Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Vinicio Capossela

Quando la poesia incontra la musica nascono canzoni indimenticabili, come accade con i testi di Vinicio Capossela: ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.

Quando la poesia incontra la musica nascono canzoni indimenticabili che suscitano non solo emozioni ma anche la riflessioni su temi importanti della nostra vita e della cultura della nostra società. A lungo e per intere generazioni si è parlato dell’errare di Ulisse e soprattutto della figura di questo eroe che ha affascinato generazioni di poeti, artisti, letterati, registi, cantanti . Ulisse -Odisseo- secondo i greci viene presentato e definito da Omero nel Proemio dell’Odissea, come l’eroe greco: πολύτροπον1 (polytropon), «che ha ingegno versatile, multiforme; astuto, scaltro».

Quando la poesia incontra la musica nascono canzoni indimenticabili che suscitano non solo emozioni ma anche  la riflessioni su  temi importanti della nostra vita  e della cultura  della nostra società. A lungo  e per intere generazioni si è parlato  dell’errare di Ulisse e  soprattutto della figura di questo eroe che ha affascinato generazioni di  poeti, artisti, letterati, registi, cantanti . Ulisse -Odisseo- secondo i greci  viene presentato  e definito da Omero nel Proemio dell’Odissea,  come l’eroe  greco: πολύτροπον1 (polytropon), «che ha ingegno versatile, multiforme; astuto, scaltro».
La fama di questo eroe trasposta nelle opere d’arte  si deve dunque ad Omero che  nei suoi versi fa trasparire l’astuzia e l’intelligenza di Ulisse  che si sono perpetuate nell’immaginario artistico con una vitalità senza tempo, che continua fino a oggi a interrogare tutte le generazioni.  Si deve però a  Dante  Alighieri  la rappresentazione di questo eroe come  ricercatore della conoscenza coe si legge  nei  versi  del Canto  XXVI dell’Inferno della Divina Commedia. Versi  commentati  da una miriadi di interpreti delle terzine dantesche  che appunto mettono l’accento proprio sulla “ ricerca “, la stessa  che  lo condusse al limite del mondo conosciuto, ossia lo stretto di Gibilterra,  oltre il quale il sommo poeta colloca il monte del Purgatorio.
«Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver  come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza». Versi i cui commenti riempiono intere biblioteche ma che sono stati  anche cantati  come racconta il musicista ed etnomusicologo Ambrogio Sparagna nella raccolta di canti tradizionali popolari intitolata “Convivio. Dante e i cantori popolari”: “Edilio Romanelli, poeta popolare originario di Arezzo […] cominciò a cantare alcuni versi della Divina Commedia. […] Edilio mi raccontò che l’opera del “Sommo Poeta” era molto conosciuta e amata fra i pastori. Per cantare Dante, Edilio impiegava diverse linee melodiche che corrispondevano ognuna ad un verso specifico. Questo tipo di modalità musicale viene ancora praticata in Alta Sabina, nell’area di Amatrice, dove i poeti cantano Dante con l’accompagnamento della zampogna che ha la funzione di produrre piccoli interludi strumentali tra una terzina e l’altra”.
Ma qui  però voglio  parlare  della  canzone di Vinicio Capossela intitolata «Nostos», tratta dall’album Marinai, profeti e balene (2011). Il termine “nostos” indica in greco il «ritorno a casa», da cui deriva il sostantivo «nostalgia» ovvero il viaggio  di ritorno di Ulisse a Itaca.

Né pietà di padre, né tenerezza di figlio, né amore di moglie
Ma misi me per l’alto mare aperto
Oltre il recinto della ragione
Oltre le colonne che reggono il cielo
Fino alle isole fortunate
Purgatorio del paradiso

Nostos, nostos
Fino alle terre retro al sol e sanza gente
Itaca ha dato il viaggio

Le sue ombre di viti nel sole e nel miraggio
Le abbiam portate dentro
Come una bussola
Ci ha fatto andare oltre gli incantesimi
E i Lestrigoni
Oltre le lusinghe dell’eterna giovinezza

Ma a ritornare ora
La troveremmo vuota di gente e piena di sonno
Itaca ha dato il viaggio, Itaca ha dato il viaggio
L’hai avuta dentro, ma non ci troverai nessuno
(Oh, oh, oh, oh, oh, oh, oh, oh)

Fatti non foste a viver come bruti
Ma per seguire virtute e canoscenza
Considerate la vostra semenza
Considerate la vostra semenza

ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah
(Nostos, nostos) ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah
Nostos, nostos, perdere il ritorno
Nostos, nostos, perdere il ritorno
Batti le ali, fare da remi al volo (nostos, nostos)
Ali al folle volo
Batti le ali, fare da remi al volo (nostos, nostos)
Ali al folle volo

Fino alle terre retro al sol e sanza gente
(Oh, oh, oh, oh, oh, oh, oh, oh)
Fino alle terre retro al sol e sanza gente

(Fonte: Musixmatch)

Il testo inizia con “Né pietà di padre, né tenerezza di figlio, né amore di moglie / Ma misi me per l’alto mare aperto”, riprendendo sin dall’inizio i versi del canto XXVI dell’Inferno: “Né dolcezza di figlio, né la pieta / del vecchio padre, né ’l debito amore / lo qual dovea Pene lope far lieta […] ma misi me per l’alto mare aperto”. (vv. 95-100). Leggo su MitiKa ,dei uomini e miti in una serie di articoli :  “Capossela inizia dal terzo verso della narrazione dell’Ulisse di Dante, ovvero dalle motivazioni che non ci furono. Nè il padre, né il figlio (e questa diade iniziale non ci può far dimenticare che Dante conosce, invece, benissimo Virgilio e la scena della fuga da Troia di Enea), né l’amore per la moglie possono trattenere Ulisse dalla sua sete di conoscenza. E sta qui la differenza fondamentale tra l’Ulisse Omerico e quello dantesco: il primo viaggia per il Nostos, il ritorno; il secondo viaggia per non tornare.” http://deiuominimiti.blogspot.com/2013/04/mitiko-vinicio-2-nostos.html
Il cantautore sottolinea la spinta irrefrenabile provocata dal desiderio di Ulisse di viaggiare e di esplorare con i suoi compagni, andando oltre” il recinto della ragione / oltre le colonne che reggono il cielo”. Per il cantante, l’eroe greco è tuttavia preso da una forte tensione interiore: se, infatti, da una parte è spinto verso i limiti del mondo, dall’altra continua a sentire – quasi come un canto di sirena – il nostos, il desiderio del ritorno verso casa, Itaca, che non può mai dimenticare.
Capossela in questa sua composizione  cita un altro testo che parla del ritorno di Ulisse: la poesia Itaca, del greco Konstantinos Kavafis (1863-1933). Se il cantautore dichiara: “Itaca ha dato il viaggio, / l’hai avuta dentro, ma non ci troverai nessuno”, il poeta greco scrive:

«Itaca ti ha donato il bel viaggio. / Non saresti partito senza lei. /
Nulla di più ha da darti. / E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso. /
Sei diventato così esperto e saggio, / e avrai capito Itaca». Il rientro di
Ulisse oltrepassa i ricordi e le aspettative, perché l’esperienza produce
un essenziale cambiamento in lui e, quindi, in chi è in continua ri-
cerca esistenziale. Se per Capossela il viaggio stravolgerà a tal punto
l’animo dell’eroe greco che al suo ritorno non troverà o riconoscerà

Dice  Claudio Fabretti su Ondarock  “Capossela è un menestrello onnivoro che ha assorbito suoni e culture di ogni angolo del mondo. Partito con ballate intimiste da piano bar e confessioni alcoliche alla Waits, ha arricchito il suo repertorio – letterario, oltre che musicale – di un’umanità chiassosa e colorata. Ritratto di uno spiazzante protagonista della musica d’autore contemporanea” . E lo stesso Vinicio Capossela afferma: “All’ultimo anno di superiori scoprii Tom Waits. Mi misi ad ascoltarlo in classe, con il walkman, e da quel momento terminò il mio flirt con la chitarra elettrica e i gruppi rock: il mio interesse si spostò sul contrabbasso, sul sassofono, ma non era semplice trovare gente interessata a battere questa strada, perché tutti seguivano il rock.
”Terminate le superiori come perito chimico (titolo che gli servirà soprattutto per sperimentare le sue alchimie artistiche), si iscrive all’università e forma con la compagna dell’epoca il duo dei Blue Valentine (lui al piano, lei alla voce), esibendosi nei club per due anni (1986-’88) con una serie di standard internazionali, da  Tenco a Gershwin. Prosegue poi in versione solista sulla riviera romagnola e, per un periodo, a New York, dove si trasferisce per assorbire le cento voci musicali della Grande Mela: il jazz, in primis, e poi i grandi interpreti. Ma più che ai crooner classici alla Frank Sinatra e Bing Crosby, lui guarda agli States italo americani incarnati dal ruspante Louis Prima, a quello slang improbabile, figlio di migranti cafoni passati da Ellis Island e metabolizzati a fatica dal Nuovo Mondo. Il suo futuro Vic Damone ne sarà la naturale reincarnazione.

Seguono successi come   Lp, All’una e trentacinque circa (1990), Modì, opera seconda intitolata con un gioco di parole che richiama sia il termine francese “maudit”, sia (soprattutto) il nome del pittore livornese Amedeo Modigliani, al quale il lavoro è dedicato .La definitiva consacrazione arriva però nel 1994, quando Capossela pubblica Camera a Sud, che è anche il suo ultimo disco arrangiato da Marangolo e il primo pubblicato all’estero, in Francia,  Il ballo di San Vito (1996),  La sua maturazione artistica  giunge a compimento nel 2000, con un album monumentale: Canzoni a manovella. “È un disco di canzoni immaginarie – spiega Capossela – di cose che vengono dal profondo, che affiorano in scafandro e cilindro, un lavoro fabbricato con mezzi espressivi come le tecniche aerostatiche di cui vado molto fiero. Abbiamo usato una strumentazione composta di grancasse, orchestra sinfonica, piani chiodati, rullo, trombe, turbanti, sollevatori bulgari”. Nel 2006 esce Ovunque proteggi. Nel successivo Da solo  (2008) Capossela immette ancor più varietà narrativa: a essere messa in musica è una ricchezza di gioie e dolori, l’amore e la guerra, il circo, il Natale e finanche i calzini perduti. Come a voler tirar fuori tutto quel che si ha dentro in quell’attimo
Con  Marinai ,profeti e balene  nell’ottobre 2011, Vinicio Capossela si aggiudica la sua quarta Targa Tenco , dopo quelle già conquistate per il debutto di All’una e trentacinque circa (1991), per Canzoni a manovella (2001) e Ovunque proteggi (2006). Praticamente un record, a conferma di un talento senza rivali nel panorama dei cantautori  contemporaneo.
Mentre il mondo guardava  alla Grecia con il fiato sospeso per le note vicende legate alla crisi economica mondiale, Capossela le dedicava un disco intero. Una specie di omaggio o forse più che un omaggio. Si sente in quelle composizioni la forza di una ribellione interiore  che tende a rivendicare una identità culturale, una appartenenza, insomma una patria  dell’anima . Un disco  “suonato in greco”, per debito nei confronti della terra che “ha donato al mondo la civiltà” e “una delle più straordinarie musiche urbane del mondo: il rebetiko”.Un genere musicale che mette assieme  la tradizione bizantina con quella ottomana  che vide la sua  nascita nella Salonicco  degli anni Trenta del Novecento . Una operazione  culturale alla ricerca, anche lui come il suo Odisseo ,di un mondo ormai  lontano che ha visto lo splendore dei suoni  delle cetre , dei bouzuki  comporre  spartiti  sulle coste dell’Egeo .
Oggi la Grecia ,dopo anni di profonda crisi economica e sociale,  presenta  dati economici significativamente migliori rispetto alla media dell’Eurozona. Atene punta a mantenere lo slancio anche se il contesto generale non appare particolarmente favorevole e il suo debito pubblico è cresciuto .Le elezioni del luglio scorso hanno portato ad un governo monocolore  che dunque, almeno in linea teorica, dovrebbe garantire stabilità, proseguendo sulla strada delle riforme e del rigore di bilancio. Oggi la Grecia può  contare sulla possibilità di un turismo e sui servizi,settore in forte crescita,  piuttosto che sull’industria . Sicuramente il prezzo più alto, nel corso dell’ultimo decennio, è stato tuttavia pagato dalle fasce più deboli della popolazione a causa delle restrizioni dovute ad un regime di sorveglianza e di austerità.
Del “Nostos”, del ritorno a casa di Capossela  hanno parlato anche altri poeti e cantanti come per esempio Francesco Guccini con il suo Odysseus,  oppure Ugo Foscolo  con la sua poesia A Zacinto  ma  ne parlerò nelle prossime puntate .

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