Cultura

Tutti i Santi giorni, 21 gennaio: si festeggia Sant’Agnese

Sant'Agnese e la tradizione aquilana delle "malelingue" per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 21 gennaio.

Sant’Agnese e la tradizione aquilana delle “malelingue” per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 21 gennaio.

Il 21 gennaio si commemora Sant’Agnese. Diverse e discordanti sono le notizie sulla sua vita e il martirio. Sant’Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di illustre famiglia patrizia, probabilmente verso la fine del III secolo e sin da fanciulla aveva consacrato la sua vita a Dio. Secondo quanto tramanda la tradizione più attestata, il figlio del Prefetto di Roma si era innamorato della giovane, che tuttavia non lo ricambiava, al punto da cadere gravemente ammalato. Il Prefetto, saputo che Agnese aveva fatto voto di castità, le impose la clausura fra le vestali, con le quali avrebbe dovuto rendere il culto a Vesta, protettrice del focolare domestico. La giovane si rifiutò e allora venne rinchiusa in un postribolo, dove però nessun uomo osò toccarla.

Sant’Agnese fu quindi accusata di magia e condannata al rogo, ma le fiamme risparmiarono il suo corpo che rimase intatto; i suoi capelli crebbero al punto da coprire le sue nudità. La giovane fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, la iugulazione, nel modo con cui si era soliti uccidere gli agnelli. Il suo corpo fu sepolto a Roma, sulla via Nomentana. Ai tempi di Costantino il Grande, nel luogo della sepoltura, fu innalzata una basilica che Papa Onorio II fece restaurare nel settimo secolo e che tuttora è meta di devozione e pellegrinaggio.
Nell’iconografia tradizionale viene raffigurata come una giovane fanciulla dai lunghi capelli, spesso in compagnia di un agnello, simbolo del candore e del sacrificio.

L’Aquila e le malelingue.

L’origine della tradizione è incerta, ma una delle versioni più diffuse vuole che nei primi anni della fondazione della città, vari gruppi di persone si riunivano presso locande e osterie per criticare i signori locali. Uno di questi gruppi venne esiliato dalla città proprio il 21 gennaio; da qui presero il nome di “quelli di Sant’Agnese”. Furono riammessi dopo sei mesi, ma a condizione che non facessero più pettegolezzi all’interno delle mura cittadine: l’ostacolo fu aggirato poiché il gruppo cominciò a riunirsi poco fuori le mura, pare presso un’osteria vicino Porta della Rivera.
Sulla scorta di questo gruppo, ancor oggi esistono numerose confraternite di male lingue che ogni anno si riuniscono in grandi conviviali, in cui vengono elette le cariche sociali, alcune dal significato ovvio (ju Presidente, ju Secretariu, la Lengua Zozza), altre più colorite (la Mamma deji cazzi deji atri, la Lima Sorda, ju Zellusu, ju Recchie Fredde, ju Capisciò).
Secondo un’altra versione, agli inizi del XIV secolo, la Santa, di cui esisteva il monastero omonimo costruito a ridosso delle mura urbiche, vicino al convento di San Basilio, tra Porta San Lorenzo e Porta Paganica, divenne protettrice delle linguacciute, delle donne ai margini della società, insomma delle “malmaritate” – termine con cui si definivano le prostitute – e delle “giovinette pericolanti”. Il monastero ospitava anche le serve dei nobili che proprio in piazza San Basilio mettevano “in pazza” i segreti dei palazzi dove prestavano servizio. Nel 1874 il monastero fu inglobato nelle strutture del vecchio ospedale San Salvatore dove, tuttavia, sono ancora identificabili gli ambienti monastici e la Chiesa di Sant’Agnese.

Confraternita dei “Devoti” di Sant’Agnese.

La festa di Sant’Agnese, dal punto di vista goliardico con il “Palio della Maldicenza”, da parte della Confraternita Associazione “Devoti di Sant’Agnese / Pianeta Maldicenza”, si svolge dal 2004.

Il simbolo della confraternita dei Devoti di Sant’Agnese è l’immagine di un vecchio uomo, un fauno o un vegliardo, identificato come Socrate, con in bocca una rosa color oro, con lo stelo in orizzontale e due foglie disposte all’insù e all’ingiù, a indicare il ben parlare. È probabile che la testa rimandi a un rilievo del XVI secolo conservato sula facciata di un palazzo storico a L’Aquila, nel Quarto di San Pietro, situato all’incrocio tra via Roma e via Coppito; mentre un’altra immagine a rilievo risalente al XV secolo, che si vuole collegata ai goliardi devoti di Sant’Agnese, è visibile dietro la chiesa di Santa Maria Paganica in via Mazzini, e mostra un busto umano con la lingua di fuori, in una smorfia di beffa.

Canzone di Sant’Agnese Jugulata – Versi di Alarico Bernardi
Sant’Agnese jugulata
la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.
Sant’Agnese reprecata
‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.
A mezza strai, fra storia e tradizio’,
a L’Aquila te ‘nfrocio Sant’Agnese
che se rencora pe’ lla deozio’,
sintita da lla gente ‘e ‘stu paese!
“Quistu che pare propriu ‘nu borghittu,
è ‘na città borghese da ‘na freca!”
So’ pricisatu co’ ‘nu sorrisittu,
tantu ‘nguastita da non fa’ ‘na piega!
Sant’Agnese jugulata
la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.
Sant’Agnese reprecata
‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.
“Girenno pe’ ‘ste rue, mopa e rattusa,
me so’ ‘ncontrata co’ lla Maldicenza
che, pirchipètela, striscea sgaliusa
e tutti ji faceano riverenza!”
Pocu cchiù abballe, pe’ lla stessa via,
Pettegolezzo ‘icea ‘na fessaria:
“Fasse ji fatti se’! Non esse’ spia!”
Ma è chiacchiara’ che provoca gulìa!
Sant’Agnese jugulata
la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.
Sant’Agnese reprecata
‘na pipìzzela che non se’ po’ frena’.
S’attecchia co’ rapìa ‘na mala lencua zozza,
ironizzènno sempre su chi lla tene mozza!
Sant’Agnese jugulata
la reggina ‘e lla lencua e ju sfotto’.
Sant’Agnese reprecata
‘na pipìzzela che non se’ po’frena’.

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