Emilio Ciammetti investito al Cermone, parla la sorella: “Nessuna attenuante vale una vita spezzata”

23 novembre 2023 | 06:43
Share0
Emilio Ciammetti investito al Cermone, parla la sorella: “Nessuna attenuante vale una vita spezzata”

Tre anni e 4 mesi all’investitore di Emilio Ciammetti, parla la sorella dell’ex finanziere: “Non posso accettare una giustizia alla rovescia, in cui si colpevolizza il morto e si scagiona l’indagato”

“È come se mio fratello fosse stato ucciso per la seconda volta. Lo dico in base a ciò che ho letto sui giornali. La sentenza mi ha sorpreso con amara incredulità”.
Cermone, Emilio Ciammetti stava attraversando la strada, sulle strisce pedonali, per recarsi dal fioraio. Voleva comprare le mimose per le donne di casa. Era l’8 marzo 2021.
Quel giorno è morto, investito da un’auto che lo ha colpito arrivando alle sue spalle.

“La sentenza è sulla bocca di tutti. Io ne sono rimasta sconvolta, così come l’intera comunità aquilana. Non posso accettare una giustizia alla rovescia, in cui si colpevolizza il morto e si scagiona l’indagato“. Il Capoluogo raccoglie le parole di Anna, sorella di Emilio Ciammetti.
Funzionaria della Procura generale di Roma per oltre 10 anni e funzionaria all’Autorità nazionale Anticorruzione da oltre 25 anni, Anna sceglie di parlare e di raccontare il suo dolore, dopo la sentenza che ha condannato l’investitore di Emilio a soli 3 anni e 4 mesi di reclusione, attribuendo parte della responsabilità alla vittima. Sarà possibile avere maggiori dettagli in merito alle motivazioni del pronunciamento solo dopo la pubblicazione della sentenza. Intanto, Anna precisa:Ho letto sui giornaliche mio fratello sarebbe stato urtato. Non è stato così ed è importante sottolinearlo. Mio fratello è morto poiché è stato vittima di un grave investimento. Sono stati i Carabinieri a rilevare che, dopo l’impatto con l’automobile, il corpo di Emilio è stato sbalzato a ben 17 metri di distanza. Se fosse stato semplicemente urtato – considerando anche la sua fisicità – Emilio sarebbe rimasto al limite ferito, a meno che l’automobilista non guidasse un carro armato!
Pensate che i testimoni sul posto credevano addirittura si fosse trattato di uno scontro tra due veicoli, talmente è stato forte il boato. Tutte le persone nelle vicinanze si sono riversate sulla strada per capire cosa fosse accaduto, richiamati dal frastuono”

Mi chiedo se sia giusto tutto ciò a cui noi abbiamo dovuto assistere: e non mi riferisco solo al caso della morte di mio fratello, bensì a tutti quegli incidenti in cui, da un lato, c’è una vittima della strada, ma dall’altro lato manca una pena per chi ne è causa.
Nel caso specifico  –
sottolinea Anna, sorella di Emilio Ciammetti – siamo di fronte ad un omicidio stradale. Mio fratello è morto, il colpevole non andrebbe punito con l’arresto? A quanto pare no, considerando che, dopo l’investimento, non si è proceduto neanche all’arresto immediato, poiché non c’era il pericolo di reiterazione del reato. Questa è giustizia? Non possono esserci attenuanti messe allo stesso livello di una vita persa. Com’è possibile che in Italia chi commette reati non si faccia neanche un giorno di galera? Evidentemente bisogna rivedere il reato di omicidio stradale.
Ho saputo di persone che, per aver maltrattato un cane, hanno avuto condanne superiori a quella avuta dall’uomo che ha investito 
Emilio.
La vita di mio fratello vale meno di quella di un cane?“. 

Anna ricorda. “Mio fratello era alto quasi due metri e il giorno in cui è stato investito indossava una giacca gialla fosforescente. Ho letto, nelle ricostruzioni dei quotidiani cartacei, che Emilio si era scostato di due metri dalle strisce pedonali, sistemandosi la mascherina per entrare in negozio. Questa è la sua colpa?Essersi fermato e spostato per indossare la mascherina? Ma soprattutto, ho letto che voltandosi non avrebbe visto la macchina arrivare: se, invece, l’avesse vista si sarebbe fermato. Sono 40 anni che guido, eppure non sapevo che sulle strisce pedonali fosse il pedone a doversi fermare e non l’auto.Sempre sui giornali – in attesa di avere, appunto, l’opportunità di leggere le motivazioni della sentenza – si parla della deviazione di Emilio, che sarebbe finito oltre le strisce pedonali. L’imputato, al contrario, non avrebbe la responsabilità della velocità, in quanto procedeva sotto il limite stabilito su quella strada (50 km/h), viaggiando ad una velocità di 49 km/h. Nel corso del processo, sono state sottolineate le condizioni di scarsa visibilità nel guidare quel giorno, tra la pioggia, il buio, i fari delle auto che abbagliavano l’investitore. L’uomo è riuscito, quindi, a non superare il limite per un solo chilometro, nonostante tutto. 
Tuttavia, mi chiedo: se queste tesi sono valide, cosa dobbiamo dedurre?Se rispetto il limite di velocità, posso ammazzare chiunque senza risultare colpevole? Oppure, se una persona attraversa fuori dalle strisce può essere tranquillamente investita?
Vorrei ricordare che il Codice della Strada dice che, nel rispetto del limite di velocità, se si sta attraversando un centro abitato, in prossimità delle strisce pedonali bisogna rallentare e fermarsi 7 metri prima, in condizioni di scarsa visibilità”.

“Per mio fratello, oltre al danno, c’è stata anche la beffa. Ha lavorato per 40 anni nella Guardia di Finanza ed ha salvato migliaia di persone in tutta Italia, tanto da essere stato premiato con quattro medaglie al valore civile ed infiniti encomi. Ha salvato tutte queste persone senza mai stancarsi di raccomandare prudenza. Ed ora tutto questo. Emilio merita giustizia!”.

TESTIMONIANZE E RICORSO
“Nel corso del processo, abbiamo avuto modo di ascoltare le testimonianze di chi ha assistito all’incidente al Cermone. Sono stati gli stessi testimoni a dichiarare che l’imputato, dopo l’impatto, hapercorso qualche metro, prima di scendere dall’auto per vedere cosa fosse accaduto. Poi è risalito in macchina ed è andato via, poiché – ha spiegato – sul posto era già arrivata gente. Questi testimoni sono i titolari delle attività commerciali della zona, ma anche le persone che, al momento dell’incidente, si trovavano lì vicino ad aspettare l’autobus. Sono stati proprio loro, quindi, a dichiarare che l’investitore era fuggito. In casi del genere, a mio parere, dovrebbe esserci una pena severa per l’investitore, con l’aggravante dell’omissione di soccorso, che nel caso di Emilio è indiscutibile”.
Ora aspettiamo le motivazioni per capire come proseguire: la morte di mio fratello non può finire in questo modo. Non possiamo fermarci senza avere giustizia. La tragica scomparsa di Emilio ha distrutto sette vite. Oltre a quella di Emilio, ha stravolto per sempre la vita di sua moglie, dei suoi due figli, di nostra madre, nel mentre venuta a mancaree dei miei fratelli. Ed il responsabile è stato condannato a soli 3 anni.
Con l’attuale legge, in pratica, non si farà neanche un giorno di galera. Bisogna fare qualcosa affinché eventi tragici come questi non succedano di nuovo. Non è accettabile dover arrivare a pensare che questa sia la vera giustizia. Tutti devono conoscere questa sentenza: spero che l’onda di indignazione non si plachi e che vengano chiariti molti aspetti”. 

Domenica 19 novembre è stata la Giornata in memoria delle Vittime della Strada. Una giornata in cui la memoria dell’Aquila e degli aquilani non ha potuto fare a meno di ricordare Emilio Ciammetti, a pochi giorni da una sentenza molto discussa.
Parliamo tanto di vittime della strada, ma se continueranno ad arrivare queste sentenze, i morti non potranno che aumentare.
È necessario fare qualcosa e bisogna farlo subito, prima di piangere altri morti. Mi rivolgo anche al mondo della politica: urge modificare una legge che non funziona, perché tutto questo non può essere possibile. Il mio pensiero va alla sentenza choc sulle vittime del crollo di via Campo di Fossa, quando alcune delle persone che persero la vita sotto le macerie sono state giudicate, in parte, colpevoli per non essere uscite di casa. Mi vien da dire, ‘triste chi muore’. Non può definirsi giustizia un sistema in cui le attenuanti contano più di una vita spezzata!”.