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Le nuove stanze della poesia, Francesco Brancati

12 ottobre 2023 | 11:35
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Le nuove stanze della poesia, Francesco Brancati

Francesco Brancati: storia di una identità. Ne parliamo nell’appuntamento con la rubrica “Le nuove stanze della poesia” a cura di Valter Marcone.

La poesia di Francesco Brancati nell’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Pordenone è la città della poesia, e la poesia permea molte delle scelte del festival, rispondendo alla volontà di consegnare alla forza della parola il racconto dell’essenza dei nostri giorni, anche attraverso la voce di nuovi talenti. La poesia, grazie a un ampio ventaglio di iniziative, diventa quindi una possibilità di riflettere sul presente, di cogliere aspetti inconsueti del territorio, di liberare una creatività a volte compressa, e di diventare cittadini attivi e pensanti. Perché senza la poesia la vita stessa è vissuta a metà.

Pordenonelegge e il sito pordenoneleggepoesia.it propongono, per tutto l’anno a cadenza mensile, nella sala Ellero al secondo piano di Palazzo Badini, un’occasione d’incontro e discussione attorno alla poesia. Un modo non solo per prolungare lo spirito del festival, ma anche un momento per trovarsi in nome della poesia e del sapere. Il dialogo è la cifra del ciclo diretto da Gian Mario Villalta, Roberto Cescon e Alessandro Canzian. Otto incontri nel 2023 per coinvolgere quanti si interrogano sul lavoro poetico in rapporto alle grandi questioni che attraversano il presente. Otto temi per otto questioni decisive che chiamano in causa vita e parola, queste ultime investite dalle sollecitazioni che ormai da diversi anni provengono dalla biologia alla fisica, dando vita a un sentire poetico nuovo e al contempo innestato in un sentiero comune che ci precede.
Ogni appuntamento è scandito in tre momenti per comporre un’unità di intenti e per ascoltare varie voci e varie esperienze, nella consapevolezza di vivere un momento condiviso che vuole porsi come punto di riferimento culturale in città: dapprima un dialogo tra due poeti intorno al tema dato, di seguito un poeta terrà un intervento su un poeta del Novecento e infine tre poeti leggeranno i loro versi Questo il calendario : 7 febbraio, 7 marzo, 4 aprile, 9 maggio, 6 giugno, 3 ottobre, 7 novembre e 5 dicembre.
Martedì 6 giugno, a Pordenone nella Sala Ellero di Palazzo Badini, si parte alle 18 con Francesco Brancati sul filo rosso “Io chi?”, ovvero cosa è o chi è l’identità che assumiamo o pensiamo di assumere, e anche: chi prende parola in poesia? Quale voce sentiamo quando leggiamo un testo? Sulle questioni dialogheranno i poeti Francesco Brancati e Gianni Montieri. Come sono mutate nella modernità le forme poetiche dell’identità? Si può parlare oggi di identità in relazione alla poesia? Il confronto fa seguito a quelli sui temi percepire, spazio, natura, tempo. Francesco Brancati, assegnista di ricerca in Letteratura italiana all’Università di Pisa, si occupa in particolare di letteratura del Cinquecento e di poesia della seconda metà del Novecento. Ha scritto, fra gli altri, saggi su Ariosto, Berni, Boiardo, Bolaсo, Rosselli e Benedetti. Ha pubblicato L’inesploso, in Hula apocalisse (Prufrock Spa, 2018), e L’assedio della gioia (Le Lettere, 2022). Gianni Montieri, nativo di Giugliano (Napoli), vive a Venezia e ha pubblicato quattro libri di poesia: Ampi margini (Liberaria, 2022), Le Cose imperfette (Liberaria, 2019), Avremo cura (Zona, 2014) e Futuro semplice (2010), mentre ad aprile 2023 è uscito 111 luoghi di Venezia che devi proprio conoscere, scritto con Anna Toscano e a ottobre 2021 Andrés Iniesta, come una danza (66thand2nd).

C’è poi durante la serata un secondo e terzo spazio . Appunto il secondo sarà dedicato a un focus su grandi autori della poesia contemporanea: martedì Roberto Cescon, co-curatore di #martedìpoesia, tratterà della voce nella poesia di Mario Benedetti, il poeta di “Umana gloria”, nativo di Nimis, mancato nel marzo 2020. Roberto Cescon, autore delle recenti pubblicazioni Disabile chi? La vulnerabilità del corpo che tace (Mimesis, 2020) e Di tutti e di nessuno. Una poetica della specie? (Industria&Letteratura, 2022), collabora all’organizzazione del festival letterario pordenonelegge e ha firmato le raccolte di poesia La gravità della soglia (Samuele, 2010), La direzione delle cose (Ladolfi, 2014) e Distacco del vitreo (Amos Edizioni, 2018).
Il terzo e conclusivo spazio dei #martedìpoesia sarà come sempre dedicato alle letture: quelle degli autori Adam Nouini, Rosanna Cracco, Ilaria Pacelli. Nouini vive e studia a Pordenone, la sua passione è la musica, spesso si esprime attraverso la scrittura. Ilaria Pacelli, docente di Lettere nella scuola superiore, dal 2012 aderisce alla Pordenone Poesia Community, gruppo pordenonese di appassionati di poesia. La parola nel buio (LietoColle, 2020) è la sua ultima raccolta di poesie. Rosanna Cracco vive a Sacile. È stata insegnante nelle Scuole Medie e Superiori della provincia di Pordenone ed è cofondatrice, presso la Biblioteca Civica di Sacile, del gruppo culturale “Il battito”, nato nel 2011 per valorizzare l’identità culturale del territorio. Tra le sue raccolte poetiche: L’intuffarsi del mare (Simple, 2016), Osmosi (Kanaga, 2021) e Ritorno alle origini. Tra mito e realtà (Genesi Editrice, 2023).
Quattro poesie inedite di Francesco Brancati pubblicate su Nuovi argomenti.net nel 2020 :

Da una finestra
Allora, distingui:
i rami dell’albero
non sono dell’uomo.
Sono prigioni
come le pietre
per i giorni a venire,
gli incidenti sugli schermi.
Il tetto del palazzo che in altezza
sopravanza dietro il fondo
dell’immagine
invece è dell’uomo.
È stato un rifugio, polvere (Hans
Reiter?) o uno spazio in affitto.
La luce non trattiene
non può essere
dell’uomo. È un inganno
trasferito sulle mani
dei borghesi.
Il grido del bambino
ehi papà ehi papà,
i suoni che suo padre vocalizza
per estenderne la gioia
trascurando consonanti
sono ancora degli uomini,
innumerevoli anni.
I ricordi oppure le strade non conservano
niente, non servono
a nulla.
Ma di chi è il libro,
di chi sono le parole.

*
Adesso crede di ascoltare
il suo pensiero, invece intorno
sono due i sistemi di areazione:
le ventole sotto il corpo unibody
del portatile e poi le altre,
attraversano il corridoio, respirano l’edificio,
diventano i suoni che consentono il silenzio.
In quello stesso spazio il dittero
al ventottesimo giorno
curva la superficie delle molecole
in volo verso la spianata.
Di sera e al mattino ha sempre questa sensazione
una sostanza si frappone fra le cose che tocca
e le sue mani: prima di aprire lo stipite della cucina
dice che quel muco impalpabile deve per forza di cose
avere a che fare con il rimorso,
l’assenza del rumore non mi fa pensare.
La fila per i pasti lo trattiene vicino alla porta,
accanto un tavolo di plastica con gli adesivi
e un fiore giallo, pure di plastica. Qui dice
se taglio una pietra penso di poter capire
perché sei andato via.
Ha voltato le spalle.
Dopo, il suo sguardo annota.

*
FMB
Quando è sera il corpo sembra vetro
ma è il respiro a suggerire il vento;
intorno al tavolo parliamo senza
posa della tua malattia: somiglia
a una rosa se i tuoi occhi fissano
il muro, una speciale dedizione
per le isole di grigio nel bianco
rivelate dall’intonaco caduto.
Che cosa oscena, se ricordi.
Per un attimo abbiamo stimato
di concedere alla tregua una sua parte,
credendo di osservare quello
che veramente avremmo voluto
pensare (mentre invece un’altra
notte hai detto: «non voglio che i miei
figli, loro, che vivano tutto questo»).
Se provo a osservare ti vedo
aquilone in un cielo ripetuto,
solo aria sezionato, apronominale.
Un postino affaticato quando
nelle strade spedivano lettere.

*
Disperi lungo la strada,
perché la casa – tuo padre
avrebbe detto dimora –
non può essere la parola.
Il viale corre parallelo
alle rogge, prevede poveri doni
per una falsa vertigine:
i caducifoglie sopra i canali,
la protezione senza suono
delle acque come per le sillabe
che non puoi più indossare.
L’inverno lungo che ti sovrasta
è tutto nelle braccia dei lavoratori,
costruisce intorno la pedana,
una promessa che infiamma il pensiero
nell’attimo esatto (al semaforo,
poiché segnava rosso) del suo primo incistarsi.
Mentre ai lati le auto al loro posto,
nascoste.
Conservano intatta la rivincita di domani.

Sulla silloge L’assedio della gioia Massimo Gezzi scrive nella prefazione : “ è un libro complesso e rigoroso, che sfida e interroga i lettori e le lettrici a partire dalla soglia del titolo, apparentemente limpida e persino ingenua e invece per nulla trasparente: è un genitivo soggettivo o oggettivo, L’assedio della gioia? È la gioia che assedia uno o più soggetti – ed è la poesia che reagisce a questa evenienza – oppure è la scrittura che tenta un assedio alla gioia? E, in entrambi casi, di quale gioia si tratta, e che rapporto c’è tra questo titolo e il contenuto del libro, che come cercherò di dire risulta stratificato e spesso di problematica decifrazione?Brancati è uno studioso di poesia contemporanea, come molti suoi coetanei e molte sue coetanee che pubblicano versi oggi. È naturale quindi che alla base di questa scrittura si avvertano gli influssi e il magistero di alcuni dei poeti sui quali la sua attenzione critica si è appuntata più a lungo e più a fondo. Non credo di sbagliare se faccio subito il nome di Amelia Rosselli, dalla quale Brancati avrà ereditato, tra le altre cose, il bisogno di ordine e la claustrofilia che per esempio lo portano, per radiografare subito la struttura, a comporre un canzoniere esattissimo di sei sezioni da otto poesie l’una incorniciate da due testi singoli (per il totale, rotondo, di cinquanta componimenti), al cui centro si espande la poesia più lunga e direi fecondamente disordinata, ovvero un rifacimento di The Love Song of J. Alfred Prufrock di T.S. Eliot – ovviamente con lo stesso numero di versi dell’originale e in chiave “negativa”, a partire dall’incipit («Non andiamo più, tu e io»). […] Se è la gioia che assedia, coagulandosi in qualche testo in isole di luce che si stampano su una superficie, la poesia può essere un modo per accoglierla o al contrario per respingere l’ingiunzione capitalistica al suo perenne possesso, tanto sul piano della biografia personale (quella di chi ha scritto il libro, quella di chiunque), quanto su quello di una storia collettiva (se questo aggettivo ha ancora un senso).Se invece siamo noi a cercare di conquistarla, come invasori di una città inespugnabile, questo primo libro di Brancati ci ricorda che tra un desiderio e il suo compimento resiste il diaframma della realtà, e che essa è infinitamente complessa, se in fondo ognuno spera di essere nient’altro che «una piccola paura / nella nebulosa di terrore del mondo».