Le ipotesi sulle reliquie rinvenute all’interno della cripta della chiesa di San Sisto. Durante i lavori spunta fuori un ambulacro sub altare, “un corridoio che conserva le reliquie di un santo martire. Tuttavia, non si hanno notizie di un martire legato a questo luogo”, spiega l’operatore culturale e ex assessore Vladimiro Placidi
Durante i lavori di consolidamento e restauro della chiesa di San Sisto, nei pressi del palazzo Rivera e sulla strada per il Convento di San Giuliano, a seguito dello smantellamento pavimentale sono emersi, vicino all’altare maggiore, due ingressi opposti che conducono nel piano inferiore con relative scale in posizione obliqua rispetto all’asse maggiore della chiesa.
Già la loro individuazione pavimentale identifica un ipogeo devozionale.
L’antichità della chiesa era già testimoniata dalle murature esterne della parte destra e del fronte posteriore che riserva nella parte bassa, sotto le monofore archivoltate, una serie di grandi pietre squadrate di risulta dall’epoca romana variamente connesse ad attestazione del recupero di materiale lapideo da uno dei vici di epoca classica.
L’antico impianto della chiesa ebbe vari stravolgimenti dall’epoca della costruzione, ma quelli del 1700 e del 1800 l’hanno trasformato riducendone la percezione di vetustà con l’inserimento della facciata quadrangolare atta ad interrompere la forma a capanna delle coperture e con l’apposizione all’interno di una volta oggi sostituita con l’ultimo restauro con un assito ligneo a capriate.
La scoperta di una cripta devozionale architettonicamente sotto forma di corridoio lineare sub altare con due ingressi, uno per l’entrata e l’altro per l’uscita, e con uno spazio centrale per la conservazione e la devozione alle reliquie, peraltro non più presenti, e con una mensa apre uno scenario di estreme interesse.
Preso atto che è alquanto impossibile la presenza di reliquie appartenenti ad un Sisto papa e martire in quanto sono conosciute le loro sepolture e i loro corpi colà conservati, a chi appartengono allora le reliquie una volta presenti nella cripta?
Questo tipico ipogeo a soluzione spesso anulare, a corridoio con volta a botte e sotto altre forme architettoniche si sviluppa e si concentra, secondo gli studi più recenti, tra il IX e il XII secolo.
Complessa e dibattuta è la nascita delle cripte o grotte sotterranee nelle chiese, dedicate alla sepoltura dei corpi di martiri, che assumono nel tempo varietà costruttiva e importanza architettonico-planimetrica in tutto l’occidente, ma con radici nel mondo orientale.
Per il nostro microsepolcreto, luogo di conservazione delle reliquie, parti di un corpo e non di un corpo intero di santo, l’origine è da ricercare nel mondo siro palestinese, anatolico e greco balcanico.
È lì che nasce l’uso di conservare reliquie in piccole casse reliquiario di marmo o argento e riporle in piccoli ambienti sotterranei o cubicula nell’area presbiteriale sotto l’altare e garantire l’ingresso da due scalette poste ai lati.
La nostra tipologia a corridoio trasversale rispetto l’asse lungo della chiesa trova origine nei corridoi rettilinei delle catacombe romane e poi inglobati nelle chiese soprastanti.
San Vittorino
Ma chi era questa Sant’Anza o Sant’Antia da cui il nome della Rocca prima e del Villaggio dopo?
Anzia e il figlio Eleuterio sono due personaggi martirizzati sotto l’imperatore Adriano tra il 118 ed il 120 d.c.
Eleuterio fu Vescovo nell’Ilirico nell’odierna Valona in Albania e martirizzato a Roma insieme ad Anzia dove i corpi furono trafugati e portati a Rieti ove gli costruita una chiesa nel V secolo che divenne la più importante di Rieti in epoca longobarda e raggiunse il massimo splendore intorno al Mille, tanto da essere sede di Diete con Papi ed Imperatori.
Il culto dei Santi si espanse in tutta l’area del reatino e dell’amiternino e le reliquie dei due martiri furono citate nella targa del 1170 posta nella chiesa di San Michele Arcangelo in San Vittorino quando fu riedificata e consacrata dai Vescovi di Rieti, Foligno e Forcona.
La targa cita anche altri santi e martiri di primaria importanza riportati nel Martyrologium Romanum e l’inserimento dei nostri due sottolinea quando il culto fosse sentito e praticato nell’area Sabina.
Probabilmente quello scorcio del XII secolo vide una pressante presenza del vescovado reatino anche con l’esportazione dei propri culti che insieme ad una stabilità politica dovuta al regno normanno consentì il riadattamento di numerose chiese, tra cui San Sisto, e la discesa nella valle di alcuni abitati, precedentemente posti più alto per esigenze di difesa, tra cui la Rocca di Sant’Anza.
Le monofore posteriori della chiesa di San Sisto e l’apparato costruttivo della faccia interna del presbiterio, i cui giunti lapidei sono contornati cromaticamente in rosso, indicano il periodo dell’ultimo trentennio del XII secolo quale momento ricostruttivo che trasformò la chiesa in coincidenza con l’inurbamento degli abitanti della Rocca.
In quella data è possibile che alcune reliquie di Sant’Anza, veicolate dal potere vescovile di Rieti, fossero depositate nell’ipogeo appositamente costruito per valorizzarne il culto, peraltro già diffuso, e per determinare l’importanza della chiesa e del borgo in un’inedita ottica di dinamismo economico e politico in un’area marginale del regno normanno, ma destinata da lì a pochi decenni a dare vita alla fondazione della città di Aquila cui il villaggio di Sant’Anza diede il suo contributo.
Spunta un ambulacro nella Chiesa di San Sisto, la scoperta durante i lavori post sisma