I cinturelli

Il colore degli edifici, la bellezza della ricostruzione post sisma

Il colore degli edifici dei nostri paesi: la bellezza della ricostruzione post sisma: il contributo di Dino di Vincenzo per l'appuntamento con la rubrica I Cinturelli.

I Cinturelli – La rubrica settimanale del Capoluogo, il contributo di Dino Di Vincenzo. Il colore degli edifici: La ricostruzione post sisma dei centri storici dei nostri paesi, faticosamente e lentamente, si è ormai avviata.

La qualità delle ristrutturazioni, appare generalmente alta. Migliorano di molto la capacità di resistenza strutturale degli edifici, migliora la qualità abitativa e tecnologica interna, con l’utilizzo di tecniche avanzate nell’impiantistica e nell’isolamento termico. Il recupero, tranne pochi esempi, appare attento alle tradizioni del passato.
Tuttavia qualche perplessità, in questi anni, è stata destata dai colori usati in alcune costruzioni, generalmente collocate fuori dai centri antichi, apparsi a volte troppo lontani dalle tradizioni e dal contesto. In alcuni casi sono risultati eccessivi nella loro appariscenza. Bisogna dire però che le normative esistenti non consentono agli enti pubblici molte forme di controllo fuori dai centri storici. Quindi i risultati che fanno discutere sono da ascrivere ai gusti dei tecnici e dei proprietari.
Vogliamo ora soffermarci sugli edifici antichi, all’interno dei centri abitati e su una domanda: qual è il colore giusto?

Il tema del colore degli edifici nei centri storici, ha avuto un lungo dibattito in Italia, già a partire dagli anni 80 del secolo scorso e si è protratto a lungo, producendo interessanti ricerche e una gran quantità di saggi e di studi. Anche in Abruzzo, un importante convegno tenutosi nell’autunno del 2000, a cui parteciparono professionisti e studiosi da tutta Italia, ebbe il compito di trarre una sintesi di quella ricerca durata 20 anni e ne scaturì un interessante pubblicazione: “Il Colore dell’edilizia storica”, Gangemi editore. Quando si parla del colore degli edifici, o più in generale delle cromie urbane, entrano in gioco varie considerazioni. Certamente un edificio an¬tico, che esiste da alcune centinaia di anni, avrà probabilmente avuto diversi colori nella sua storia. Colori dipendenti dalle varie tecnologie pittoriche di ogni periodo che quindi offrivano prodotti diversi negli anni, colori legati all’ambiente urbano delle epoche (che potremmo definire “la moda” del tempo), il gusto del momentaneo proprietario. E ognuno di questi diversi colori ha fatto la storia cromatica del tale edificio nei secoli.

Inoltre c’è da considerare che l’ambiente urbano non è un insieme inerte, ma gli elementi che lo compongono vivono una vicenda che li muta e li fa partecipi di tempi e di gusti diversi da quelli delle loro origini. E ugualmente legittimo e fondamentale è il tener conto delle tendenze evolutive del panorama cromatico. Perciò, se si considera il suo processo trasformativo, legittimo e continuo, potrebbe essere del tutto vano poter definire il cromatismo originario, anche se da tale ricerca non si può tuttavia prescindere. In funzione dell’importanza dell’edificio, può essere necessaria anche l’analisi fisico chimica dei pigmenti antichi, che potranno svelare l’uso di componenti particolari e a volte non più esistenti.
Dunque, quando in un centro storico bisogna rifare la tinteggiatura, la prima cosa da fare è certamente andare a ricercare i colori del suo pas¬sato. Generalmente riescono i vari strati. Probabilmente ci troveremo di fronte colori che si sono sovrapposti nel tempo e a volte anche molto diversi tra loro. Qual è allora quello da tenere in considerazione? Quello più vecchio, quello intermedio, o quello che la memoria delle persone ricorda come quello degli ultimi decenni?
Dopo aver compiuto questi accertamenti, ci siamo messi nelle condizioni di conoscere al meglio la storia del pigmento dell’edificio. Ma l’indicazione del colore da scegliere ha ancora altre suggestioni. Per alcuni ha molta importanza il colore che la fabbrica ha avuto nel periodo della sua massima espansione. Ma quelli sono sempre compatibili con il “gusto” di oggi? Nei primi decenni del ‘900, lungo la costa abruzzese, erano molto diffuse fabbriche che producevano un “blu oltremare”. Per tale ragione in quei territo¬ri si coloravano case di color blu. Ma a causa del legante che allora si usava, i colori sbiadivano nel tempo e pian piano, divenivano celestino fino a perdere del tutto il pigmento. Se oggi volessimo riproporre quel blu, non sa¬premmo quindi quale scala cromatica assumere. risultato

Questa circostanza introduce l’altra importante variabile che determina il colore: Il materiale usato. La grande varietà dei colori sono frutto in primo luogo dei materiali naturali e organici esistenti in un territorio. Le argille, nelle varie cromie, sono le componenti più usate. I pigmenti, anche di natura sintetica e inorganica, danno variabili infinite. L’uso e la miscela intelligente ha prodotto negli ultimi decenni, una vasta gamma di vernici. Quelle qualitativamente più apprezzabili sono a base di calce, a volte additivate con colle organiche o con silicati. L’esperienza tuttavia insegna che il risultato migliore in un edificio antico si ottiene mescolando nell’ultimo strato di intonaco, un colorante naturale misto a colle. Assolutamente da escludere in un centro storico vernici sintetiche e ancor peggio se contenenti quarzo (che notoriamente rende le murature non traspiranti). Alcuni piani di recupero redatti dopo il sisma, forniscono indicazioni di cromie che derivano dalle varie colorazioni di argille usate negli anni, i cosiddetti colori pastello.
Le riflessioni sintetiche esposte, portano ad una conclusione: non è auspicabile stabilire a tavolino il colore di un edificio. Anche i cosiddetti “piani del colore”, molto in voga negli anni ’80 e ’90, hanno mostrato i loro limiti e di fatto, oggi sono stati abbandonati. Il risultato di una cromia urbana è dunque l’effetto della capacità dei tecnici direttori dei lavori e dei proprietari, più che l’impo¬sizione pubblica.

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.

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