Il concorso

Premio letterario Tratturo Magno, la Transumanza in versi: i racconti che fermano il tempo

Ancora qualche giorno prima della scadenza del termine per partecipare al Premio letterario Tratturo Magno, prevista il prossimo 30 settembre: i vincitori si aggiudicheranno un premio in denaro di mille euro ciascuno. Conosciamo chi è stato premiato nella passata edizione.

Ancora qualche giorno prima della scadenza del termine per partecipare al Premio letterario Tratturo Magno, prevista il prossimo 30 settembre: i vincitori si aggiudicheranno un premio in denaro di mille euro ciascuno.
Conosciamo chi è stato premiato nella passata edizione. Per la categoria prosa a vincere è stato Francesco A. P. Saggese.

Con “Cenere” Francesco A. P. Saggese si è aggiudicato la seconda edizione del Premio letterario Tratturo Magno 2022 nella sezione Prosa.
Un’edizione in cui, come ha sottolineato l’Associazione Il Tratturo Magno 4.0, “La qualità dei lavori pervenuti è stata, a detta della giuria, davvero notevole, al punto che le opere vincenti sono risultate tali solo grazie a pochi punti di differenza”. 
L’edizione 2023 del Premio letterario si rinnova dopo il grande successo dello scorso anno: il Premio è organizzato dall’Associazione Il Tratturo Magno 4.0, presieduta dall’imprenditore Danilo Taddei, insieme a Casartigiani L’Aquila, Casartigiani Abruzzo, in collaborazione con i Club per l’Unesco di L’Aquila e Foggia, con il patrocinio di Regione Puglia, Regione Abruzzo, Provincia di Foggia, Provincia di L’Aquila, Provincia di Chieti, Comune di Foggia e Comune dell’Aquila. Determinante proprio il contributo del Comune dell’Aquila, che ha deciso di valorizzare in maniera concreta l’importante iniziativa culturale: quella del 2023, del resto, è un’edizione che si apre all’internazionalizzazione, essendo rivolta anche ai discendenti degli emigranti italiani all’estero. In palio mille euro, quindi, per ciascun vincitore delle tre categorie previste – prosa, poesia e saggi – e una targa ricordo. Premio in denaro anche per i secondi classificati, che riceveranno 300 euro e la targa. Per chi conquisterà il terzo gradino del podio previsti la consegna della targa di riconoscimento oltre a prodotti ed eccellenze locali. Qui il bando per inoltrare richiesta di iscrizione. 

Per l’edizione 2023 la cerimonia di premiazione si terrà a Foggia: l’appuntamento è per sabato 25 novembre 2023, alle ore 16,00 presso il Palazzo della Dogana. In attesa di valutare le opere presentate quest’anno, nelle tre sezioni previste dal concorso, ricordiamo i vincitori della sezione prosa dell’edizione 2022 del Premio letterario: a Francesco A. P. Saggese il primo premio, secondo classificato Dino Primante con “Il Brigante e il Pastore”, terza posizione per Costantino Piemontese, con l’elaborato “Proteggili Tu, i Pastori!”. Menzione speciale assegnata dalla giuria all’opera Il vestito dell’erede di Federico Cifani.

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Francesco Saggese, vincitore sezione Prosa edizione 2022 Premio letterario Tratturo Magno

Nato il 31/01/1974 a San Giovanni Rotondo e vissuto a Vico del Gargano, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Macerata e in Lettere e Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha scritto diversi contributi su blog e giornali legati al Gargano: vive attualmente a Cremona, dove lavora come funzionario pubblico.
Di seguito pubblichiamo un estratto della sua opera, valsa il primo posto nella scorsa edizione del Premio.

“Cenere”

[…]
Erano le greggi di settembre che si spostavano dalle montagne alla pianura attraversando
il grande fiume erboso, erano le greggi che Michele, il padre di sua
nonna, ogni anno accompagnava fino a vedere il mare, fino a quando la tempesta
lo colse all’improvviso portandoselo via, erano le greggi che si muovevano
nell’erba, «senti il suono delle pecore che brucano l’erba al tramonto», le aveva
detto sua nonna, erano le greggi che di lì a poco si sarebbero accampate sotto il
rudere della vecchia torre, dove i pastori avrebbero acceso un fuoco, mangiato
il pancotto, la carne salata, una fetta di formaggio e cantato qualche stornello.
Matilde si presentò a loro con la sua storia, le parlò del suo bisnonno e di sua figlia
Filomena. Aveva portato delle bottiglie di vetro ricolme di caffè e delle stecche
di cioccolato argentino. Osservava i cinque pastori che la fecero sedere con
loro intorno a un grande fuoco. Uno di loro, Matteo, il più anziano, aveva un
volto rugoso, pareva un tronco d’albero, fu l’unico a riconoscere nelle parole di
Matilde la storia del pastore incenerito dal fulmine.
Parlarono a lungo della loro transumanza e di come fosse faticoso quel cammino, e al tempo stesso
di come fosse atteso e appagante. Le fu offerto il pane e il formaggio, e in suo onore cantarono.
Quando si salutarono il pastore più giovane dall’accento straniero, forse romeno,
le disse che «i pastori sanno sempre dove andare, perché guardano il sole,
le stelle, gli alberi e i torrenti; un pastore non si perde mai!», e aggiunse il pastore
più anziano: «un pastore è una preghiera a Dio, e questo cammino è il suo 
vangelo».
L’indomani, quando Matilde si svegliò, uscì fuori dal casolare e puntò subito lo
sguardo verso la torre diroccata, ma non c’era più nessuno, solo la cenere della legna
con cui i pastori avevano acceso il fuoco che avrebbe riscaldato la loro notte.
Provò un senso di malinconia mentre il vento le sollevava i capelli scuri. Pensò
che fosse arrivato il momento per realizzare la promessa di sua nonna Filomena.
Rientrò così nel casolare, si diresse nella vecchia camera da letto, prese l’urna
che aveva appoggiato sul comò antico e che, con tanto di carte bollate, si era
portata dietro dall’altra parte del mondo.
Il vento, come una carezza, ripulì la sua mano in un attimo, e le ceneri di Filomena
volarono su quel tratturo a ridosso della torre, come Filomena aveva voluto.
Matilde sapeva che in quella cenere su cui il vento soffiava c’era vita e avvertì
un senso di pace.
Il ritorno di Filomena alla sua terra l’avrebbe ricongiunta a suo padre, alle greggi
che sentiva belare da lontano, ai pastori che bambina aspettava, ai baffi di latte
di pecora che avrebbero tinto il contorno delle sue labbra.
E Matilde pensava che lei stessa fosse figlia di quella transumanza, di quel cammino
antico, era figlia di quei pastori e dei loro canti, figlia del pancotto e delle
tempeste, figlia di quelle pietre e del vento che soffiava.
E pensò ancora che lì fosse racchiuso tutto il senso della sua esistenza.

 

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