ANNIVERSARIO |
L'Aquila
/

L’Aquila, 80 anni fa le bombe sulla Zecca

7 dicembre 2023 | 22:04
Share0
L’Aquila, 80 anni fa le bombe sulla Zecca

Il bombardamento della Zecca: risale ad 80 anni fa una delle massime tragedie della storia aquilana

Esattamente ottanta anni fa, nel giorno dell’Immacolata, il bombardamento aereo sulla Zecca a L’Aquila ad opera degli alleati. L’obiettivo: colpire Hitler al cuore, distruggere i soldi della guerra. Ma le vittime non furono solo biglietti di banca.

Scoppi di motore e di mitraglia, insulti a mezza bocca e intimidazioni in una lingua che non si conosce. E i boati, le detonazioni, il frullo delle macerie che ricadono dopo la deflagrazione. Sono questi i rumori della guerra, i suoni che murano il silenzio in cui si annidano cospirazioni, speranze e dolore. La guerra oggi è lontana dall’Aquila. È un concetto fuori portata, nella sua realtà, anche per l’intero Paese. Eppure L’Aquila la guerra l’ha conosciuta: con un fragore infernale, con il fuoco calato dal cielo nel mezzogiorno di 80 anni fa.

Dopo venne lo sconcerto, perché le bombe erano cadute fuori le mura, sulla stazione, di modo che la città poté assistere allo sconvolgente spettacolo da una postazione rialzata e “privilegiata”. Poi venne la conta delle vittime: 294morti, di cui 19 operai, 25 civili e decine fra soldati tedeschi e prigionieri anglo-americani. Periti perché la forza di un ordine, in guerra, è devastante: distruggere la “zecca”, lo scrigno in cui Adolf Hitler custodisce i miliardi con i quali respinge e reprime.

Il luogo in cui la svastica, nel 1943, teneva sepolta una miniera d’oro, non era stato sempre così. Un rudere tuttora visibile nei pressi delle 99Cannelle testimonia la presenza di una conceria per pelli, risalente al XVII secolo. Analoghe attività venivano aperte nella zona della Rivera: prodromi di una fioritura nel ramo tessile che L’Aquila avrebbe conosciuto trecento anni dopo. Ma quando, nel 1925, il Demanio concesse in enfiteusi i capannoni e il fabbricato di un’ex conceria militare alla “Società Anonima Seta Artificiale Aquila”, nessuno poteva immaginare che nell’arco di 14 anni quei locali sarebbero stati giudicati idonei ad ospitare la Zecca di Stato. Quella di Roma, trasferita nell’autunno del 1941.

Vicino c’era la stazione, inaugurata nel 1875 e passata da capolinea a scalo solo nel 1883. Poco più di 60 anni prima del raid, e soprattutto di un evento storico che fa da spartiacque nella storia d’Italia: l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’inizio dell’occupazione nazista, l’inizio delle bombe, la guerra che divampa nella Penisola. L’Aquila si trasforma in base alle necessità della potenza occupate e si fa luogo d’internamento. Degli ebrei si fanno prigionieri, e prigionieri sono anche i 13 miliardi di lire che i tedeschi trovano nella filiale aquilana della Banca d’Italia. E poi ci sono le Officine Carte e Valori, che coniano denaro al ritmo di 600.000 biglietti di diverso taglio al giorno. Non è da Roma, diventata “città aperta”, che il Fűhrer può gestire il fronte italiano. Servono aree di riserva, proprio come L’Aquila. E allora anche la produzione di moneta può passare a 900.000 pezzi ogni 24 ore. Servono soldi, montagne di soldi, per fermare le forze alleate che stringono il cerchio attorno a Berlino. La conta, alla fine di tutto, è frastornante: 189 miliardi di lire.

Nel frattempo Mussolini è stato liberato, ma l’operazione “Quercia” è un’illusione, e così anche Salò. La guerra si combatte colpendo dove fa male. Spezzando le vie di comunicazione, affamando gli eserciti. L’ordine viene impartito: distruggere la Zecca e la stazione dell’Aquila. Nel mattino di mercoledì 8 dicembre, una trentina di bombardieri americani partono da Foggia: incomberanno sulla conca già prima delle 12, quando il loro “esploratore” segnalerà l’obiettivo da centrare con una circonferenza di fumo bianco. Immacolata.

Colpiranno lo scalo ferroviario, un treno di circa 20 vagoni, alcune abitazioni del borgo Rivera, e la Zecca, con i tanti dipendenti chiusi a lavorare. Questa parte della Storia non è asettica neanche se vista attraverso i semplici numeri, ma la ricostruzione aiuta ad andare avanti: la stazione verrà ripristinata otto anni dopo, e il dopoguerra, in fondo, sarà una lenta rinascita collettiva. Ma il rombo, il boato e l’orrore, sono spettri che popoleranno per sempre il racconto di chi era lì.