Matteo Messina Denaro aveva chiesto di non essere più alimentato se la situazione fosse peggiorata: avrebbe firmato il testamentato biologico per evitare l’accanimento terapeutico.
Il boss arrestato lo scorso 16 gennaio e ricoverato al San Salvatore dell’Aquila è in coma irreversibile. Da venerdì scorso Matteo Messina Denaro non viene più alimentato, i sanitari del nosocomio aquilano gli stanno somministrando esclusivamente la terapia del dolore. Le condizioni di salute dell’ex latitante più ricercato d’Italia sarebbero peggiorate durante la giornata di giovedì, quando a seguito di un collasso causato da un’emorragia che ne ha compromesso definitivamente i parametri vitali.
Intorno al boss di Cosa Nostra, latitante per circa 30 anni, catturato davanti una clinica esclusiva di Palermo dove, sotto falso nome, (veniva registrato con il nome di Andrea Bonafede) stava ricevendo le terapie per curare una grave patologia al colon che lo aveva colpito 3 anni fa, c’è un dispiegamento di forze. Forze dell’ordine, agenti della polizia penitenziaria che lo guardano a vista, un medico e un infermiere a disposizione 24 ore su 24 soltanto per lui. La nipote, la mamma e la figlia di Matteo Messina Denaro, che ha preso il suo cognome da pochi giorni, sono al suo capezzale.
Noto nel mondo cosa Nostra con il soprannome di “U Siccu” nel mondo criminale italiano il suo nome ha evocato paura per decenni. Matteo Messina Denaro dopo l’arresto aveva dichiarato negli ultimi interrogatori che non si sarebbe mai pentito., tanto che per molti il boss “si sarebbe fatto prendere” proprio per via dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Nelle scorse settimane sono state depositate le 70 pagine del verbale dell’interrogatorio fatto dopo l’arresto. “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia”, aveva detto il boss durante l’interrogatorio, al procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia e all’aggiunto Paolo Guido. Infatti, al termine del lungo colloquio coi magistrati ha anche ringraziato la Procura, lo Stato, per avergli assicurato le cure di cui aveva bisogno.
Il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ringraziando il personale sanitario e penitenziario ha voluto lanciare un messaggio forte: “Uno Stato civile alla barbarie della mafia e della criminalità organizzata risponde con la civiltà: qui ci sono donne e uomini che stanno presidiando facendo un lavoro straordinario. Questa è la dimostrazione che lo Stato è più forte della mafia: lo Stato si occupa di Matteo Messina Denaro; a parti invertite una persona nelle sue condizioni non sarebbe stata accudita così”, ha detto Biondi ieri al Tg3.
Intanto, sempre in queste ore si comincia a organizzare il post mortem del boss che, in un pizzino del 2013, ritrovato dai carabinieri del Ros nel covo di Campobello di Mazara, aveva espresso le sue ultime volontà, scritte dopo la beatificazione di don Puglisi: “Per il mio funerale rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”. Nel caso di Raffaele Cutolo, superboss della Camorra napoletana, recluso al regime del 41bis a Parma e morto a febbraio del 2021, le esequie si svolsero in forma privatissima, presidiate dalle forze dell’ordine, alla presenza di pochissimi familiari, all’interno del cimitero di Ottaviano, chiuso al pubblico con ordinanza del sindaco. Il padre di Denaro invece morì da latitante; deceduto a causa di un infarto, il suo corpo, già vestito per essere tumulato, venne fatto ritrovare ai Carabinieri di Castelvetrano con una telefonata anonima.
