Sant’Eligio, patrono dei maniscalchi, per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 1° dicembre.
Il 1° dicembre ricorre la memoria di Sant’Eligio. Sant’Eligio di Noyon, conosciuto anche come Sant’Alò, nacque a Chaptelat intorno al 588 da Eucherio e Terrigia. Di umili natali, apprese l’arte dell’oreficeria a Limoges presso il monetiere Abbone. Narra la tradizione che Clotario II gli commissionò la realizzazione di un trono, consegnandogli l’oro necessario per l’opera, ma Eligio da quel metallo ne realizzò ben due: impressionato dalla sua onestà e maestria, il sovrano lo nominò orafo di corte e maestro della zecca. Sempre secondo la leggenda, creò numerose opere di oreficeria, tra cui i vasi sacri e altri arredi liturgici per le principali chiese francesi. Durante il regno di Dagoberto I, Sant’Eligio fu tesoriere e si occupò anche di svolgere alcune missioni diplomatiche come pacificatore. Nel privato, si dedicò senza sosta alle opere di carità in favore dei più bisognosi e riscattò, con le proprie fortune, numerosi prigionieri di guerra; finanziò la costruzione di vari edifici di culto e nel 632 fondò un monastero a Solignac, a capo del quale pose l’abate Remaclo. Alla morte di Dagoberto I, scelse di abbracciare la vita religiosa e nel 640 fu eletto vescovo della diocesi di Noyon-Tournai. Da pastore si dedicò alla conversione dei pagani ancora presenti nell’area settentrionale del territorio; promosse il culto dei Santi di cui rinvenne alcuni corpi per i quali realizzò anche i preziosi reliquiari. Eligio si spense nel 660 in terra olandese, da dove i suoi resti furono riportati a Noyon solo nel 1952. Dopo la sua morte, Sant’Audoeno redasse la sua biografia, alla quale si ispirò anche Jacopo da Varagine che inserì una sua vita nella Legenda Aurea, arricchendola di numerosi episodi desunti dalla tradizione popolare. Il suo culto si diffuse in Francia, in Germania, in Italia; fu acclamato subito partono degli orafi, ma ben presto anche tutti gli artigiani dei metalli, e poi i carrettieri, i netturbini, i mercanti di cavalli, i maniscalchi lo elessero come protettore. In alcune località francesi si dà la benedizione ai cavalli nel giorno della sua festa.
Dal punto di vista iconografico, Sant’Eligio è solitamente raffigurato come vescovo o come orefice, o più raramente con attributi di entrambi i mestieri. A partire dal XIV secolo, si diffonde l’episodio prodigioso del cavallo cui il Santo tagliò e poi riattaccò una zampa per poterla ferrare più comodamente; per questo episodio che Sant’Eligio è patrono dei maniscalchi. Il soggetto è raffigurato da Sandro Botticelli nella predella della pala di San Marco con l’Incoronazione della Vergine e Santi ora agli Uffizi, realizzata per la cappella di Sant’Alò nella chiesa di San Marco a Firenze, su commissione intorno al 1488 dell’Arte degli Orafi. Altre volte è rappresentata la scena cosiddetta dell'”Onestà di sant’Eligio”, in cui si riporta l’episodio in cui il Santo realizzò per il re Clotario II due troni con l’oro consegnato per uno; oppure Eligio è ritratto nella sua bottega, quale maestro di zecca, come nel celebre dipinto di Petrus Christus. Una singolare raffigurazione – presente in due cattedrali francesi e nel Duomo di Milano nella vetrata di Niccolò da Varallo, dono degli orefici milanesi nel Quattrocento – si basa su una leggenda che narra di una visita al Santo da parte del diavolo nelle vesti di una donna: Eligio, riconosciutolo, lo agguantò per il naso con le tenaglie mettendolo in fuga.
