Don Paolo Piccoli, in aula a Venezia la prima discussione

21 marzo 2024 | 07:15
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Don Paolo Piccoli, in aula a Venezia la prima discussione

Entra nel vivo con la prima discussione in aula il nuovo processo a Venezia per don Paolo Piccoli accusato dell’omicidio di un sacerdote. La Cassazione aveva annullato le sentenze di Trieste dopo il ricorso presentato dall’avvocato aquilano Vincenzo Calderoni.

Con la prima discussione presso la Corte d’Appello d’Assise di Venezia, entra nel vivo il nuovo processo che vede imputato con l’accusa di omicidio, don Paolo Piccoli, condannato in primo e secondo grado presso la Corte d’Assise di Trieste a 21 anni e 6 mesi di reclusione, la cui sentenza d’Appello, a marzo 2023, era stata annullata dalla Suprema Corte di Cassazione.

In aula questa mattina si terrà la discussione – in difetto di differenti determinazioni che saranno adottate durante l’udienza. La difesa è rappresentata dall’avvocato Vincenzo Calderoni, del foro dell’Aquila – che ha presentato il ricorso accolto in Cassazione. Con lui ci sarà anche il collega Alessandro Filippi, del foro di Venezia. Don Paolo Piccoli, ex cappellano militare, sacerdote veneto incardinato nell’Aquilano dove è molto conosciuto e dove ha prestato servizio presso le parrocchie di Rocca di Cambio e Pizzoli prima di diventare cappellano sulle navi da crociera, era stato accusato e condannato per l’omicidio di don Giuseppe Rocco, monsignore triestino all’epoca 92enne, il cui corpo fu rinvenuto il 25 aprile 2014 all’interno della Casa del Clero di Trieste dove entrambi i presuli abitavano. All’inizio, dopo il ritrovamento del corpo senza vita del monsignore, si pensò a una morte naturale, data anche l’età avanzata. L’accusa di omicidio arrivò diverse settimane dopo, a seguito di autopsia. A fare il ritrovamento, l’assistente di don Rocco, Eleonora Laura Di Bitonto che tentò di rianimare l’anziano, come registrato anche dalla telefonata fatta al 118. Sempre la perpetua, sia prima che durante le fasi del processo, fu l’unica grande accusatrice di don Piccoli, sola destinataria, tra l’altro, della cospicua eredità di don Rocco, (consistente anche in alcune unità immobiliari) che – stando a quanto riferito dalla stessa – avrebbe poi diviso con i nipoti del monsignore. Don Piccoli, dichiarandosi sempre innocente, aveva detto nell’intervista rilasciata al Capoluogo dopo la prima condanna: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore. Lui ha scelto per me, questa è la mia croce, la porterò è continuerò il mio cammino di purificazione”.  Il processo ha avuto un forte clamore mediatico: del caso se ne è occupata la trasmissione di Federica Sciarelli“Chi l’ha visto” e sia a Trieste che a Venezia sono presenti in aula le telecamere della trasmissione “Un giorno in pretura” che ha mandato in onda durante la scorsa stagione una puntata dedicata.

Don Paolo Piccoli, iniziato il nuovo processo a Venezia

Il ricorso della difesa accolto in Cassazione

Il ricorso presentato dall’avvocato Vincenzo Calderoni – pienamente accolto dalla Suprema Corte di Cassazione – riguardava alcuni aspetti del processo ed in particolare, chiedeva di applicare un principio di diritto in riferimento alla ‘prova tecnica’ in conformità con alcune pronunce della Cedu (Corte Europea dei diritti dell’uomo). “La ragione per cui il processo è da rifare sta nel fatto che è stato violato il diritto alla difesa dell’imputato, ed in particolare il diritto cosiddetto delle ‘armi pari’, il quale vuole che nella prova tecnica siano sempre ascoltati i consulenti della difesa. Quest’ultimo principio contrastava con un principio in auge presso la Suprema Corte fino allo scorso anno quando è stato invece recepito il principio citato”, spiega al Capoluogo l’avvocato Calderoni.

don paolo piccoli processo

Don Paolo Piccoli, le prove che hanno portato alla condanna di Trieste

A don Piccoli venne contestato di aver ucciso don Rocco per impossessarsi di alcuni monili che il sacerdote aveva nella stanza e soprattutto della collanina che l’anziano prelato indossava sempre; una tesi più volte smentita dalla difesa durante tutte le fasi di dibattimento. La collanina – come accertato di nessun valore commerciale – di fatto non è mai stata trovata, nonostante le diverse perquisizioni nella stanza dell’imputato, “se non al collo della perpetua”, come ribadito più volte dalla difesa.

Perchè il processo è tutto da rifare

Nel nuovo processo quindi bisognerà accertare se don Rocco è stato davvero ucciso o se invece deceduto per cause naturali o se la rottura dell’osso ioide che ha portato don Piccoli sotto processo, potrebbe essere avvenuta durante le operazioni autoptiche. Non si può escludere inoltre che sia avvenuta in occasione dello spostamento del cadavere da parte dell’impresa di pompe funebri, oppure – contestualmente all’autopsia – durante le operazioni di estrazione del blocco laringo-faringeo. “Prima dell’autopsia – chiarisce Calderoni – non era stata fatta una tac per fotografare la situazione. Così la difesa – che a Trieste era rappresentata sempre dall’avvocato Calderoni insieme al collega Stefano Cesco del foro di Pordenone ndr – non aveva potuto far valere le conclusioni dei propri consulenti tecnici che divergevano da quelle dell’accusa su aspetti che la stessa Cassazione ha ritenuto di fondamentale importanza. Per la Suprema Corte ancor prima di procedere all’individuazione dell’autore del delitto, del movente, dell’origine delle macchie ematiche rinvenute sul letto, risulta ineludibile (come si legge anche nella sentenza) ricostruire le cause della morte dell’anziano“.

l collegio giudicante è composto da: Elisa Mariani, Margherita Brunello, Silvia Sagui, Leonardo Vacca, Stefania Borsato, Angela Boaretto, Licia Prosdocimi, Maria Giuseppina Galati, Paola Tonini.

L’ultimo sacramento: il processo a don Piccoli a “Un giorno in pretura”