Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Lavorare stanca di Cesare Pavese

Di Cesare Pavese la poesia “Lavorare stanca” racconta in senso profetico il malessere di una società. Ne parliamo nell'appuntamento settimanale con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Di Cesare Pavese la poesia “Lavorare stanca” racconta in senso profetico il malessere di una società, quella che viviamo ogni giorno, in cui la solitudine delle persone, insieme a problemi non solo di relazione ma anche di sopravvivenza economica ( mancanza di lavoro specialmente per i giovani e le donne, violazione e riduzione di alcuni diritti, incompleta difesa dei consumatori, ed altri problemi) si esprime anche attraverso le nuove tecnologie. Per esempio l’amore e le relazioni sociali vivono ormai nei social , quel luogo sintomatico in cui più forte si avverte la possibilità di vivere un’alienazione significativa. Secondo Pavese però un uomo non è un ragazzo e per questo non scappa di fronte a queste realtà , anche se la solitudine è forte, prepotente e dominante.

Traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa.
Ci sono d’estate
pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge
per un viale d’inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?

Dunque “ vale la pena esser solo, per essere sempre più solo ?” è l’interrogativo fondamentale di un uomo, un poeta che proprio della solitudine ha vissuto tutti gli inganni nella vita reale. Nella vita di ogni giorno Pavese ha incontrato l’amore per la letteratura, quella americana che fin dalla sua tesi di laurea ha cercato di divulgare . Tanto che questo suo amore è diventato un lavoro attraverso le traduzioni ormai famose di opere tra cui, per Frassinelli Moby Dick di Herman Melville, e opere di Dos Passos, Faulkner, Defoe, Joyce e Dickens. Ha incontrato anche l’amore per alcune donne ma sempre se ne è ritratto , a volte deluso, a volte amareggiato e sconfitto . Ma il poeta e anche l’uomo certo di una cosa : è l’incontro con una donna che può aiutare a superare la solitudine. E’ l’attesa dell’incontro con una donna che diventa essenziale per raccontare la storia di una vita .Un incontro da cercare, da volere . Non si può aspettare nella piazza deserta bisogna cercare e continuare a cercare.

Solamente girarle, le piazze e le strade
sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita.

E allora ,in questa solitudine che crea altra solitudine, forse il rimedio non è quello di scappare ma quello di cercare e forse trovare una donna, l’amore per una donna . In una sezione del libro “Maternità” Cesare Pavese si dilunga proprio su questa figura che rappresenta il principio e la fine di ogni cosa ,che a volte , ma non sempre, rappresenta un punto di arrivo , a volte un inizio ,un “incontro” essenziale, vitale. Proprio per scacciare la solitudine e ritrovare la vita che non va “attesa” ma va vissuta in due, in una casa ,insieme ad una donna.

Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.

Cesare Pavese nasce nelle Langhe, a Santo Stefano Belbo, nel 1908 e muore suicida a Torino nel 1950, due mesi dopo aver vinto il Premio Strega con La bella estate.
Con “Lavorare stanca” la raccolta di poesie che prende il titolo da un componimento compreso nella raccolta pubblicata nel 1936 a Firenze per le Edizioni di Solaria a cura di Alberto Carocci, Pavese fa il suo esordio nella letteratura. E’ una raccolta di poesie sotto forma di racconto in versi. Quarantacinque poesie divise in cinque sezioni che nel 1943 furono riviste per una nuova edizione pubblicata da Einaudi nel 1943 con l’aggiunta di altre poesie fino a settanta, sei sezioni in totale e un’appendice dell’autore composta da due studi : A proposito di certe poesie non ancora scritte e Il mestiere di poeta .
L’intera raccolta venne poi inclusa nel 1961 in Poesie a cura di Massimo Mila, Einaudi, e nel 1962 in Poesie edite e inedite, sempre dall’Einaudi, curate da Italo Calvino e nel 1968 nel volume I delle Opere di Cesare Pavese e nel volume Le poesie curate da Mariarosa Masoero con una introduzione di Marziano Guglielminetti.

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