Giuseppe Placidi, assolto dopo 10 anni: “Per i giornali fui colpevole dal primo giorno”

7 ottobre 2023 | 09:07
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Giuseppe Placidi, assolto dopo 10 anni: “Per i giornali fui colpevole dal primo giorno”

Anni ’90, Giuseppe Placidi era sindaco dell’Aquila quando partì una massiccia azione della Magistratura che portò a veri e propri terremoti politico-amministrativi, interessando anche il capoluogo abruzzese. L’intervista

Il Presidente ACLI Abruzzo Giuseppe Placidi, già sindaco dell’Aquila, ospite di Grandangolo. Placidi ripercorre la sua vicenda umana, giudiziaria e politica, raccontata nel libro“Quella notte che durò una settimana”. La ‘notte’ è quella del suo arresto, per fatti relativi a una delibera della precedente giunta comunale. Il processo è andato avanti per ben 10 anni.

Anni ’90, Giuseppe Placidi era sindaco dell’Aquila quando partì una massiccia azione della Magistratura che portò a veri e propri terremoti politico-amministrativi, interessando anche il capoluogo abruzzese. Il racconto di Placidi – ospite dello spazio Grandangolo a cura del direttore David Filieri – parte proprio dagli anni in cui era esponente di spicco della Democrazia Cristianaaquilana. Da qui, all’improvviso il suo percorso politico si interrompe bruscamente. Il racconto degli anni più bui illustrati nel suo libro, “Quella notte che durò una settimana”.
“Era un periodo storico critico e il Comune dell’Aquila non fece eccezione all’interno del quadro generale che si stava delineando. Spesso, il Comune era oggetto di visite da parte dell’allora Procuratore, il quale sequestrava degli atti per aprire delle indagini. Fino a quel giorno di agosto: avevo convocato una Giunta comunale, quando mi accorsi che c’era movimento nella Segreteria. Mi avvertirono della presenza del Procuratore, che invitai ad accomodarsi nel mio studio. Con lui, però, quella volta c’era un colonnello dei Carabinieri al seguito, il quale mi invitò a restare calmo. Una frase che mi fece capire come, in realtà, stesse succedendo qualcosa: infatti, non appena ci sedemmo, il Procuratore mi comunicò che ero agli arresti domiciliari per una vicenda partita dalla precedente giunta e, in particolare, per un provvedimento che quella giunta aveva emesso. Mi chiedevo, quindi, di cosa venissi accusato per essere addirittura arrestato, con contestuale perquisizione nell’ufficio del sindaco e in casa”.
Una delibera – considerata illegittima dal Tar – per la quale, come precisa Placidi nell’intervista, l’unico coinvolgimento della mia giunta comunale è stato quello di ricorrere al Consiglio di Stato“.

Ha raccontato che ad averla toccata è stato anche il comportamento della stampa. Qual è la verità?
Ho voluto lasciare traccia e memoria di questa storia, una traccia che, magari, potranno leggere i miei nipoti un giorno,scoprendo il periodo più brutto della mia vita, vissuto comunque con dignità, consapevole di non aver commesso alcun reato.
Da una parte dei giornali, io fui condannato già dal giorno in cui fui messo ai domiciliari. Ci furono giudizi devastanti, incredibili se pensate che fino a poco tempo prima ero considerato un bravo ragazzo. Per venire fuori da questa situazione – perché il processo è durato 10 anni e un altro anno è stato necessario prima della pubblicazione della sentenza – è stato un inferno: l’atteggiamento di alcuni giornali ha accompagnato costantemente tutti questi lunghi anni. Era più facile, forse, volgere il pollice verso. Ma la gente cosa avrà potuto comprendere dell’intera storia? La stampa corre a velocità supersonica, i Tribunali, invece, impiegano oltre dieci anni per esprimere il proprio giudizio definitivo e ciò vuol dire, in politica, togliere di mezzo persone e lavoratori impegnati per il bene comune”, sottolinea Giuseppe Placidi.

Oggi parliamo dell’Aquila, ma questi episodi hanno interessato moltissime zone d’Italia. Che idea ha in proposito?
“Ritengo ci sia una grande confusione: è come se fossimo dinanzi a una democrazia incompiuta. Perché la democrazia è la sostanza del vivere comune e civile, ma se poi assistiamo a situazioni che travalicano i principi che tenzono aggregata una Nazione, allora bisogna vedere cos’è che non funziona. Nel caso di specie, oggi, dopo 30 anni, ancora aspettiamo la riforma del sistema giudiziario. Credo ci sia una debolezza della politica all’interno delle Istituzioni massimee, di contro, un interesse forte da parte di altri Sistemi, che tengono in piedi privilegi che non vogliono assolutamente abbandonare. Naturalmente spero di essere smentito dai fatti, poiché mi auguro sempre il meglio per la democrazia”.

“Le garanzie costituzionali – conclude Placidi – sono precise e delimitano i confini di ognuno dei poteri: la Magistratura deve procedere all’esatta interpretazione della norma e decidere sui meriti specifici di un problema, ma tutto questo oggi ancora manca. Ad esempio, si è parlato di abuso d’ufficio, anzi sono più di 30 anni che se ne parla, ma non si persegue l’obiettivo di rivedere questa problematica. E devo dire che la politica non affronta il problema concretamente. Penso che sia interesse di tutti vivere in una società con regole semplici, precise, inequivocabili: altrimenti non c’è più democrazia, ma c’è arbitrio”. 
L’intervista completa a Grandangolo.