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Le nuove stanze della poesia, Sandro Buoro

9 novembre 2023 | 16:59
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Le nuove stanze della poesia, Sandro Buoro

Sandro Buoro: il poeta contadino. Ne parliamo nell’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

I versi di Sandro Buoro specialmente quelli contenuti nella raccolta “La pietra sul tempo “ edito da Latorre editore nel 2023 ci parlano di paesaggi, cose e case “ che crollano, i coppi, la pioggia che consuma, battendo il tempo sulle pietre… questa ultima raccolta del “poeta contadino” Sandro Buoro è piena di cose che soffrono. Un’atmosfera elegiaca la pervade, virgiliana. Vediamo e ascoltiamo le lacrimae rerum, le strida mute degli oggetti che lo specchio accomuna ai viventi nel loro “correre alla morte”.

E le cascine dall’alto scoprono tetti crollati
coppi franti, stanze abbandonate e intrise
di piogge e sofferenze e tempo.

I paesaggi e le cose, le case che crollano, i coppi, la pioggia che consuma, battendo il tempo sulle pietre… questa ultima raccolta del “poeta contadino” Sandro Buoro è piena di cose che soffrono. Un’atmosfera elegiaca la pervade, virgiliana. Vediamo e ascoltiamo le lacrimae rerum, le strida mute degli oggetti che lo specchio accomuna ai viventi nel loro “correre alla morte”.
Sulla pagina fb dell’editore a proposito di questa raccolta di versi si legge : “È poesia antica, imbevuta di classici, ma soprattutto classica nel modo. Nel modo di osservare il mondo e la vita. Ed è il modo/mondo dei campi arati, dei filari dei pioppi, dei canneti indizio dell’acqua. Il fiume che porta via tutto ha il colore della terra, il tempo smotta, le colline s’appianano, i tetti rovinano, gli amici più non s’incontrano, le biciclette sono rare al tramonto. Un dolente “tempus fugit” risuona in questi versi. Ma c’è… il vento, lo scirocco che viene dal mare e che porta nubi chiare, e profumi che “leniscono il cuore”:
Altre volte la voce del vento
tra rami di tiglio o di selvatica acacia
sveglia i miei sensi e mai sopiti ricordi di eucalipti
quando ero bambino altrove e ritorna
l’aspro sapore aromatico della foglia
masticata tra i denti
E insieme al vento i ricordi dei giorni felici, dei nomi amati, dei volti lontani ma non assenti, vicini al pensieroso solitario, che addolcisce i suoi versi, modulando bisillabi armonizzati: Altre volte la voce del vento; che reinventa un linguaggio epico omerizzante, diffidente di articoli. E c’è colei “che rientra da notti lunari”, e c’è una non nominata del tutto presente, e c’è Marta che torna, e c’è… il “fiore d’innocenza”, il corpo piccino e tenero, fragile ma possente di tutto il futuro possibile: “Alma dagli occhi profondi”.

“Da una parte il miele dall’altra la cera “ è un’altra raccolta di Sandro Buoro pubblicata sempre da Latorre .
“Come diceva Pasolini, “La più grande attrazione di ognuno di noi / è verso il Passato, perché è l’unica cosa / che noi conosciamo ed amiamo veramente.” C’è tanto passato in questo diario, ma c’è anche il presente vissuto con carattere costantemente polemico. Perché con questo presente, per citare ancora Pasolini, come si può non essere polemici? È quello stesso passato che di per sé è critica nei confronti del presente. Ne risultano, qui dentro, due musiche diverse. Il “largo” della contemplazione e del ricordo e il “mosso agitato” della polemica e della critica si alternano per formare l’ossatura tonale della raccolta. Ecco un esempio di come l’andamento lento dell’anapesto può guidare lo sguardo: “La stagione che il mondo foglia e fiora, la vertù che ‘ntorno i fiori apre et rinove non è semplicemente croco che spinge la polvere, bocciolo carnoso di narciso che gonfia dal suo tubero ricco, tulipano che chiude la corolla a sera dopo averla impregnata di sole e aria oppure giacinto che spunta lento e mostra il fiore a grappolo un po’ alla volta fino a ubriacare del suo odore…”. Altrove la lingua corre: “di questa città in mano a cinesi, neri, magrebini, rumeni, slavi, centri commerciali e supermercati… e il peggio non sono loro in questo luogo ‘fortunato’ posto al centro del triangolo industriale d’Italia, l’ombelico della ‘settima potenza industriale’ del mondo… balle balle balle e parole parole parole berciate da cattivi amministratori, da imbonitori di popolo bue, da novelli Nerone con la cetra in mano a cantare la rovina della città e la scomparsa della Provincia da qualunque classifica civile.” E così, rapportandosi una all’altra e scontrandosi anche e amoreggiando, le due essenze verbali alla fine si fondono in una voce originale, toccando la vetta: “Bastava un fruscio di canne per sognare alzando lo sguardo sulle scure macchie dove cinghiali e forse draghi di notte ritornavano nei campi, ai botri d’acque rifugi perduti che la famiglia aveva bruciato e reso terra buona per vivere. In qualche luogo del nostro passato c’era una grande famiglia da dove tutti siamo partiti per solcare mari e terre del mondo e là ritornare un giorno col sogno a cerchio seduti canteremo di strade, paesi uniti, felici del viaggio che mette pace in cuore.”

Sandro Buoro, nato a Grosseto nel 1947, si è trasferito coi genitori in Alessandria nel ’59. Maestro, poi docente di Materie Letterarie nelle medie, di italiano e storia all’istituto Vinci di Alessandria, infine dirigente scolastico. Sempre amato dai propri allievi. Ha scritto di pedagogia, storia, cinema, collaborato con i quotidiani La Stampa e Stampa Sera, organizzato conferenze e cicli filmici con il Comune di Alessandria e nelle scuole in cui ha operato come dirigente. I suoi lavori poetici sono ormai numerosi e sempre ben accolti dalla critica.

Pier Carlo Guglielmero dopo la presentazione della raccolta “La pietra sul tempo “ scrive su Alessandria.24.com : “ Mariangela Dotto lo presenta come uno straordinario insegnante, ormai in pensione, che ha sempre avuto una forte tensione sociale e didattica nel suo mestiere, prima, appunto, di insegnante, e poi, nell’ultimo periodo della sua carriera, come Dirigente scolastico. Una cosa che però più mi colpisce di quel che dice Mariangela è il fatto che le poesie di Sandro Buoro, se ad una prima lettura colpiscono, ad una seconda lettura svelano molte sfumature che erano prima sfuggite…ma se però si rileggono una terza volta, non si dimenticano più! Però. Certo, quando le ho lette, ho scoperto delle poesie di Sandro formano una sorta di sinfonia domestica, fatta di ricordi dei genitori e dell’infanzia, ma anche di vivissime emozioni verso una figlia ed una nipotina amatissime. Con disarmante semplicità Mariangela ha concluso così: Sono poesie che toccano il cuore…E come negare questa conclusione quando poi leggiamo versi come questi, davvero toccanti: “Ci ho messo anni / per capire che paesi borghi frazioni cascine / si popolano di finestre vuote / i vecchi che attraversano la strada sono come me / residuati di guerre che chiamano vita”. E, un poco più avanti: “Anni per obliare / mari di lontana infanzia, case che abitai / e ora sono macerie…” Come non sentirmi coinvolto? Io che passo davanti alla casa che fu di mia nonna e ora è, appunto, una maceria abbandonata con un immenso glicine che l’ha sventrata, ma ora anch’esso è morto e secco e senza più futuro.”
E continua in quell’articolo : “ Sandro ci ha poi parlato di sé stesso, quella sera. Lo ha fatto soprattutto con le sue letture, ma anche in una breve introduzione. Ci ha detto di questa sua necessità poetica, di un fare versi per rievocare un passato fatto di nomi e di volti, soprattutto quelli di papà e mamma: un amore che non termina certo con la morte, ma che messo in versi: “L’amore è anche / sogno ricorrente che rompe il sonno / riapre ferite mai chiuse / di fughe inspiegabili in una vita che fu / oppure è ancora, chissà”. Basta leggere versi come questi, proprio dalla prima poesia della raccolta, per capire l’immenso amore per la mamma: “Madre mia / mai mi allontanai da te / e il passo quando trascino la vita / sempre a te conduce”. Una poesia velata di una tenerissima patina di nostalgia. E per me, che da ormai svariati anni, ho perduto la mia, di mamma, parole che toccano la mia anima in profondità. “

“Guarda con il tuo occhio interiore
stringi con braccia di passione
scalda con l’ansa di calore
respira col fiato del ricordo
mentre a te mi accosto
e bacio la pelle che sa di alloro
tra i fornelli ti spingo
a indovinare la fiamma
che accende il tuo viso.“