16 ottobre 1943, la Shoa irrompe nel ghetto di Roma

80 anni fa il rastrellamento del ghetto di Roma: il 16 ottobre 1943 oltre 1000 gli ebrei deportati. Tornarono solo in 16.
Sono passati 80 anni, pochissimi sono rimasti in vita per testimoniare l’orrore di quella giornata: era il 16 ottobre e le truppe naziste entrarono nello storico ghetto ebraico di Roma, rastrellando oltre 1000 ebrei tra uomini, donne e bambini per deportarli ad Auschwitz-Birkenau. 16 è anche il numero dei superstiti che riuscirono a sopravvivere agli orrori, alle privazioni, alle violenze dei campi di concentramento, 15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino. Dei 200 bambini prelevati nessuno fece ritorno a casa.
Una ferita viva nel corpo della città e di una nazione intera, che oggi, 80 anni dopo, si ferma nel ricordo, in un momento storico denso di significato per il popolo ebreo, anche a causa del conflitto in corso tra israeliani e palestinesi. Il 16 ottobre 1943 era un sabato, giorno di riposo per gli ebrei, era Shabbah e in molti si apprestavano a celebrare anche la festa di Sukkot. E quel giorno, il 16 ottobre, fu scelto apposta dai nazisti per sorprendere all’alba le famiglie nelle loro case. Dalle 5.30 alle 14 furono arrestati oltre 1.200 ebrei, nell’antico Ghetto ma anche in vari altri quartieri. I prigionieri vennero fatti salire a forza su un treno merci alla stazione Tiburtina. I pochissimi che riuscirono a mettersi in salvo vennero salvati dalla benevolenza di un commerciante o di un vicino che, a rischio della vita, decise di nasconderli.
E il pensiero 80 anni dopo corre a chi che aveva appreso, casualmente, del rastrellamento in programma per il 16 ottobre e aveva tentato di avvertire i residenti nel Ghetto, i quali invece si fidarono di Kappler pensando che si sarebbe accontentato dei cinquanta chili d’oro che aveva chiesto loro in cambio della salvezza. Pezzi di carta con su scritto nomi e numeri, che raccolgono la speranza, l’illusione di salvarsi. Sono le ricevute dei 50 chili d’oro, conservate al Museo Ebraico di Roma, con cui gli ebrei romani, pochi giorni prima dell’inizio delle deportazioni di massa in Italia, pensavano di riscattare con un gesto disperato la propria libertà, cadendo nell’inganno dei nazisti.

La vicenda è nota, l’ha raccontata anche al cinema Carlo Lizzani con “L’oro di Roma”: il 25 settembre del ’43 il capo della polizia di occupazione tedesca Herbert Kappler minacciò di deportare 200 membri della comunità ebraica se non fossero stati consegnati, entro 36 ore, 50 kg d’oro. Alla raccolta, concitata e disperata, partecipano cittadini ebrei e non ebrei, a cui venne poi consegnata una ricevuta. L’oro venne consegnato puntuale, il 28 settembre, sperando così di aver evitato il massacro, ma come la storia racconta, fu solo un’amara illusione.
In Italia – durante quel periodo nero – furono eseguiti 1898 arresti di ebrei da parte di italiani, 2489 da parte di tedeschi, 312 vennero compiuti in collaborazione tra italiani e tedeschi, mentre non si conosce la responsabilità dei rimanenti 2314. Non tutti gli italiani condividevano la persecuzione nei confronti degli ebrei: ci furono infatti significativi episodi di solidarietà, tante famiglie hanno nascosto donne e soprattutto bambini, con la complicità di monasteri, conventi, chiese. Parroci coraggiosi, come don Pietro Pappagallo che a Roma pagò con la vita l’aiuto fornito a decine di famiglie ebree.
Gli ebrei di Roma erano perfettamente incardinati nella vita sociale; il ghetto era un luogo e lo è tuttora brulicante di vita e di commerci Fino al 1938, alla promulgazione delle leggi razziali, gli ebrei frequentavano le scuole pubbliche, ricoprovano incarichi professionali di prestigio, aveva case al mare e in campagna, senza differenze, né volute, né provocate. Molti ebrei avevano abbandonato il ghetto molto prima della Seconda Guerra Mondiale, perchè era noto, quel luogo seppur caro al cuore e alla memoria era denso di oppressione. E lì, erano rimasti i “bottegai”, il popolo “abbiente”, i commercianti, le levatrici, ristoratori storici, robivecchi, artigiani, falegnami, intagliatori. Viveva e vive ancora adesso, nel cuore di Roma, un’umanità coraggiosa e determinata che non potrà mai dimenticare quanto successo 80 anni fa.
Solidali con Israele per il terribile attacco di Hamas
“Il Governo esprime la sua vicinanza alla Comunità Ebraica di Roma, ai famigliari e ai discendenti dei deportati. Oggi più che mai, a seguito del terribile attacco di Hamas, ribadiamo la nostra solidarietà all’intero popolo d’Israele, ferito nuovamente dall’odio antisemita. In questa giornata – ha detto il premier Giorgia Meloni nel giorno dell’anniversario – rinnoviamo il nostro impegno per mantenere viva la memoria di quei fatti terribili e per combattere, in ogni sua forma, nuova e antica, il virus dell’antisemitismo”.