Politica

Teramo sempre più crocevia del centrosinistra abruzzese

Il primo cittadino di Teramo D'Alberto deve rimettere mano alla Giunta dopo l'elezione in Regione di Cavallari. La città è sempre più centrale per il centrosinistra abruzzese

Percorrendo l’Autostrada da Roma in Abruzzo, se si è diretti a Teramo bisogna, in corrispondenza dello svincolo di Torano, prendere la sinistra. Ecco, oggi più che mai questo abbinamento vale anche per la lettura del quadro politico regionale: il destino dell’amministrazione teramana e della sinistra abruzzese sono intrecciati.

Tutti concentrati sulle trattative per la composizione della Giunta regionale e sull’avvio della legislatura, passa in secondo piano il delicato passaggio che sta gestendo il sindaco Gianguido D’Alberto. A seguito dell’elezione in Consiglio regionale l’assessore Giovanni Cavallari si deve dimettere, va sostituito. Come sempre in questi casi l’apertura del vaso di Pandora dà il la a richieste e pretese; D’Alberto si è preso qualche giorno per decidere. I più agguerriti sono quelli del Partito Democratico. Pamela Roncone, segretaria cittadina, è stata chiara e solo qualche giorno fa ha sottolineato “la necessità di un contributo ancora più robusto del Pd all’interno dell’amministrazione con il fine di rafforzarne l’azione”.
Il Pd non vuole finire ancora scottato: è ancora fresca la ferita di quando, dopo le ultime elezioni, benché avesse ottenuto più voti della lista di Cavallari, Bella Teramo, dovette accontentarsi di un assessorato in meno. Oggi reclama la riscossione di quello che considera un credito, contando di far salire sugli scranni dell’esecutivo il suo capogruppo Marco Di Marcantonio, che andrebbe ad affiancare la vicesindaca Stefania Di Padova.

Ma la posizione democratica deriva anche dalla lettura dei risultati del 10 marzo: con oltre il 18 per cento, il Pd ha ottenuto in città la migliore performance tra le liste del Patto per l’Abruzzo, contribuendo quindi al sorpasso ai danni della coalizione di Marsilio. 53 a 47.

Si è avuta la meglio anche a Pescara, certo, capoluogo persino più popoloso, ma il risultato di Teramo si arricchisce di alcune evidenze. Questa è la città governata da Gianguido D’Alberto, tra gli artefici di quel “Polis 305” che è stato l’embrione di Abruzzo Insieme, lista civica a sostegno di Luciano D’Amico, che in città ha ottenuto un roboante 14 per cento e che a livello regionale si è affermata con un lusinghiero 8, piazzando due consiglieri. Teramo poi alle elezioni comunali dello scorso anno diede vita al noto modello: coalizione larga e vittoriosa, anticipatrice di quella che avrebbe candidato D’Amico, e oggi assieme a Chieti è uno dei due capoluoghi governati dal centrosinistra. Solo che nella città teatina si soffre assai, anche per ragioni che oggettivamente prescindono dal quadro politico, mentre qui tutto sembra filare liscio. E non ci sono segnali che questo avvicendamento nell’esecutivo possa risultare particolarmente problematico per il sindaco.
Che le cose si aggiustino nella soddisfazione generale conviene, del resto, a tutti, Pd compreso, che in Abruzzo da anni, almeno da quando Michele Fina divenne segretario nel 2019, investe a tutti i livelli sulla coalizione larga: è bene che Teramo rimanga un riferimento di successo. Non è nemmeno un caso che proprio sul sindaco D’Alberto si siano abbattuti nel corso della campagna elettorale, e subito dopo, gli attacchi più diretti condotti dal centrodestra.
E D’Alberto? Si è molto parlato nel corso della campagna elettorale dei suoi presunti rapporti non idilliaci con D’Amico, ma le ipotizzate ruggini non si sono avvertite. La lista Abruzzo Insieme, come si è detto, è stata decisiva per un risultato complessivo che è considerato comunque positivo. Lui, che è anche presidente dell’Anci Abruzzo (molto si spese il Pd per farlo eleggere), terminerà il suo secondo mandato da sindaco nel 2028: un anno prima delle elezioni regionali e, quindi, del termine della legislatura che D’Amico condurrà, presumibilmente, da leader dell’opposizione.

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