Abruzzesi nel mondo

Joseph Sciorra, l’antropologo della cultura abruzzese in America

Carunchio a New York: Joseph Sciorra, l'antropologo della cultura abruzzese in America.

Carunchio a New York: Joseph Sciorra, l’antropologo della cultura abruzzese in America.

Il suggestivo borgo di Carunchio, nell’alto-medio vastese, con i suoi 579 residenti al 2021 (rispetto ai 2521 del primo censimento del 1861), ha sempre avuto una posizione strategica che consente di ammirare la splendida catena della Maiella e la stessa costa del Gargano. Il suo tributo però al fenomeno migratorio è stato tra i più elevati, come altri centri abruzzesi, specie nel “grande esodo”, verso il continente americano. In particolare nella “Grande Mela” la sua comunità si ritrova ora nel nuovo millennio, anche con i social, attraverso lo stesso Facebook, con il gruppo “Carunchio” e il suo esponente più famoso è il Prof. Joseph Sciorra, grande studioso delle sue tradizioni culturali e folcloristiche, ora rivendicate con grande orgoglio. In verità il suo cognome è noto negli Usa, più grazie a sua cugina l’attrice – produttrice, Annabella Sciorra. Lei, da oltre tre decenni è nel mondo del cinema ed ancor più nelle più note serie Tv (dal film “Cop Land”, con S.Stallone e R.De Niro, alla saga de “I Soprano”) rappresentando il volto di una famiglia abruzzese da cinque generazioni presente sul suolo americano, dopo “l’odissea” dei nonni, che prima erano  emigrati senza fortuna in Argentina, per poi trovare un futuro negli Stati Uniti. Qui agli inizi del ‘900 anche gli Sciorra iniziano una lunga e dura vita di lavoro, di sacrifici e di sofferenze, per integrarsi nella “Terra Promessa“. Ai figli o ai nipoti come Joseph Sciorra tocca ora il compito di raccontare e custodire quella lunga “traversata nel deserto”, improntando tutta la sua formazione scolastica, fino all’Università della Pennsylvania, dove si è laureato proprio in folklore e cultura popolare. Da qui, con tutto il bagaglio di un antropologo, lo studioso ha iniziato nell’immensa New York, nei suoi quartieri più periferici, ad occuparsi del recupero dell’intera tradizione folk, tra le varie etnie, proprio di quella della sua “Little Italy” e dei suoi “carunchiesi” presenti. In verità il suo lavoro non si limita a testimoniare il passato, ma anche a documentare il percorso musicale, dal folk tradizionale fino ai più moderni ritmi della musica rap. Uno studio che gli è valso il riconoscimento generale, anche nel mondo accademico e culturale americano, divenendo negli ultimi anni anche Direttore de “l’Italian American Institute”, intitolato a “John D.Calandra”, che ha la “mission” di recuperare e salvaguardare l’intera cultura italo-americana, attraverso tutti gli usi e costumi delle sue tradizioni, tracciati con i vari strumenti di comunicazione, dai libri ai documentari d’epoca, come ai film ed alla musica popolare e moderna. Un importante lavoro, che appassiona da anni il Prof Sciorra, con uno spirito più originale di altri suoi colleghi, che ne danno un ‘impronta solo conservativa, rispetto al suo approccio dinamico e proiettato verso il futuro, come testimoniato da libri come “Italian Folk” o dalle sue conferenze e seminari di studio, in ultimo altresì sulle feste cattoliche degli immigrati italiani. Un lavoro continuo, che lo vede impegnato in “ricerche sul campo“, nella sua cosmopolita città di nascita, ma anche nella Carunchio dei suoi avi, in cui torna per tenere vivi i legami e gli affetti, accolto da tutta la sua vitale e longeva comunità. Un esempio virtuoso, da segnalare proprio per il 2024, con la celebrazione delle radici italiane nel mondo e nella nostra “regione d’emigranti” per la quale egli potrebbe essere tra i più attivi ambasciatori in terra americana, al pari di altri famosi nostri intellettuali, ora orfani del grande Mario Fratti, come le Prof.sse Laura Benedetti e Maria Fosco. In un grande Paese, che ha caratterizzato la nostra massiccia emigrazione, specie a cavallo dei due secoli, con molte fonti, documenti e tracce del passaggio delle sue varie generazioni, che vanno assolutamente recuperate, prima che esse vadano disperse o restino nell’oblio per sempre. Per questo i musei dell’emigrazione nazionali e regionali dovrebbero avere più attenzioni e risorse, sia per gli studi e le ricerche, che per gli scambi culturali fino ai livelli accademici, con conferenze e pubblicazioni di pregio. Per questa doverosa missione, lo stesso CRAM, dovrebbe ricevere dalla Regione Abruzzo più stanziamenti nella nuova legislatura, con una maggiore rappresentanza delle associazioni abruzzesi, anche in altri Paesi ed ancor più articolata tra la nostra emigrazione storica, specie negli Usa, in Canada, in tutto il  Sud America ed in  Australia. In un recente convegno internazionale svoltosi a Roma, presso la Camera dei Deputati, si sono indicati i fini in maniera essenziale: “Studiare l’emigrazione di ieri per investire in un domani Interculturale”, promosso dal Deputato Fabio Porta, eletto nel collegio del Sudamerica, primo firmatario del DDL: “Disposizioni per la Promozione della Conoscenza dell’Emigrazione Italiana, nel contesto delle Migrazioni Contemporanee”, ora all’esame della Commissione Cultura di Montecitorio. Un confronto utile, come ha ribadito lo stesso Giovanni M.De Vita, responsabile del progetto “Turismo delle Radici”, del MAECI, che lodando la proposta di legge, ne’ ha auspicato un accordo “by-partisan”:”Il turismo delle radici, con 80 milioni di italiani nel mondo non è solo promozione del Made in Italy…c’è un legame di sangue con gli italo-discendenti e quindi dà la possibilità di fidelizzazione molto più forte del normale”. Questo grazie allo stesso “Passaporto del Turista delle Radici“, per rafforzare ancor più legami con i territori d’origine, specie nei piccoli borghi, dove gli intrecci familiari sono più stretti e vincolati da forti rapporti di solidarietà, che però nel passaggio delle generazioni si vanno fatalmente attenuando. Questa è la sfida che bisogna affrontare, con strategie e strumenti innovativi, che però devono essere innestati sulla gloriosa storia della nostra emigrazione, ricostruita e custodita in maniera certosina.

Ma alla fine, invece, questi italiani, ce l’hanno fatta-ha scritto G.Antonio Stella in Odissee – a guadagnarsi giorno per giorno stima e riconoscenza, a riappropriarsi con orgoglio di storie autentiche di miseria e disperazione “.

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