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L’Aquila Capitale della Cultura 2026, quali sono le altre città finaliste

La Capitale della Cultura 2026 verrà scelta tra una delle 10 candidature selezionate dal Ministero. La proclamazione entro il 29 marzo 2024

Quale sarà la Capitale della Cultura 2026: ad entrare nella short list ministeriale sono state, oltre a L’Aquila, Agnone, Alba, Gaeta, Latina, Lucera, Maratea, Rimini, Treviso e l’Unione dei Comuni Valdichiana Senese. Scopriamo con quali progetti hanno presentato le diverse candidature.

Si trova lì, la Capitale della Cultura 2026: in una località fra l’entroterra molisano e la costa lucana, fra le complesse architetture del Doge alla natura bonificata durante il ventennio fascista. E chissà che non possa essere L’Aquila, che in autunno ha presentato la propria candidatura, poi finita nella selezione di 10 finaliste resa nota il 13 dicembre dal Ministero della Cultura. C’è grande attesa per l’evento, il cui percorso è partito il 21 aprile, con la pubblicazione del bando nazionale, mentre le risposte sono pervenute a Roma entro il 27 settembre. Ben note anche le prossime tappe per arrivare alla decisione finale: le “magnifiche 10” dovranno presentarsi il 4 e 5 marzo 2024 per le audizioni pubbliche: in quel contesto, ogni candidata potrà illustrare nel dettaglio il proprio progetto, giudicato da un’apposita commissione. La proclamazione della Capitale italiana della Cultura si terrà entro il 29 marzo 2024: la città vincitrice sarà assegnataria di un contributo finanziario di 1 milione di euro per concretizzare gli obiettivi delineati nel progetto di candidatura.

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Il progetto dell’Aquila ha per assi portanti salute pubblica e benessere, coesione sociale, creatività e innovazione, sostenibilità socio-ambientale. Il logo scelto raffigura in forma rivisitata e stilizzata il rosone della Basilica di Collemaggio. Attraverso il segno si propongono scenari e ambienti del passato per generare un ponte con il futuro grazie all’uso della tridimensionalità, con la quale si vuole creare in chiave immersiva la forte contaminazione tra scienza, cultura umanistica e tecnologia. L’Aquila Città Multiverso, è concettualmente proposta con le sue aree interne nelle sue molteplici dimensioni di territorio (tra locale e globale), virtualmente abbracciato a 360° da questa “sfera emozionale”. Nel logo sono evidenziati, attraverso delle sfumature, i cinque differenti colori che caratterizzano i cinque ‘cardini’ con cui vengono declinati gli assi portanti del dossier di candidatura: “Multiculturalità”, “Multidisciplinarità”, “Multitemporalità”, “Multiriproducibilità” e “Multi-naturalità”, che a loro volta, formano l’unicum del segno identitario della città.

Ma con chi dovrà vedersela il capoluogo d’Abruzzo?

Innanzitutto con Agnone (Isernia), che ha presentato un dossier intitolato “Fuoco dentro, margine al centro”. Agnone è la città delle campane, della Pontificia Fonderia e delle “’ndocce”, nome delle caratteristiche fiamme con cui vengono lavorati i pregiati metalli. Un’industria unica che nel tempo si è sviluppata attraverso attività artigianali, propaggini periferiche, per un edge che ospita 15 milioni di abitanti nell’arco dell’Appennino Sannita.

C’è poi Alba: la città in provincia di Cuneo si presenta con “Vivere è cominciare. Langhe e Roero, un’altra storia”. Parole prese in prestito da uno dei figli più illustri, Cesare Pavese (“Il mestiere di vivere”) per lanciare uno progetto che vede la collaborazoone di Alba, Bra, Langhe e Roero, comuni al centro di un territorio, quello delle Langhe, del Roero e del Monferrato, nominato patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2014.

Si chiama invece “Blu, il Clima della Cultura”, il dossier presentato da Gaeta (Latina). Il blu dipinto di cultura, di miti, di “ozio” che facilita la riflessione e l’introspezione. Gaeta punta sulla riscoperta del proprio ambiente, fonte di ispirazione per l’intelletto e di coesione per lo spettro, non solo cromatico, ma anche emotivo. E sempre da Latina viene il progetto “Latina bonum facere”. Tradizionalmente collegata alla bonifica dell’Agro Pontino, la provincia laziale decide di ripartire dal suo significato etimologico: “bonum facere”, fare bene, saper fare. Ripartire dal contatto con la terra, la natura e il lavoro dell’uomo, progressivamente abbandonati dalla civiltà contemporanea, e che oggi diventano fuochi di una nuova ellissi culturale.

Puglia e Basilicata si presentano con un dossier a testa. Nel primo caso si tratta di Lucera (Foggia), che ha depositato il suo “Crocevia di Popoli e Culture”. Lucera parte dalle origini, anzi, dalla prima lettera del proprio nome, per formare un monogramma realizzato con la rotazione in senso orario e antiorario del segno grafico. Il risultato è un incontro di linee che rimanda all’incontro di strade e culture: una convergenza dalla quale proiettarsi verso il futuro. A sostegno della candidatura sono personalità di spicco come Renzo Arbore, Albano Carrisi, Gianna Fratta e Rosa Diletta Rossi. Nel secondo caso invece ecco Maratea (Potenza), che ha ideato “Maratea 2026. Il futuro parte da un viaggio millenario”. E non avrebbe potuto chiamarsi altrimenti, l’istanza della città del marathus, il finocchio selvatico caratteristico dell’unico comune lucano che si affaccia – meravigliosamente – sul Tirreno. Un nome che rimanda alla Magna Grecia e alla colonizzazione che però ha lasciato molte tracce della civiltà enotria e di radici che risalgono addirittura al Paleolitico.

Per Treviso il cavallo di battaglia si chiama “I Sensi della Cultura”. Sono tanti, i sensi che la comunità trevigiana può dare alla propria cultura: quella architettonica e artistica, vista la mole di templi e chiese presenti sin da VI secolo. E ancora: i palazzi, le ville e i parchi urbani, il retaggio della Repubblica di Venezia. La candidatura è stata fortemente sostenuta dal presidente della giunta regionale Luca Zaia. Niente “Amarcord” per la città di Federico Fellini e Tonino Guerra: Rimini infatti porta avanti “Vieni oltre. Il futuro qui e ora”. Un progetto che punta al futuro, non cavalcando la cultura, ma promuovendo controcultura o tendenze sperimentali che pongono al centro l’attività delle nuove generazioni. La candidatura è coordinata da Paolo Verri, già responsabile del successo di “Matera 2019”.

Non poteva mancare la Toscana. In particolare, la candidatura dell’Unione dei Comuni Valdichiana Senese (Siena) che si autodefinisce “Seme d’Italia”. Terra di uva sangiovese e cipressi, il progetto della Valdichiana raccoglie a sé una moltitudine di bellezze difficile da ignorare: la sala consiliare di Cetona, il Parco dell’Acquasanta di Chianciano Terme, la cattedrale di San Secondiano a Chiusi, il cantiere d’arte a Montepulciano, l’opera in piazza di Pienza, il santuario di San Casciano dei Bagni, il teatro di Sarteano e Sinalunga, la Torrita di Siena e il museo di terracotta di Trequanda.

Capitale della Cultura 2026, che vinca il migliore.

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