagnosi precoce – spiega al Capoluogo.it la dottoressa Roberta Bernardi – riduce il progredire delle malattie come l’Alzheimer, ma naturalmente deve essere seguita da un adeguato intervento”. Importante la tavola rotonda, quindi, anche per spiegare l’iter che il paziente deve seguire in questi casi. Il primo step è quello relativo al medico di base, che – con le persone vicine al paziente – deve intercettare subito quei segnali sospetti che vanno confermati o smentiti con il secondo step, quello relativo ai centri di valutazione che attraverso le proprie strumentazioni verificano l’effettiva esistenza della malattia. Tra i principali segnali di una malattia neurodegenerativa in corso, quello del cambiamento della personalità e quello della memoria a lungo termine che prende il sopravvento su quella a breve termine. Se queste avvisaglie vengono confermate dai centri di diagnosi – che come spiegato dalla dottoressa Sucapane si avvalgono di biomarcatori che danno la certezza della diagnosi – si parte con i trattamenti, che possono essere farmacologici e non farmacologici. Per questi ultimi, ha spiegato ancora la dottoressa Bernardi, ci sono terapie di primo e secondo livello: il primo livello attiene alla stimolazione cognitiva fino al secondo livello che riguarda attività come la musicoterapia, pet therapy e interventi riabilitativi anche dal punto di vista fisico.

Importanti, inoltre, anche le strutture assistenziali, in quanto alla degenerazione cognitiva segue anche quella fisica, quindi occorre un’assistenza a 360° che si occupi di tutti gli aspetti.
Dal punto di vista invece della terapia farmacologica, capitolo importante quello sui rischi delle multiterapie. Come spiegato infatti dalla dottoressa Iovenitti, in pazienti che prendono già medicine per altre situazioni, infatti, non è sempre facile “aggiungere” ulteriori farmaci, che tra l’altro gli stessi pazienti fanno fatica a prendere con regolarità, se non attentamente seguiti.
Insomma, un percorso lungo e difficile che però oltre a rallentare la malattia in alcuni casi può farla regredire. Dalla stessa tavola rotonda, infatti, è emerso che il 5% dei casi riesce a regredire, se valutato in tempo e affrontato con i giusti trattamenti. Da questo punto di vista, ha spiegato il professor Mariani, primario di Neurologia, fondamentale la sperimentazione esclusiva che si sta portando avanti a L’Aquila, per il ricollegamento delle sinapsi, nei casi di demenza lieve o moderata. Una conferma in più dell’importanza delle diagnosi precoci.

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