Violenza di genere e scuola: “Non c’è bisogno di nuove discipline, ma di personale formato”

L’intervento del dirigente scolastico Antonio Lattanzi su scuola e violenza di genere: “Non c’è bisogno di inserire nuove discipline, poiché si tratta di temi trasversali che si possono affrontare in tutte le materie di studio, si tratta invece, a mio avviso, di fare una seria formazione del personale”.
L’intervento del dirigente scolastico Antonio Lattanzi su scuola e violenza di genere: “Non c’è bisogno di inserire nuove discipline, poiché si tratta di temi trasversali che si possono affrontare in tutte le materie di studio, si tratta invece, a mio avviso, di fare una seria formazione del personale”.
“L’ennesimo, insopportabile, femminicidio della giovane Giulia Cecchettin, barbaramente trucidata a soli 22 anni, ha riportato alla ribalta la funzione della scuola nella educazione dei giovani studenti, soprattutto nella delicata fascia che va dalla prima classe della Scuola Secondaria di I grado, al termine degli studi superiori”. Così Antonio Lattanzi, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Cesira Fiori di San Demetrio ne’ Vestini, che sottolinea: ” Sono pienamente consapevole, in quanto Dirigente Scolastico, della primaria funzione della scuola nell’ambito della educazione alla affettività, al rispetto, alla accoglienza e inclusione, alla sessualità, insomma in tutto quello che ricade nella sfera delle emozioni e dei comportamenti conseguenti. Ne sono tanto convinto che dallo scorso anno scolastico ho voluto istituire, insieme alla prof.ssa Cristina Iovenitti, docente di Italiano, una nuova Funzione Strumentale denominata “Diversa-Mente” con l’obiettivo di sensibilizzare i nostri studenti, in special modo quelli frequentanti la terza classe della Scuola Secondaria di I grado, a tutte le tematiche legate alle emozioni, alla affettività, alla percezione, alle cosiddette “diversità”. Questo ha fatto sì che durante lo scorso anno scolastico sono stati programmati incontri con migranti, documentaristi, scrittori, magistrati, Associazioni di volontariato quali, ad esempio, l’Arcigay. La scuola, quindi, non ha bisogno di inserire nel proprio curricolo nuove discipline, poiché si tratta di temi trasversali che si possono affrontare in tutte le materie di studio, si tratta invece, a mio avviso, di fare una seria formazione del personale attraverso investimenti mirati sul sistema scolastico di cui, al momento, non vi è traccia“.
“Gli unici investimenti fatti negli ultimi anni sulla scuola – prosegue – hanno riguardato, dalla pandemia in avanti, quasi esclusivamente le dotazioni tecnologiche (PC, Notebook, Digital Board, stampanti 3D, robot) e in questa direzione vanno anche gran parte dei finanziamenti del PNRR il cui Decreto recita:”…realizzazione di percorsi didattici, formativi e di orientamento per alunni e studenti finalizzati a promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze STEM, digitali e di innovazione, nonché quelle linguistiche…”. Le attrezzature tecnologiche e digitali sono fin troppo presenti nelle nostre scuole e, purtroppo, anche nell’uso quotidiano extrascolastico dei nostri studenti, lo smartphone è oramai il principale strumento di comunicazione tra i giovani, le relazioni tra loro, che siano amicali o affettive, viaggiano esclusivamente su questo strumento. Vengono meno, così, i rapporti umani, la socialità, il gioco, in buona sostanza quella ragnatela di relazioni che favorisce lo stare insieme, il senso di appartenenza, il rispetto reciproco, la tolleranza”.
“In secondo luogo bisogna affrontare seriamente il problema della genitorialità che sta diventando sempre meno “responsabile”, ovviamente senza voler comprendere in questa definizione la totalità dei genitori. Ma è sempre più frequente un atteggiamento di totale delega alla scuola, di abbandono culturale e sociale dei figli nelle ore extrascolastiche, di giustificazione preconcetta di comportamenti non consoni all’ambiente scolastico, di disimpegno allo studio, di uso “smodato” e non controllato dello smartphone. È oramai evidente la mancanza di stimoli, la disattenzione verso gli impegni scolastici, la cura del materiale da portare a scuola, la carenza di tempo da dedicare ai figli anche quando non giustificata da impegni lavorativi, la poca attenzione alla regolamentazione del mezzo televisivo e alla scelta dei programmi. Tutto questo genera negli studenti, con drammatica precocità, un senso di impunità, di mancanza di rispetto verso l’istituzione scuola, dell’uso del turpiloquio anche in classi di Scuola Primaria di cui gli alunni non sono certo responsabili, ma sono atteggiamenti che derivano da una preoccupante “regressione culturale di massa” degli adulti”.
“In conclusione occorre una inversione di tendenza nella scuola e nella società, recuperare la socialità, i rapporti umani, il senso di appartenenza e di comunità. Limitare l’uso della tecnologia a scuola in modo che torni ad essere un mezzo e non un fine, limitare l’uso e attivare una forma di controllo sullo smartphone da parte dei genitori sui figli e, magari, qualche volta portarli a teatro, al cinema, ad un concerto, ad una escursione, recuperare pezzi di vita reale e non virtuale. Questo mi sento di dire, da Dirigente Scolastico, piuttosto che inserire nuove discipline (sono già troppe quelle attuali), fare cambiamenti solo di facciata per un ritorno mediatico, per avere un titolo di giornale”.