Il boss Francesco Schiavone trasferito nel carcere dell’Aquila, Sandokan è malato

Un altro boss nel carcere dell’Aquila, è tornato Francesco Schiavone, “Sandokan”, lo storico capo del clan dei Casalesi
Un altro boss nel carcere dell’Aquila, è tornato Francesco Schiavone, “Sandokan”, lo storico capo del clan dei Casalesi: sembra che all’origine del trasferimento ci sia – come nel caso di Matteo Messina Denaro – una malattia.
Detenuto al 41bis dal 1998, Francesco Schiavone, detto Sandokan, è arrivato nel carcere dell’Aquila. In realtà si tratta di un ritorno.
Il capo dei Casalesi è stato trasferito dal carcere di Parma alle Costarelle, proprio nella stessa palazzina dove era detenuto il boss Matteo Messina Denaro: Sandokan era stato già all’Aquila in altre fasi della sua detenzione. Ad esempio nel 1998, quando fu trasferito da Ascoli e, ancora nel 2008, nel corso del processo d’appello “Spartacus”, infine – riporta Il Messaggero– nel 2015, quando fu organizzato un volo notturno per il suo trasferimento a Sassari. Anche in questo caso, come era stato per Messina Denaro, ci sarebbero problemi di salute alla base della scelta di trasferirlo nel penitenziario aquilano. La sua documentazione clinica è nelle mani dei medici del San salvatore. Stando a quanto trapelato, probabilmente si seguirà la stessa organizzazione messa a punto per le cure di Messina Denaro. Quindi cure in carcere fin quando possibile e – quando sarà ritenuto necessario – si svolgeranno controlli e terapie in ospedale, nell’ala destinata ai detenuti.
Schiavone oggi ha 70 anni. Insieme a Francesco Bidognetti fondò il clan dei Casalesi e leader della Camorra napoletana e casertana. Fu arrestato l’11 luglio del 1998 nel suo bunker a Casal di Principe.
Solo due mesi fa il boss ha richiesto il rito abbreviato nel processo che lo vede imputato per tre omicidi, quello di: Luigi Diana, Nicola Diana e Luigi Cantiello. Si tratta del primo rito abbreviato nella storia giudiziaria di “Sandokan”, con noti lunghissimi trascorsi nelle aule giudiziarie a urlare la sua innocenza. Ed è stato proprio Francesco Schiavone a richiederlo, chiedendo la parola in videocollegamento con l’aula di giustizia di Napoli.
Foto di Ansa