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Sport paralimpico, a #nosolocalcio storie di atlete che vanno oltre la disabilità

Elena De Paolis e Valentina Grassi raccontano a #nonsolocalcio la loro esperienza nello sport paralimpico, nell'ambito del progetto pilota che vede collaborare Cip e Univaq

Inclusione, solidarietà e consapevolezza di sé: sono questi gli ingredienti che rendono magico lo sport paralimpico e che vengono raccontati a #nonsolocalcio da Elena De Paolis e Valentina Grassi, operative nel progetto pilota sviluppato dal Comitato Italiano Paralimpico e dall’Università dell’Aquila.

Sport paralimpico, un’iniziativa volta a diffondere la cultura dell’integrazione sportiva legata alla disabilità, un universo per molto, troppo tempo rimasto sommerso. Canoa e canottaggio, raccontano le campionesse, sono veicoli perfetti per una maggiore consapevolezza di cosa può fare un atleta condizionato dall’handicap fisico. “Ho iniziato da bambina con la ginnastica artistica – racconta Elena De Paolisdopodiché da adolescente sono passata all’atletica leggera, praticando il salto con l’asta, attività che univo all’arrampicata e allo sci. Dopo l’incidente ho iniziato una seconda carriera sportiva, perché lo sport era ciò di cui avevo bisogno. Nel mondo dello sport paralimpico ho provato tre discipline: il tiro a segno, il canottaggio e la canoa, che pratico da sette anni”.

La disabilità è inevitabilmente uno spartiacque nella vita di un atleta. Ci sono cose, però, che restano sempre le stesse: il valore dello sport, l’amore per la pratica e il desiderio di migliorarsi. “Ho sempre fatto sport tecnici, quindi ho sempre mantenuto l’obiettivo di migliorare, andando ad individuare il particolare tecnico per ridurre il tempo di esecuzione. Il mio incidente risale a 12 anni fa, quando ancora non si parlava molto del movimento paralimpico, né di disabilità in generale, a parte esempi famosi come Alex Zanardi. Se avessi conosciuto anche solo una persona attiva in sedia a rotelle avrei affrontato diversamente la successiva rinascita. Ricominciando a fare sport e frequentando persone che si trovavano nella mia stessa situazione, mi sono resa conto che era possibile ricominciare a fare quello che facevo prima“.

Elena De Paolis ha davanti a sé obiettivi ben chiari: “Sono riuscita a qualificarmi per le Paralimpiadi di Parigi con la canoa. Faccio parte del Circolo Canottieri Aniene di Roma, dove ci alleniamo tutti i giorni sul Tevere, e due o tre volte a settimane facciamo doppio allenamento. Ho conosciuto la canoa alle Olimpiadi di Rio, dove ero riuscita a qualificarmi con il canottaggio. Ero sempre rimasta affascinata dai canoisti, che hanno una gestione più autonoma della barca e della pagaia. Una volta tornata mi sono messa subito a provare ed ho avuto belle sensazioni, perché riuscivo a raggiungere gli stessi posti degli altri canoisti. La nostra barca è solo leggermente più larga, poi sta a noi atleti adattarci a seconda della disabilità, per poter stare il più possibile in equilibrio“.

Il progetto Univaq si sviluppa anche tramite la testimonianza di Valentina Grassi:Il mio sport del cuore, che pratico a livello agonistico, è e sarà sempre il canottaggio. Quando ho cominciato venivo da tanti anni di nuoto, praticato a livello non agonistico. Poi nel 2012, per caso, ho visto la finale olimpica del doppio senior di canottaggio, nella quale Sartori e Battisti vinsero l’argento e da lì mi sono appassionata“.

Generico dicembre 2023

Scoprire lo sport paralimpico non è stato facile. “Dopo alcune ricerche su internet il punto di svolta è arrivato grazie ad un tecnico illuminato, Bruno Mascarenhas, a sua volta campione olimpico, che mi ha fatto provare nonostante la disabilità visiva. Il battesimo dell’acqua, al Cicrolo Canottieri, è stato bellissimo, anche perché il canottaggio è uno sport di equipaggio. Da lì è iniziato il mio viaggio inaspettato che mi ha dato una consapevolezza molto più ampia di me e del mio corpo. Attualmente sono istruttore al Cip, con il quale porto i nostri progetti di sport inclusivo nelle scuole, dalle elementari all’università. I bambini sono meravigliosi: loro non si pongono problemi per la disabilità: a loro interessa che che ci sia un cerchio di attività da svolgere“.

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