Cultura

Tutti i Santi giorni, 25 settembre: San Cleofa

La rubrica "Tutti i Santi giorni" del 25 settembre: San Cleofa.

La rubrica “Tutti i Santi giorni” del 25 settembre: San Cleofa.

Il 25 settembre si ricorda San Cleofa. San Cleofa – ma anche Clopa, Cleofe o Alfeo, nomi che sono tutti la trascrizione dell’ebraico Halphai -, è citato in Giovanni (Gv 19,25) nel passaggio in cui si fa cenno a una Maria di Clopa, presente durante la crocifissione di Gesù, dove il genitivo “di” è comunemente inteso come indicazione coniugale, ossia Maria moglie di Cleofa. L’esame sinottico dei Vangeli di Matteo (Mt 27,56) e Marco (Mc 15,40), che, come Giovanni, descrivono le donne presenti alla Passione di Gesù, porta gli interpreti cattolici a identificare Maria di Cleofa con la madre di Giacomo il Minore e Giuseppe; quindi, Cleofa, forse fratello di San Giuseppe, era padre di Giacomo il Minore, di Giuseppe e di Simone. Fu tra i primi discepoli a rivedere il Signore dopo la Resurrezione, stando a quanto riferito da San Luca: Cleofa e un suo condiscepolo erano sulla strada di Emmaus e Gesù si avvicinò spiegando loro le Scritture. In un primo momento essi non Lo riconobbero finché, sedutisi a mensa con Lui, il Signore prese del pane, lo benedisse e lo spezzò. Non si hanno altre informazioni sicure su di lui. Secondo la tradizione Cleofa venne trucidato in Emmaus per mano di Giudei, nella casa di suoi compaesani, intolleranti del suo zelo e della sua certezza di fede nel Messia risorto. San Girolamo narra che già nel IV secolo la sua casa era stata trasformata in chiesa.

Dal punto di vista iconografico, San Cleofa viene raffigurato insieme a un altro discepolo sulla via del ritorno a Emmaus, durante l’incontro con Gesù risorto. Tuttavia, l’opera più nota in cui compare è senz’altro la Cena in Emmaus, dipinto a olio su tela realizzato nel 1606 da Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio. È conservata dal 1939 nella Pinacoteca di Brera di Milano e raffigura l’episodio succitato del Vangelo di Luca (Lc 24,13-35). Commissionata dal marchese Patrizi e quindi opera destinata alla devozione privata, riprende la tela con analogo soggetto del 1601, conservata oggi a Londra. Tuttavia, nel dipinto più tardo, scompare la luce e la composizione risulta più semplificata, e dai toni più scuri, con ombre profonde; la gamma cromatica è ridotta, quasi tendente a un terroso monocromo, su cui risalta unicamente l’azzurro della tunica di Cristo. Rispetto alla tela londinese viene raffigurato un momento successivo del racconto, con il pane sulla tavola già chiaramente spezzato. La resa meno particolareggiata – mancano dettagli accurati della natura morta – contribuisce a focalizzare l’attenzione sul contenuto emotivo del soggetto, che colpisce fortemente lo spettatore che si identifica nei due discepoli al cospetto del Signore.

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