I cinturelli

I Cinturelli, la Zirichiltaggia di De Andrè e la contesa di Caporciano

Una canzone di De Andrè e la contesa della chiesa dei Cinturelli: perchè questo connubio? Ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica I Cinturelli.

I Cinturelli – La rubrica settimanale del Capoluogo, il contributo di Dino Di Vincenzo.  In una famosa canzone di Fabrizio De Andrè, ZIRICHILTAGGIA, viene portato a poesia un litigio di una famiglia sarda. La bega raccontata dal cantautore è uguale ai tanti litigi che spesso avvengono in famiglia, l’entità più piccola della nostra società. I nostri piccoli paesi, poco più che una famiglia, hanno anch’essi avuto le loro brave questioni, litigi più o meno aspri, più o meno lunghi, che, rivisti oggi ci fanno sorridere e divertire!

Alcuni di questi litigi, ormai lontani nel tempo, li racconteremo in questa rubrica. Ora ci appaiono futili questioni che nessuno prenderebbe sul serio, ma che allora forse, come sempre, qualcuno pensava di poterci speculare sopra.
La contesa della chiesa di Cinturelli non potevamo iniziare con una ontesa che riguardò quello che è il luogo che dà anche il nome al nostro giornale, Cinturelli. Una radura ventosa su cui sovente sventolano bandiere, gonfaloni sacri e profani, gazebo che si stagliano sul prato verde. Numerose persone che si riuniscono con le loro pecore, si scambiano i prodotti nelle fiere, ascoltano musica o omelie religiose. Sempre festanti. Così qualche anno fa descrivevo il luogo.
Un luogo simbolo per un ampio territorio, riconoscibile a livello regionale per la sua collocazione lungo la SS 17 dell’Appennino abruzzese e che, dopo il lungo restauro, è ormai un luogo di ggregazione comune. In una pietra sulla facciata, un graffito racconta il “miracolo” di una giumenta che, di ritorno dalla Puglia, qui si fermò. Le gesta che ne seguirono furono ritenute miracolose ed iniziò cosi la raccolta di fondi per ingrandire quella che fino ad allora era una piccola chiesa. Ma quel luogo è sempre stato importante. A cominciare dal III Sec. a.C. (che secondo alcuni studiosi è la data di nascita dei primi tratturi). Seguirono i romani che realizzarono la Via Claudia Nova e sancito dai vari insediamenti, i primi dei quali datati oltre mille anni prima di Cristo. E qui forse passò anche Annibale, tra il 217 e il 216 a.C., quando, nella seconda guerra punica, andò a combattere i romani
a Canne in Puglia. Ecco, questo luogo pieno di storia e vita, pur in un momento di declino della chiesa, a metà dell’800 divenne la contesa più importante tra gli abitanti di Caporciano e San Pio delle Camere. Tutto ebbe origini forse da uno scherzo o per interesse di qualcuno rimasto nell’ombra.

Il fatto è che quel luogo così frequentato allora dalle comunità di Tussio, San Pio, Caporciano, Bominaco e Civitaretenga, stimolò l’attenzione e, notte tempo, nel mese di giugno del 1857, in pieno Risorgimento ed ancora sotto il dominio del Regno di Napoli, il “termine” lapideo che segnava il confine tra i territori comunali di Caporciano e San Pio, fu rubato. Poichè in quegli anni ancora non esisteva il Catasto, il furto innescò problematiche importanti. Gli abitanti di San Pio presero a pretesto la mancanza del termine per rivendicare la proprietà del luogo. Ci furono alcuni cittadini che ne interessarono il Comune e questi, spalleggiato dall’autorità religiosa, prese posizioni ufficiali in avore della rivendicazione. I caporcianesi rimasero prima increduli e attoniti, poi montò pian piano la protesta. Che diventò sempre più vibrante, fino a prevedere le più svariate minacce di ritorsione.
Al mondo civile si associò ben presto quello religioso, trovando, le due parti, adepti e testimoni. La tranquilla convivenza dei due paesi che aveva caratterizzato fin lì i rapporti, rischiava di montare empre di più. E proprio ora che era stata finalmente sancita l’Unità d’Italia, nel 1861, in questo piccolo angolo d’Abruzzo, pali e forconi si brandivano sempre più minacciosi. Non poteva tollerarsi!
Il Prefetto dell’Aquila prese allora in mano la situazione. Ascoltò testimoni delle due parti: tecnici incaricati del riconfinamento, personaggi del mondo civile e religioso. Fra i tanti vennero ascoltati l’eremita Giuseppe Sidoni e la madre Angela Maria D’Amato, che abitavano nei locali dell’ex conventino annesso alla Chiesa, già dal 1845. Solo dopo otto lunghi anni, nel 1865, l’Autorità prefettizia dette ordine all’Arch. Domenico Zimei di rilevare e riportare su pianta la linea di confine. Fu quindi sancito ufficialmente che la chiesa apparteneva al Comune di Caporciano!

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.

 

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