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Terremoto Campi Flegrei, la terra continua a tremare: nuovo sciame, ma nessun segnale di risalita del magma dal Vesuvio

Dopo la scossa più forte del 2 ottobre scorso, prosegue lo sciame sismico ai Campi Flegrei. Scosse di minima intensità che rientrano nel fenomeno del bradisismo, legato all'attività vulcanica.

Dopo la scossa più forte del 2 ottobre scorso, prosegue lo sciame sismico ai Campi Flegrei. Scosse di minima intensità che rientrano nel fenomeno del bradisismo, legato all’attività vulcanica.

Due le scosse di terremoto più significative registrate dall’INGV ai Campi Flegrei nelle ultime settimane: quella del 27 settembre scorso, di magnitudo 4.2, e l‘ultima del 2 ottobre di magnitudo 4.0. Tra le due, e anche dopo l’ultima, un fittissimo sciame sismico a bassa intensità che rientra nel fenomeno del bradisismo, un lento innalzamento del livello del suolo dovuto all’attività vulcanica che storicamente interessa tutta l’area. A preoccupare maggiormente, però, è il Vesuvio, considerato che le scosse più forti potrebbero far pensare a un’attività vulcanica fuori dall’ordinario. Su questo punto, però, Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), ha spiegato all’Ansa che “non si osservano variazioni significative” sugli altri fenomeni legati al bradisismo.
“Si tratta di un nuovo sciame iniziato contestualmente alla scossa più forte – ha poi confermato Roberto Isaia, dello stesso Osservatorio. “Le energie in gioco stanno aumentando, ma non c’è ancora nessun segnale di risalita del magma in superficie anche se non si può escludere che a diversi chilometri di profondità non ci sia qualche movimento di piccole quantità di magma”. Il terremoto di magnitudo 4.0 è il più forte da quello di 4.2 avvenuto alle 3,35 del 27 settembre, nell’ambito dello sciame sismico iniziato alle 5,06 del 26 settembre, in cui si sono susseguite 88 eventi. Da allora diversi sciami si sono avvicendati, a poche ore di distanza l’uno dall’altro: la distinzione tra sciami diversi è infatti una convenzione, che stabilisce gli intervalli in base a una soglia di ore stabilita. La breve durata delle sequenze è tipica delle aree vulcaniche: “La dinamica in gioco è molto diversa – spiega il ricercatore dell’Ingv – da quella che caratterizza i terremoti che avvengono sull’Appennino, per esempio”. Il sisma avvenuto alle 22,08 del 2 ottobre è stato localizzato nei pressi di Pisciarelli, sul versante che confina con la zona della solfatara di Pozzuoli. L’epicentro della scossa, rilevata ad una profondità di 3 chilometri, si colloca infatti circa 5 chilometri ad Est di Pozzuoli e 9 chilometri ad Ovest di Napoli. “L’attività sismica che prosegue ormai da diverso tempo è dovuta alla rottura delle faglie dove sta avendo luogo la deformazione del suolo – dice Isaia – a causa della pressione esercitata dal gas in risalita”.
Dall’ultimo terremoto, tantissime piccole scosse si sono susseguite, per la maggior parte sotto la magnitudo.

Il bradisismo.

L’area flegrea – spiega l’INGV sul sito ufficiale – è soggetta a lenta deformazione del suolo nota con il nome di bradisismo (letteralmente movimento lento del suolo) che avviene con modalità diverse nel tempo, portando sia al sollevamento che alla subsidenza (lo sprofondamento) dell’area interessata. Il fenomeno è ben noto anche in altre caldere vulcaniche nel mondo con il nome di risorgenza calderica. Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso l’area flegrea, e l’abitato di Pozzuoli in particolare, sono stati interessati da un repentino sollevamento del suolo che ha portato quest’ultimo ad un livello complessivamente più alto di circa 3.5 m e causando numerosi terremoti, con gravi danni agli edifici. In seguito la caldera dei Campi Flegrei per circa vent’anni è stata caratterizzata da generale subsidenza fino al 2005, anno in cui ha iniziato un periodo di sollevamento che è attualmente in atto. La distribuzione areale del recente sollevamento vede il massimo valore nella zona del Porto di Pozzuoli, con decrescita radiale verso i bordi della caldera.

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