Conte e Schlein i migliori alleati di Giorgia Meloni

L’appuntamento con “Camere con vista”. I migliori alleati di Giorgia Meloni? Conte e Schlein.
L’appuntamento con “Camere con vista”. I migliori alleati di Giorgia Meloni? Conte e Schlein.
Quante volte ci capita di sognare a occhi aperti un luogo, di ricordare una circostanza, avvertendo una sensazione piacevole che ci induce a continuare quanto possibile l’immersione tra i ricordi? Se, per molti, questo sogno rimane privato e segreto per Giuseppe Conte è palese: è Palazzo Chigi. Il palazzone sede della presidenza del Consiglio. Quando nell’agosto del 2019 Salvini, inebriato dal risultato delle europee più che dal sole o dal mojito, provò a detronizzarlo, l’avvocato del popolo tirò fuori le unghie. E alla Camera con un discorso al cianuro attaccò l’ex alleato. In suo soccorso arrivò Renzi che spinse il Pd a sostenerlo. Ma quando lo stesso Renzi staccò la spina, Conte, suo malgrado, fu costretto a lasciare quelle adorate stanze a Draghi, almeno fino a che non gli riuscì di indebolirlo e contribuire alla sua caduta. Come tornare a Palazzo Chigi? Non con il Pd di Letta, troppo legato a Draghi. Meglio aspettare. L’idea del campo largo è passata di mano, da Letta a Schlein. La neo segretaria, movimentista, poteva essere una alleata? Forse, ma c’è un problema. Vuole essere lui il leader. Il candidato naturale per Palazzo Chigi, e le alleanze si fanno e reggono dove è il candidato 5Stelle quello comune. E’ così in Sardegna. L’Abruzzo fa storia a parte, troppo debole per porre condizioni. Ma salta Bari, il sostegno a Emiliano. Incerta è la situazione di Firenze dove però il Pd non può fare concessioni. La Schlein dopo aver cercato di tessere l’alleanza ora attacca. Così passano in secondo piano eventuali dissidi nel centrodestra, scaturiti più che da divergenze programmatiche, dalla inevitabile concorrenza per le europee. Elezioni con il proporzionale puro dove ogni forza potrà contarsi. E i voti si guadagnano attingendoli dagli schieramenti più vicini, non certo dal fronte opposto. Ma se a Destra la competizione appare sfumata, e ciclicamente smentita, a sinistra lo scontro è aperto e evidente. I toni sono accesi, tanto accesi da far pensare che sia difficile che il fuoco possa spegnersi dopo il voto. Sia Conte che Schlein sanno bene che una vittoria contro il centrodestra passa soltanto con l’alleanza tra Pd e 5Stelle. E potrebbe non bastare. Servirebbero anche Calenda e Renzi. Ma i due sono afflitti dalla stessa patologia: le alleanze si fanno solo se sono loro a comandare. Pensare di dare le carte a Conte e Schlein è troppo anche per loro. Fotografata così la situazione il governo di Giorgia Meloni, o meglio l’alleanza di centrodestra, non ha nemici all’orizzonte. I principali oppositori litigano, e gli altri vanno in ordine sparso. Insomma, nella fotografia dell’oggi, non c’è alcuna alternativa.
Se le europee dovessero nella sostanza confermare il voto delle politiche tutto è destinato a continuare come ora. Nella Lega, se si confermasse davanti a Forza Italia, non ci sarebbe (forse) nessuna resa dei conti. Ma anche se ci fosse con l’indebolimento di Salvini non cambierebbe nulla per il governo. Diversa la situazione se ci fosse un flop clamoroso.
Sicuramente le elezioni europee avranno una grande importanza per tutto il fronte non governativo. Partiamo dai 5Stelle. Archiviato Grillo, le votazioni sul web, messi in panchina o fuori campo i leader storici, Conte si è impadronito del partito. Decide lui. Dell’antico furore ha mantenuto solo una presunta questione morale che adesso usa per prendere le distanze dal Pd, alle prese con la necessità di fare pulizia in sede locale. Conte ha un obiettivo, prendendo le distanze dal potenziale alleato cerca di strappare voti. Se pareggia con il Pd, o addirittura lo supera, sarà lui a rilanciare il campo largo, ma con lui leader e potenziale futuro candidato per Palazzo Chigi. In caso di sconfitta clamorosa si potrebbe aprire anche in quel fronte un problema politico? Nei 5Stelle convivono due anime: una favorevole a un accordo con il Pd e una vecchia anima, ora silente, legata all’idea di uno splendido isolamento. Non a caso che per chiudere con Emiliano è dovuto intervenire direttamente l’ex premier a dimostrazione che è lui a tenere, per ora, insieme le due anime.
Diversa la situazione della Schlein, lei rischia e forse per colpe non sue. Sotto accusa ci sono esponenti del Pd certamente non legati a lei. Ma se dovesse prendere una batosta a giugno sarebbe difficile sottrarsi al processo dei leader delle correnti.
Con attenzione va vista anche la situazione di Italia Viva e Azione. In queste elezioni Renzi e Calenda si giocano tanto. Renzi consapevole che il suo partito non avrebbe superato lo sbarramento del 4 per cento, ha cercato di percorrere due strade: la prima, fallita in partenza, è stata quella di richiamare la parte moderata del Pd. Ha spesso rincuorato i suoi assicurando che c’era una prateria da conquistare avanti a loro. Niente da fare. Dopo la rottura, soprattutto caratteriale, con Calenda ha pensato di attingere voti al centro. L’idea, rivelatasi sbagliata, è che dopo la morte di Berlusconi sarebbe iniziata la fuga da Forza Italia. Non è stato così. E anche l’idea di portare dalla sua parte quella parte che si riconosce in Lupi e Toti si è rivelata sbagliata. Forza Italia e Noi moderati andranno insieme al voto europeo. Renzi ha imbarcato così la Bonino e il suo partito, ha attirato ex Dc ed ex centristi. Una coalizione elettorale e non politica. Riuscirà a superare quella soglia del quattro per cento? Se dovesse fallire, Italia Viva dovrebbe abbandonare ogni sogno di gloria di un terzo polo e per sopravvivere dovrà scegliere: o a destra o a sinistra. Anche Calenda guarda alla soglia di sbarramento con preoccupazione. Lui con con il Pd si alleerebbe anche domani, ma senza i 5Stelle. Alle Europee dovrà mostrare la propria forza. Se non dovesse avere eletti non potrebbe che ripensare alla propria strategia per evitare di divenire ininfluente. Sia Renzi che Calenda avevano basato la loro strategia sull’impossibilità, per lo schieramento di centrodestra, di formare un esecutivo. A quel punto sarebbero divenuti protagonisti di una proposta per una grande coalizione con loro ago della bilancia. Illusioni. Il centrodestra ha una maggioranza e un governo stabile. E a litigare e separarsi sono stati gli aspiranti federatori
Questo aspettando giugno. Poi la politica italiana potrebbe subire dei cambiamenti importanti. Non per Giorgia Meloni, più preoccupata di definire il suo ruolo in Europa nei nuovi equilibri dopo i voto che delle conseguenze per il governo in Italia.
