Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Jacopone da Todi

Jacopone da Todi è stato uno dei più importanti poeti del Medioevo: ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.

Vita, pensiero e opere di Jacopone da Todi, politico, mistico e poeta nell’Italia dei Comuni, autore del “Pianto della Madonna”, “Stabat Mater” e “Donna de Paradiso”. Ne parliamo nell’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

La liturgia quaresimale,  uno dei periodi forti insieme al periodo dell’Avvento, propone ai credenti un percorso che va dalla vita alla morte e viceversa. Un percorso in cui alla fine la vita trionfa sulla morte con la resurrezione nella notte pasquale. Una notte ,tra le quattro notti della salvezza che instaura una speranza. Quella che propone la morte come la vide S. Francesco, una sorella che permette di abbandonare questo corpo e le sue naturali esigenze per volgere lo spirito ad un’altra dimensione. Di cui nessuno dei viventi ha fatto esperienza se non proprio nel momento della morte stessa. Una dimensione che la storia delle idee ha raccontato in diverso modo e di cui sarebbe qui troppo lungo darne conto. Idee e proposizioni che alimentano la nostra curiosità sul come possa essere qualcosa di cui a volte abbiamo paura e che sta tutto in una parola “aldilà “ ovvero di che cosa ci sia dopo l’istante in cui altri diranno di noi “ è morto”, “ non è più con noi”, “ ci ha lasciati”. Ma proprio in termini di curiosità non tanto per l’evento della morte a cui assistiamo quotidianamente nella realtà che ci circonda ma anche attraverso i social e i notiziari tv dove tale evento assume dimensioni drammatiche ( vedi i luoghi di guerra ) ma del dopo , voglio riferire luna ipotesi, l’ultima formulata in ordine di tempo su questo tema. Si riferisce ad una scoperta che solleva domande che vanno ben oltre la semplice ricerca di vita extraterrestre: mettono in discussione le nostre concezioni più profonde della realtà e ci fanno pensare che noi uomini come presuntuosamente vorremmo far credere purtroppo non abbiamo saccentemente “tutte le risposte”. Si tratta della scoperta di quella che viene chiamata dagli scienziati la “ città di Dio “ e che secondo alcuni pensatori appunto che si sono posti la domanda sul destino dell’uomo dopo la morte, sarebbe il posto dove confluisce tutta la nostra energia vitale una volta che lo spirito ha abbandonato su questa terra il corpo destinato appunto alla polvere. Il telescopio Hubble il 26 dicembre 1994 ha trasmesso uno scatto della galassia NGC 3079 in cui gli astronomi hanno visto, ad una distanza di 55 milioni di anni luce, un dettaglio particolare: una macchia bianca, apparentemente fluttuante tra le stelle., una struttura che ricorda una città, sospesa nell’oscurità dello spazio. Questa immagine ha scatenato la speculazione di quanti hanno ritenuto di dire che quello poteva essere l’aldilà ovvero il destino dell’energia vitale dell’uomo quando trasmigra dal corpo e da questa realtà terrena.

In questa riflessione io mi fermo alla speranza per il credente. Quella speranza che nelle letture della messa della seconda domenica di Quaresima traspare con forza sia nel testo di Marco che racconta la trasfigurazione di Gesù e prodigiosamente riesce a definire con le parole proprio quel momentaneo trapasso dalla vita reale terrena, alla vita dopo la morte : “….e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime : nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”per concludere ,proprio in termini di speranza mettendo sulla bocca di Pietro queste parole: “ Rabbi ,è bello per noi essere qui”,parole che saranno sulla bocca del credente appunto dopo la morte. Parlavo di un percorso quello quaresimale che appunto nella seconda domenica di quaresima che ho ricordato pregusta un anticipo della gloria pasquale di un mistero luminoso di gioia quale la vita dopo la vita che però deve passare attraverso il dolore . Un dolore il cui emblema è quello di Maria madre di un figlio che affronta passione e morte per compiere il destino di redenzione dell’uomo annunciato fin dal sacrificio richiesto come prova ma nei fatti non realizzato del figlio Isacco da parte del padre Abramo. E dunque propongo qui lo Stabat Mater (“Stava la madre”) che è una preghiera – più precisamente una sequenza – del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi. La prima parte della preghiera, che inizia con le parole “Stabat Mater dolorosa” (“La Madre addolorata stava”) è una meditazione sulle sofferenze di Maria, La seconda parte della preghiera, che inizia con le parole” Eia, mater, fons amóris” (“Oh, Madre, fonte d’amore”) è una invocazione e una richiesta di partecipazione al dolore della stessa Maria e di Gesù morto sulla croce. Una partecipazione che viene invocata cantando la strofa “ Santa Madre deh voi fate, che le piaghe del Signore , siano impresse nel mio cuore” durante la Via Crucis che si celebra ogni venerdì di Quaresima nelle chiese .I versi dello Stabat mater sono stati musicati da intere generazioni di musicisti da Alessandro e Domenico Scarlatti a Vivaldi, da Rossini a Pergolesi.,Haydn, Dvorak, , Gounod, Penderecki, Poulenc, Szymanowski, , Verdi

Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.
Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.
O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti!
Quae maerébat et dolébat,
Pia Mater dum videbat
nati poenas íncliti.
Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
in tanto supplício?
Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
doléntem cum Filio?
Pro peccátis suae gentis
vidit Jesum in torméntis
et flagéllis sùbditum.
Vidit suum dulcem natum
moriéndo desolátum,
dum emísit spíritum.
Eia, mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam.
Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.
Sancta Mater, istud agas,
crucifíxi fige plagas
cordi meo válide.
Tui Nati vulneráti,
tam dignáti pro me pati,
poenas mecum dívide.
Fac me tecum pìe flere,
Crucifíxo condolére
donec ego víxero.
Iuxta crucem tecum stare,
Et me tibi sociáre
in planctu desídero.
Virgo vírginum praeclára,
mihi iam non sis amára,
fac me tecum plángere.
Fac, ut portem Christi mortem,
passiónis fac consòrtem
et plagas recólere.
Fac me plagis vulnerári,
cruce hac inebriári
et cruòre Fílii.
Flammis ne urar succènsus,
per te, Virgo, sim defénsus
in die iudícii.
Christe, cum sit hinc exíre,
da per Matrem me veníre
ad palmam victóriæ.
Quando corpus moriétur,
fac, ut ánimae donétur
paradísi glória.
Addolorata, in pianto
la Madre sta presso la Croce
da cui pende il Figlio.
Immersa in angoscia mortale
geme nell’intimo dei cuore
trafitto da spada.
Quanto grande è il dolore
della benedetta fra le donne,
Madre dell’Unigenito!
Piange la Madre pietosa
contemplando le piaghe
del divino suo Figlio.
Chi può trattenersi dal pianto
davanti alla Madre di Cristo
in tanto tormento?
Chi può non provare dolore
davanti alla Madre
che porta la morte del Figlio?
Per i peccati del popolo suo
ella vede Gesù nei tormenti
del duro supplizio.
Per noi ella vede morire
il dolce suo Figlio,
solo, nell’ultima ora.
O Madre, sorgente di amore,
fa’ ch’io viva il tuo martirio,
fa’ ch’io pianga le tue lacrime.
Fa’ che arda il mio cuore
nell’amare il Cristo-Dio,
per essergli gradito.
Ti prego, Madre santa:
siano impresse nel mio cuore
le piaghe del tuo Figlio.
Uniscimi al tuo dolore
per il Figlio tuo divino
che per me ha voluto patire.
Con te lascia ch’io pianga
il Cristo crocifisso
finché avrò vita.
Restarti sempre vicino
piangendo sotto la croce:
questo desidero.
O Vergine santa tra le vergini,
non respingere la mia preghiera,
e accogli il mio pianto di figlio.
Fammi portare la morte di Cristo,
partecipare ai suoi patimenti,
adorare le sue piaghe sante.
Ferisci il mio cuore con le sue ferite,
stringimi alla sua croce,
inèbriami del suo sangue.
Nel suo ritorno glorioso
rimani, o Madre, al mio fianco,
salvami dall’eterno abbandono.
O Cristo, nell’ora del mio passaggio
fa’ che, per mano a tua Madre,
io giunga alla mèta gloriosa.
Quando la morte dissolve il mio corpo
aprimi, Signore, le porte del cielo,
accoglimi nel tuo regno di gloria.

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