La valigia di cartone, i sogni degli abruzzesi nel mondo

A Pretoro, nasce il progetto “La Valigia di Cartone”, una raccolta storica, documentale e testimoniale dell’esodo migratorio che ha investito il paese nel secolo scorso.
In questo affresco degli abruzzesi nel mondo, che si è iniziato da due anni sul giornale “Il Capoluogo” dell’Aquila si sono composti tanti tasselli di un quadro complessivo, che certamente resta parziale ed individuale, con le proprie sensibilità e priorità, tese nel contempo si ad esaltare le nostre eccellenze, ma nel contesto culturale, sociale ed economico in cui sono emerse. Un compito lungo e complesso, a cui dare continuità, in primo luogo integrandolo ed intrecciandolo altresì con studi e ricerche, sia sui territori di partenza che di arrivo, lungo l’arco di oltre un secolo di storia.
Lo spunto ulteriore a questo impegno, nasce proprio dalle stesse esperienze familiari di un “figlio dell’emigrazione”, che ha riavvolto il nastro dei ricordi, per renderli a valenza generale e più divulgati. Cosi l’annuncio della nascita nel borgo di Pretoro, in provincia di Chieti, del progetto “La Valigia di Cartone”, ovvero di una “raccolta storica, documentale e testimoniale dell’esodo migratorio, che ha investito il paese nel secolo scorso, può rappresentare “l’incipit” di un più generale impegno di ricerca umana, prima che sociologica e storica delle nostre genti, abruzzesi e molisane.
Questa almeno fino alla divisione amministrativa in due distinte Regioni, avvenuta nel 1963, visto che fin lì, ma anche oltre gli intrecci familiari sono stati rilevanti, specie proprio nelle aree di confine del chietino e dell’Alto Sangro. In verità lo sforzo di “memoria collettiva” da preservare in questo tra i “Borghi più Belli d’Italia”, incastonato nel suggestivo Parco Nazionale della Maiella, ne può costituire un prototipo, per poi generalizzarlo in altre realtà della nostra Regione. Un progetto lodevole voluto dal sindaco Diego Giangiulli e dall’Associazione dei loro emigranti ad Ottawa, in Canada, che ha celebrato il proprio mezzo secolo di vita, come evidenziato anche su queste colonne, in visita li dal 9 al 18 novembre pv.
Il capo della delegazione di Pretoro ha sottolineato il prezioso e “commovente momento di ricostruzione storica e sociale…con un fenomeno migratorio non rotativo e che ha portato al progressivo spopolamento di tanti paesi per raccogliere le esperienze vissute e di riflettere sul grande sacrificio che hanno dovuto sopportare i nostri emigranti”. Un’emigrazione che per tutta la nostra regione diventò un vero e proprio esodo a partire dai primi anni ’50, fino agli anni ’70, nel Canada del “miracolo economico”, che mentre concentrava i nostri conterranei nelle grandi aree urbane ed industrializzate dell’Ontario e del Quebec, svuotava i vari territori montani, specie delle “Aree Interne”, dove “le piccole case in pietra divennero silenziose”. Per altro vanno anche apprezzate altre iniziative come quella avviata da una classe del Liceo “G.B.Vico”, di Sulmona, che attraverso i suoi 15 alunni, ha prodotto un libro dal titolo: “Voci d’Abruzzo”, con interviste ai nostri emigranti, sia in Canada che negli Usa, riprendendo “il filo della memoria” storica e familiare della Valle Peligna. In tal senso tutte le forme di comunicazione, tra le comunità abruzzesi in Canada e quelle restate nella nostra terra possono essere utili per rinsaldarne i rapporti, con il richiamo ai comuni valori culturali, storici e religiosi, che restano ancora saldi, purtroppo più solo nelle prime generazioni.
In un numero di due anni fa, della rivista “Abruzzo nel Mondo”, sotto l’attenta guida editoriale di Antonio Bini, si è rievocato questa formidabile ascesa della comunità abruzzese in Canada, che resta più di altre forte e coesa, con un’illuminante intervista ad Odoardo Di Santo, oggi giornalista, ma con un passato in politica. Accanto ad essa la testimonianza, altrettanto emblematica, di Ivana Fracasso (originaria di Scafa, in provincia di Pescara), grande animatrice della seguitissima rubrica “L’Angolo d’Abruzzo”, su RadioChin di Toronto, la “nostra” città sul lago Ontario. Per altro l’importanza decisiva dell’informazione, specie in una società avanzata come quella canadese, investe le stesse comunità emigrate lì come la nostra. Recentemente il senatore Toni Loffreda ha denunciato: “il pericolo che stanno correndo le testate giornalistiche ed i quotidiani delle minoranze etniche, che rischiano di scomparire”, proponendo al Parlamento Federale un interessante DDL su “Online News Act”, per non far spegnere le voci libere di tutte le minoranze, consentendo ad esse di restare più unite e protagoniste nella nuova società canadese, diffondendone l’autentico spirito di tutti i suoi fondatori. “ La Globalizzazione ha portato tutti a usare una lingua franca, l’inglese, dimenticando che un cinese, un indiano, un arabo, un italiano ed un americano, conservano i loro “Occhiali Culturali”. (La comunicazione interculturale di P. E. Balboni e F. Caon)