La rubrica “Tutti i Santi giorni” del 9 dicembre: San Siro.
Il 9 dicembre si ricorda San Siro. La figura di San Siro trova fondamento agiografico in uno scritto del 1330, il «De laudibus Papiae», in cui si riporta una antica leggenda fiorita in Italia nell’ottavo secolo, con l’intenzione di vantare l’anzianità della Chiesa di Pavia nei confronti di quella di Milano, dalla quale la prima dipendeva. Secondo questa fonte Siro sarebbe stato il ragazzo che portò le ceste di pani e di pesci che poi Gesù moltiplicò; inseguito, sempre stando alla tradizione popolare, Siro avrebbe seguito Pietro a Roma e sarebbe stato da lui inviato nella Pianura Padana a predicare per la conversione di quelle popolazioni. Divenne quindi il vescovo di Ticinum Papiare, nome dato dai romani a Pavia. Un’altra Vita del santo, composta nell’VIII secolo, fa risalire il vescovado non a un discepolo di Pietro, ma a Sant’Ermagora, a sua volta discepolo dell’evangelista Marco e fondatore della diocesi di Aquileia. Dal punto di vista storico, poiché il terzo vescovo di Pavia, Evenzio, è documentato tra il 381 e il 397, il primo vescovo dovrebbe essere verosimilmente vissuto nel corso del IV secolo, per cui anche San Siro dovrebbe essere collocato in questo periodo. Inizialmente sepolto nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio di Pavia, il corpo di San Siro si trova adesso nella cappella a lui intitolata nel Duomo cittadino, opera del Bramante. Sul finire del 1800 il sacerdote Cesare Prelini scoprì sul pavimento, incise su una pietra della prima chiesa che accolse le spoglie del Santo, le lettere SURVS EPC – Siro Vescovo -. Quella lastra, insieme a un’altra complementare, andarono a formare un avello, subito identificato come prima sepoltura del Santo. La critica, supportata anche dalla ricerca archeologica, datò le scritte come appartenenti a epoche differenti, la prima, quella con il nome Siro, al I secolo e la seconda, successiva, al IV secolo. Si cercò allora di dare una spiegazione alla circostanza: Mons. Vittorio Lanzani, nella Storia Religiosa della Lombardia, inquadrò l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago di reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque come una prova archeologica di alta antichità che tramanda il nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della sua memoria e della custodia delle sue reliquie”.
Dal punto di vista iconografico, la più antica raffigurazione di San Siro è il bassorilievo nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio a Pavia, posta sul pilastro antistante la cappella a lui dedicata. Nell’opera il Santo è figurato in abiti episcopali, con un pastorale ed un libro in mano, in una tipologia che diventerà convenzionale e ripresa anche in altre opere posteriori. Il bassorilievo presenta ancora tracce dell’antica policromia: la casula, o pianeta, era dipinta di rosso, la dalmatica in verde, l’omophorion o pallio in giallo, il viso e le mani leggermente rosate. Sino a tutto il XVI secolo non esiste alcun riferimento alla presunta identificazione di San Siro nel giovinetto galileo che porse a Gesù i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione; questi elementi – in particolare un cesto con cinque pani e due pesci – compaiono solo dopo il 1600 e spesso vengono arbitrariamente aggiunti anche nei dipinti anteriori. Dal 1969 il Santo pavese non è più annoverato nel calendario universale dei santi della Chiesa cattolica. A lui fu probabilmente intitolata la chiesa di San Siro alla Vepra, che diede il nome al quartiere milanese di San Siro.
