Il caso

Ragazzo con autismo da solo a pranzare in classe: c’è sempre una soluzione, ma l’empatia non viene insegnata

Il caso di Marco, ragazzo con autismo, che rimane solo a pranzare in aula, mentre i compagni vanno a mensa. Il commento dell'esperto.

Il caso di Marco, ragazzo con autismo, che rimane solo a pranzare in aula, mentre i compagni vanno a mensa. Il commento di Matteo Gioia, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva: “Quanto è accaduto ad Amatrice dà fastidio, ma fa anche riflettere. È sempre possibile trovare una soluzione”.

“Sapere, saper fare, ma – soprattutto – saper essere. Autismo, sindrome di down, disabilità intellettiva, disturbi specifici dell’apprendimento e chi ne ha più ne metta. Queste sono le patologie con cui, ogni giorno, hanno a che fare professionisti sanitari (medici, terapisti, educatori, psicologi), insegnanti di classe e insegnanti di sostegno. C’è una cosa che, ahimè, non viene insegnata, l’empatia“. Così il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Matteo Gioia, commenta sul Capoluogo d’Abruzzo quanto accaduto in una scuola di Amatrice, dove un ragazzo di 18 anni, con autismo, è rimasto da solo, a pranzare, nell’aula in cui si tengono le lezioni, mentre i suoi compagni hanno consumato il pasto in un ristorante convenzionato a 200 metri dal cancello della scuola, raggiungibile senza neanche attraversare la strada, così come denunciato da Autismo Abruzzo Onlus.

Marco, ragazzo con autismo, separato dai compagni di classe a mensa

“Sono sicuro al 100% – sottolinea il terapista – che se andassi in giro a chiedere cosa sia l’empatia, in molti, anzi tutti, saprebbero rispondere. Sì, perché siamo tutti bravi a promuovere l’inclusione sociale, anche se a parole. Lavoro 8 ore al giorno per 5 giorni la settimana in un centro per l’autismo; un lavoro, quello del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, che ho scelto e che, con cognizione, porto avanti ogni giorno! Non sono un eroe e, come tutte le persone normali, incontro difficoltà, ostacoli da superare. Capire i pazienti (la famosa teoria della mente e la conseguente empatia di cui tutti si fanno portavoce) non è facile. Per anni ho combattuto contro l’esclusione, promuovendo l’inclusione, partendo proprio dalla scuola. Sono stato ambasciatore italiano per Special Olympics, promuovendo un progetto chiamato “Mission Possible” mirato alla creazione di team sportivi scolastici, proprio per promuovere l’inclusione partendo dalla scuola. Il lavoro dell’insegnante è duro, quello dell’insegnante di sostegno lo è ancora di più. Leggere quanto è accaduto nella scuola di Amatrice dà parecchio fastidio, fa discutere ma anche riflettere. In conclusione, ogni ragazzo autistico ha una sua personalità, con conseguenti difficoltà nell’inserirsi nel gruppo classe o nel contesto sociale, ogni insegnante di sostegno ha un suo metodo di insegnamento, magari trova difficoltà nel portare il ragazzo fuori a mensa, come nel caso dei giorni precedenti, ma c’è sempre la possibilità di improvvisare e trovare una soluzione: si pranza insieme in classe, se si ritiene che il ragazzo non possa essere portato in un lungo diverso“.

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