Disturbi del comportamento, riconoscerli per aiutare i bambini: vinciamo la solitudine

Disturbi del comportamento, tante le persone che hanno bisogno di una bussola e troppe le famiglie sole. Negare una difficoltà è più semplice che affrontare una diagnosi, ma a farne le spese è solo il bambino
Disturbi del comportamento, bambini incompresi, famiglie sole o “a rischio etichetta”, già… ma quella di una lettera scarlatta al petto. Nel 2024 non si conoscono ancora abbastanza i disturbi del comportamento e, molto spesso, non siamo in grado di affrontarli.
Disturbi del comportamento – Autismo, disturbi d’ansia, ADHD e non solo, “sono tante le persone che hanno bisogno di una bussola e troppe le famiglie sole.Negare una difficoltà è più semplice che affrontare una diagnosi e attivare un protocollo, ma a farne le spese è solo il bambino“ ci spiega Adriana Pace, psicologa specializzata nell’Analisi del Comportamento.
“Il supporto di professionisti aiuta la comprensione, accompagna nella gestione e favorisce l’acquisizione di autonomie. Solo una corretta collaborazione tra famiglie, insegnanti e professionisti permette di affrontare al meglio le situazioni. Troppo spesso le famiglie, spaventate, tendono a chiudersi nel loro nucleo, nell’illusione di proteggere così il bambino”.
Come aiutare un bambino che soffre di disturbi del comportamento? Come non far sentire sole le famiglie che si ritrovano davanti la diagnosi di disturbi del comportamento sui loro figli? “Solitudine, mancata comprensione, pregiudizi, difficoltà: vivere e convivere con i Disturbi del Comportamento rischia, ancora oggi, di essere una faticosa corsa a ostacoli, in cui i giorni bui sono molti, gli sprazzi di luce sono invece pochi” aggiunge Adriana. Punto di partenza per aiutare chi soffre di Disturbi del Comportamento e chi vive accanto a loro – quindi famiglia, amici e scuola – è il “giusto approccio comunicativo: eppure troppo spesso l’azione del comunicare sembra un’impresa impossibile. La formazione sulla comunicazione aumentativa e alternativa è stata fondamentale nel percorso di studi ed ora sono pronta a mettermi a disposizione di chi sente di aver bisogno di aiuto”. Servono infatti preparazione e, forse, anche una certa predisposizione d’animo per poter lavorare in questa realtà. Bisogna partire dalle persone e da ciò che si portano dentro per capire come aiutarle. Lo dimostra la storia di Adriana Pace, un’aquilana che ha scelto di andare oltre: cioè di non fermarsi a riconoscere il Disturbo, ma di risalirne alla radice. “Perché questa persona ha scelto di comportarsi in questo modo?”
Così Adriana racconta la sua professione al Capoluogo.
La sua attività nasce da una prima esperienza lavorativa che le ha fatto capire molto. In primis, le ha fatto provare sulla sua pelle la difficoltà che purtroppo spesso si registra negli istituti scolastici, dove gli insegnanti frequentemente si ritrovano ad interagire con gli alunni che manifestano disturbi del comportamento. Un vissuto che l’ha portata a scegliere di tornare sui libri, per continuare a formarsi e a specializzarsi. Per questo, dopo la Specialistica in Psicologia della Devianza e Sessuologia all’Università degli Studi dell’Aquila e, soprattutto, dopo il lavoro come insegnante di sostegno in una scuola di Roma, ha deciso di intraprendere un Master in Supervisione dell’Analisi del Comportamento, per diventare un giorno quella bussola di cui piccoli e grandi possono avere bisogno.
“Un aiuto che desidero prestare a bambini, famiglie, ma anche ai numerosi casi in cui l’analisi comportamentale può intervenire per risolvere problemi”. Non solo, perché c’è un’altra sfida davanti a lei, intitolata “Il potere dell’ABA – Cambiare il comportamento per migliorare la vita”: il libro che la professionista aquilana ha scritto e che si propone come “strumento guida nella gestione di casi di Disturbi comportamentali, per far sentire le persone meno sole”. In questo lavoro, Adriana Pace è partita da un presupposto centrale: “Vorrei comunicare che l’analisi comportamentale, conosciuta prevalentemente per la valutazione e la riabilitazione del disturbo autistico, dovrebbe in realtà essere applicata a tutti gli altri disturbi comportamentali. È estremamente utile per la riabilitazione di funzioni perse in seguito, ad esempio, ad un ictus”.
“Constatare i troppi problemi che ci sono nelle sedi scolastiche, verificare quanto le famiglie si chiudano a riccio o scoprire quanto le famiglie siano lasciate sole nel contesto sociale, mi ha portato ad approfondire diversi temi ed ho capito che avrei potuto aiutare, in primis, agendo sui genitori. Da qui, la decisione di frequentare un Master successivo alla laurea: percorso che mi ha fatto focalizzare principalmente sull’aspetto comunicativo, strategico per capire il giusto approccio da avere con chi soffre di un Disturbo”.
Consapevole che anche un piccolo progresso sarà un grande risultato e un passo comune verso la stessa direzione, ora – conclude Adriana – “Voglio garantire quell’aiuto quotidiano a piccoli e grandi, voglio prenderli per mano: perché nessuno resti indietro e, soprattutto, perché nessuno si senta solo”.