Aborto, un diritto non sempre garantito: dal Consultorio parte il cammino della libera scelta

28 settembre 2023 | 06:59
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Aborto, un diritto non sempre garantito: dal Consultorio parte il cammino della libera scelta

Sono 74 le donne che si sono rivolte al Consultorio dell’Aquila nel 2022 per interrompere volontariamente la propria gravidanza. Oggi ricorre la Giornata internazionale per il diritto all’Aborto libero. Ma come funziona l’iter dei Consultori?

28 ottobre, Giornata Internazionale per il diritto all’Aborto libero, sicuro e gratuito.
In Abruzzo l’80% dei medici è obiettore di coscienza: alle 17,30 presidio all’ospedale San Salvatore per rivendicare il diritto all’aborto garantito, per difendere la Legge 194.
Qual è il primo passo per intraprendere l’interruzione di gravidanza volontaria? Si parte dai consultori. Le interviste

Nel 2023 in Italia il tema aborto fa ancora discutere. A L’Aquila, prendendo in considerazione i dati del 2022, sono state 74 le donne che si sono rivolte al Consultorio per informarsi sul percorso di interruzione volontaria di gravidanza. Nell’arco dell’anno sono stati poi 60 (sulle 74 richieste iniziali) i certificati rilasciati per procedere all’aborto. 14, quindi, le donne che non sono andate avanti con l’interruzione.
Nella Giornata Internazionale dedicata al diritto dell’Aborto libero e sicuro, abbiamo ascoltato il dottor Alfonso Tiberi per capire come si può chiedere aiuto e consulto quando si sta pensando di interrompere volontariamente la propria gravidanza.
La prima cosa da fare – illustra Tiberi, Responsabile Unità operativa consultoria Area L’Aquila e Coordinatore dei Consultori della Asl1 L’Aquila – è rivolgersi ai Consultori. Qui le pazienti vengono subito prese in carico. Si comincia da un primo colloquio con l’ostetrica. Da quel momento la richiesta di interruzione viene considerata già un’urgenza da parte del personale medico preposto”. 

Nei consultori, quindi – come in quello aquilano – c’è un’équipe di professionisti che prende in carico la richiesta della paziente: Ogni caso viene gestito in tempistiche brevi, anche in virtù dell’urgenza relativa a quella determinata gestazione. All’inizio – aggiunge Tiberi – si cerca di capire quali sono i motivi che hanno portato la donna a scegliere di interrompere la gravidanza”.
Un lavoro, quindi, che va ben oltre il compito di rilasciare un certificato per un aborto farmacologico o chirurgico, a seconda dell’evoluzione temporale del caso specifico. Dopo i primi contatti, si passa alla valutazione di alcuni importanti elementi “che consentono di programmare il percorso da affrontare. Quindi si analizzano: età della donna (se è o meno maggiorenne), la data dell’ultima mestruazione, la regolarità del ciclo mestruale. Poi si procede ad eseguire l’ecografia per verificare lo stato della gravidanza e se questa corrisponde, appunto, ai tempi dell’ultima mestruazione dichiarata dalla donna”. 

Quindi arriva il momento del colloquio con lo psicologo e, nei casi in cui lo si ritiene necessario, con l’assistente sociale.
Non solo, perché “qualora dovessero riscontrarsi problemi genetici, la paziente verrebbe messa in contatto con un genetista”, evidenzia Tiberi.
Un percorso graduale, quindi, che parte e si concretizza in tempi brevi, a partire dalla chiamata della donna che valuta l’interruzione della gravidanza.
Naturalmente, se non è stata superata la 9^ settimana di gravidanza si ricorre all’aborto farmacologico, se invece la 9^ settimana è stata superata si programma “un’interruzione di tipo chirurgico, con raschiamento della cavità uterina. Tornando all’iter che si attiva in un Consultorio, una volta effettuate queste fasi, invitiamo la donna ad andare in ospedale per prenotare l’interruzione effettiva della gravidanza. Nei casi in cui ci ritroviamo al limite con i tempi, rilasciamo un certificato d’urgenza, che dà una priorità alla donna per effettuare l’aborto ospedaliero”. 

aborto generica

Quello della nostra Asl è un percorso ben consolidato che fa da raccordo tra il territorio e l’ospedale. Inoltre – sottolinea il dottore – è fondamentale parlare con la donna, fin dal suo primo arrivo in Consultorio. Infatti, se dovessero emergere delle difficoltà dal punto di vista psicologico si può anche programmare un secondo incontro, prima di adottare una decisione definitiva”.

Sono molte le donne giovanissime che si rivolgono al consultorio dell’Aquila, alcune poco informate.
A tal proposito, ricordiamo che il personale è impegnato nel portare avanti corsi di educazione sessuale nelle scuole, in cui “cerchiamo di dare più informazioni possibili, spiegando le funzioni dei diversi metodi contraccettivi. Inoltre è attivo lo Spazio Giovani. Ricordo, infine, che nel nostro ospedale il diritto all’aborto è assicurato, al di là della presenza di medici obiettori. Purtroppo, invece, in altri ospedali ci sono alcune difficoltà”, conclude Tiberi.

In occasione della Giornata internazionale per il diritto all’aborto abbiamo ascoltato anche la dottoressa Alessia Salvemme, Presidente del Consultorio AIED L’AQUILA ETS.

Come presidente dell’AIED L’Aquila, quale considera sia, ad oggi, la situazione relativa alle condizioni legate al Diritto all’aborto sul nostro territorio?

Come AIED siamo in prima linea, da 70 anni in Italia e da 50 anni a L’Aquila, per la libertà di scelta. È grazie alle battaglie dell’AIED che la contraccezione non è più un reato in Italia. In AIED L’Aquila accompagniamo la donna in tutte le fasi della sua vita, dall’infanzia alla menopausa, promuoviamo una sessualità consapevole e la contraccezione per evitare gravidanze indesiderate. Poi, quando il metodo contraccettivo fallisce, siamo accanto alle donne che decidono di abortire e infatti ci si può rivolgere a noi per ottenere il certificato necessario per legge per accedere all’IVG. Nel nostro territorio, nei consultori pubblici e privati non si può eseguire l’interruzione farmacologica di gravidanza che, su forte raccomandazione della Regione, resta solo in ambito ospedaliero. La legge però prevede che le donne, in Italia, possano interrompere volontariamente la gravidanza attraverso due metodi, con un intervento in anestesia totale (IVG chirurgica), entro i 90 giorni di gestazione e con la pillola RU486 (IVG medica), entro il 63esimo giorno di gestazione. Secondo la Legge, la RU486 può essere somministrata sia in ospedale, sia nei consultori. La RU486 provoca l’espulsione del prodotto del concepimento, inducendo ciò che accade negli aborti spontanei. La RU486 presenta vantaggi come il fatto che la donna può accedere all’aborto senza doversi sottoporre ad un intervento chirurgico e all’anestesia e, inoltre, non occorre il ricovero in ospedale. Le criticità sulla somministrazione della RU486, secondo le nostre conoscenze mediche, riguardano il fatto che – non essendo somministrata in anestesia – la pillola provoca dolore: c’è bisogno di monitoraggio e assistenza alla donna da parte del personale sanitario fino alla fase espulsiva che, in ogni donna, segue dei tempi non prevedibili e che può essere praticata solo con una buona organizzazione da parte della struttura. Noi in AIED riteniamo che quando una donna decide di interrompere la gravidanza deve poter scegliere quale metodo utilizzare e dove poter effettuare l’IVG, perché si tratta di una procedura che riguarda il proprio corpo e la propria salute psicofisica. Concretamente, però, poter scegliere significa che gli ospedali devono effettuare entrambe le procedure previste per Legge e questo, purtroppo, non avviene in tutte le strutture”. 

Quanto influisce l’elevata percentuale di medici obiettori sulle difficoltà che incontrano le donne nel vedere rispetto un loro diritto?

“Spesso viene lamentata una forte carenza di personale come ostacolo all’IVG ma, nella realtà, si tratta di una presenza esorbitante di obiettori di coscienza tra ginecologi e ginecologhe. Troppi obiettori di coscienza rendono l’interruzione di gravidanza un percorso ad ostacoli. Per quanto riguarda la provincia dell’Aquila, sappiamo che sia a L’Aquila sia ad Avezzano si può fare l’interruzione volontaria di gravidanza chirurgica in ospedale. Da qualche mese, oltre che ad Avezzano – dove già era garantita – l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica tramite la RU486 si può fare anche nell’ospedale dell’Aquila”.

La “discussa” Legge 194 e non solo. Cosa si chiede?

“Periodicamente viene rimessa in discussione la Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Ma dobbiamo ricordare un fatto fondamentale: questa legge ha abrogato gli articoli del Codice penale che fino ad allora definivano l’aborto come un reato e ha regolamentato le pratiche di interruzione volontaria di gravidanzache già esistevano in modo clandestino. Quando nei primi anni ’70 l’AIED cominciò la lotta per la legalizzazione dell’aborto, le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità valutavano in molte centinaia di migliaia gli aborti clandestini. Quindi, quando parliamo della Legge 194, dobbiamo ricordarci il valore che ha avuto e che ha tuttora nel combattere la piaga dell’aborto clandestino e di sottrarre alla criminalizzazione centinaia di migliaia di donne che erano costrette a ricorrervi con gravi rischi per la loro salute e per la vita stessa. Ricordiamoci sempre che, se la 194 dovesse essere limitata, non diminuirebbero gli aborti, ma diminuirebbero solo gli aborti legali. Così come ricordiamo sempre che le donne non hanno iniziato ad abortire dal 1978, ma dal 1978 hanno cominciato ad abortire legalmente e in condizioni di tutela per la loro salute. La Legge 194 naturalmente non è perfetta, ma prima di parlare di modifiche sarebbe ora che fosse realmente attuata in tutte le Regioni, in tutte le province, in tutte le città. Questo si potrebbe fare assumendo nelle ASL ginecologi e ginecologhe non obiettori. Inoltre, come AIED riteniamo che sarebbe determinante inserire obbligatoriamente l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole: è questa la battaglia dell’AIED nazionale in occasione dei 70 anni dalla sua fondazione. Ciò significherebbe davvero far crescere cittadini e cittadine liberi e libere di scegliere e prevenire concretamente le gravidanze indesiderate.
I contraccettivi, inoltre, dovrebbero essere gratuiti realmente per tutte e tutti e questo non ha niente a che vedere, come purtroppo erroneamente si sente dire, con la denatalità: è bene rimarcare che la contraccezione è volta ad evitare gravidanze non desiderate, mentre tutte le politiche per le famiglie che lo Stato decide di mettere in atto per incentivare le nascite attengono ad un’altra area, che è quella delle gravidanze desiderate. L’AIED accompagna la donna in entrambi i casi, qualunque sia la libera scelta che questa compie.
Poi, come detto, i consultori dovrebbero poter somministrare la RU486: questo permetterebbe alle donne un accesso a questa procedura in un contesto più riservato. Inoltre il rapporto con il consultorio metterebbe le donne in contatto con le strutture preposte alla prevenzione. Così facendo la donna potrebbe avere accesso a tutte le informazioni e agli strumenti per evitare in futuro gravidanze indesiderate”, conclude la dottoressa Salvemme.