Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Seppellire i morti di Thomas Eliot

"Seppellire i morti": la poesia di Thomas Eliot sul tema della crisi generazionale. Ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Nella poesia “Seppellire i morti”, il poeta, saggista e critico letterario Thomas Eliot – che visse la crisi del nuovo secolo ancora nella sua giovane età – descrive in tono drammatico il mondo che diventa ai suoi occhi un luogo arido e desolato in cui nemmeno la primavera riesce a ristabilire un ordine di rinascita.

Tra il 1914 e il 1918 l’Europa fu ricoperta dai corpi di milioni di soldati da seppellire. Di questo, si parla nella prima parte del poemetto “ La sepoltura dei morti” che si dispiega dall’incipit dell’«Aprile crudele», dell’opera “La terra desolata” di Thomas Eliot ,dove radici ottuse si rifiutano di rispondere alla pioggia primaverile uscendo dal letargo mortale dell’inverno (vv. 1-7). E di centinaia di migliaia di morti,questa volta specialmente tra le popolazioni civili, si parla ancora oggi in due guerre alle porte dell’Europa. Un continente che grazie alle idee lungimiranti di Arterio Spinelli e dei suoi amici, al confino sull’isola di Ventotene , dove scrissero il manifesto che ha dato vita all’Europa unita, ha goduto di decenni di pace. Due guerre alle porte di casa nostra possiamo dire, l’una tra Russia e Ucrania, l’altra tra Israele e Hamas, entrambe con vittime civili. Perchè le guerre moderne , ricordiamo anche quelle dei Balcani, non hanno nulla a che vedere con le guerre tradizionali combattute da eserciti che si fronteggiano. Combattute sì da eserciti , che nel caso della guerra tra Russia e Ucrania comunque si fronteggiano, mentre nella guerra tra Israele ed Hamas c’è un esercito che tenta di annientare un gruppo di terroristi appartenenti alla fazione armata di Hamas, ma a spese anche di civili inermi. E soprattutto sono guerre combattute a distanza impiegando i moderni strumenti di morte: missili, droni armati , aerei che bombardano. Il corpo a corpo con la baionetta durante gli assalti alle trincee nemiche quando si riusciva a superare le barriere di filo spinato e il fuoco dell’artiglieria leggera, di quella prima guerra mondiale ormai è storia passata. Come pure le grandi battaglie napoleoniche che insanguinarono l’Europa fino all’estremo Don nella Russia che mise in campo il suo “generale inverno” per volgere in ritirata le truppe dell’imperatore corso.

“La sepoltura dei morti” dunque inizia così:
Aprile è il mese più crudele, genera
lillà dalla terra morta, mescola
memoria e desiderio, pungola
radici ottuse con pioggia primaverile.
L’inverno ci teneva al caldo, copriva
la terra di neve dimentica, nutriva
con tuberi secchi una vita minima.
L’estate ci sorprese, piombando sullo Starnbergersee
con un acquazzone; ci fermammo sotto il colonnato
e con il sole proseguimmo, fino allo Hofgarten,
e bevemmo caffè, e parlammo per un’ora.
Bin gar keine Russin, stamm’ aus Litauen, echt deutsch.
E quando da bambini, ospiti dell’arciduca
mio cugino, lui mi portò fuori in slitta,
io avevo paura. Mi disse, Marie,
Marie, tieniti forte. E giù andammo.
Su, tra le montagne, ci si sente liberi.
Leggo, quasi tutta la notte, e d’inverno vado a sud.
Questo incipit, che così folgorante ci ricorda il mese di aprile appena passato , sembra riferirsi a molti altri aprile . Infatti di un altro aprile per esempio si parla in “Monte Canino “ una canzone degli alpini il cui testo dice :
Non ti ricordi quel mese d’Aprile
Quel lungo treno che andava al confine
Che trasportavano migliaia degli alpini
Su-su correte: è l’ora di partir
Dopo tre giorni di strada ferrata
Ed altri due di lungo cammino
Siamo arrivati sul Monte Canino
E col sereno ci tocca riposar
Se avete fame guardate lontano
Se avete sete la tazza alla mano
se avete sete la tazza alla mano
che ci rinfresca: la neve ci sara’
perché l’è figlio di un vecchio alpino.
E gli mise la penna nera
perché l’è figlio di un vecchio alpin.
Un canto popolare che fa riferimento al monte in provincia di Udine, teatro, durante la guerra 15-18 di aspri combattimenti tra l’esercito italiano e quello austriaco. Composto dunque nel 1916. E di un altro aprile ancora si parla nella festa che commemora appunto il giorno 25 la liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo, ad opera degli Alleati, dell’Esercito cobelligerante Italiano e dalle brigate partigiane. Uno dei grandi classici del 25 aprile è “Linea Gotica” dei C.S.I., che dà anche il titolo a un album i cui componimenti rievocano la guerra partigiana, Ma anche l’album di Francesco Guccini “Quel giorno d’aprile” una ballata d’autore , L’ultima Thule, raccontata entro il contesto storico del 25 aprile con accenti di grande malinconia.

Eccone alcuni versi :
Il cannone è una sagoma nera contro il cielo cobalto
ed il gallo passeggia impettito dentro il nostro cortile
se la guerra è finita perché ti si annebbia di pianto
questo giorno di aprile
Ma il paese è in festa e saluta i soldati tornati
mentre mandrie di nuvole pigre dormono sul campanile
ed ognuno ritorna alla vita come i fiori nei prati
come il vento di aprile
Ma torniamo alla composizione di Thomas Eliot. “Aprile è un mese desolato” è l’inizio di un poema dal titolo “La terra desolata”. Si tratta dell’opera più celebrata del poeta ma anche di uno dei poemi più importanti e influenti del Novecento . Di appena 433 versi è ritenuto da molti il capolavoro della corrente poetica modernista, spesso in associazione ai Cantos (1917-1970) di Ezra Pound e all’Ulisse (1922) di James Joyce. Un incipit che sollecita la sepoltura dei morti e che continua così:
Quali sono le radici che afferrano, quali i rami
che sbucano tra questi rifiuti di pietra? Figlio dell’uomo,
questo non sai né puoi indovinarlo, perché conosci soltanto
un mucchio di immagini sfatte, dove picchia il sole,
e l’albero morto non offre riparo, e il grillo nessun conforto
e la pietra secca nessun suono d’acqua. Soltanto
ombra sotto questa roccia rossa,
(venite all’ombra della roccia rossa),
e vi mostrerò qualcosa che non somiglia
né all’ombra che vi insegue al mattino
né all’ombra che vi si fa incontro la sera;
vi mostrerò la paura in un pugno di polvere.
Frisch weht der Wind
Der Heimat zu,
Mein Irisch Kind,
Wo weilest du?
«L’anno scorso mi hai dato giacinti per la prima volta;
mi hanno chiamato la ragazza dei giacinti.»
– Quando siamo tornati, però, tardi, dal giardino dei giacinti,
tu avevi le braccia cariche, e i capelli bagnati, io non riuscivo
a parlare, e la vista mi veniva meno, e non ero
né morto né vivo, e non sapevo nulla,
lo sguardo nel cuore della luce, il silenzio.

Non si devono lasciare i cadaveri insepolti. Lo insegnano i miti di Edipo e Antigone, la storia di Palinuro nell’Eneide. La mancata sepoltura attira sciagure o pestilenze sui responsabili. La questione è antropologica – e lo sa bene Eliot che ha letto per esempio i miti e i riti mediterranei raccolti nel Ramo d’oro di Frazer.

Meglio sarebbe però se quei morti non ci fossero mai stati . Ne allora né ora. Si tratta ancora una volta di costruire la pace che nella giustizia eviti di stroncare vite umane. Come ci ricorda incessantemente papa Francesco che ancora nell’ultima sua visita pastorale a Verona ha detto a questo proposito, abbracciando Maoz Inon, israeliano, a cui Hamas ha ucciso i genitori il 7 ottobre, e Aziz Sarah, a cui la guerra ha strappato il fratello: “ La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri”(…) “Dice San Paolo: ‘Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato’. Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta ‘inevitabile’. Come diceva il vescovo Tonino Bello: ‘In piedi costruttori di pace!’”.

Parole che sono state messe in rilievo dal vescovo di Verona monsignor Domenico Pompili, che rivolgendosi a papa Francesco al termine della messa ha detto; “«Lei ci ha persuasi che la pace è un dono che nasce dall’alto, ma si fa strada dal basso. La sua parola senza sbavature afferma che la guerra non è un esito inevitabile. Dipende da ciascuno di noi. La guerra, infatti, nasce dalle azioni che compromettono il benessere sociale e l’equità economica, che mettono a dura prova la tenuta democratica, che negano l’ecologia integrale, che impediscono la convivenza e la mobilità dei popoli, che implementano l’industria delle armi»

Thomas Eliot sperimentò nella sua “The waste Land” (1922) un modernismo che distaccandosi dalla tradizione vittoriana riconsegnava ai versi lo stile dei poeti inglesi secenteschi. .
In questo suo capolavoro tradotto in italiano come “La terra desolata “, il poeta dunque mostra la propria concezione del mondo moderno: una terra spettrale in cui l’assenza di fede e l’aridità spirituale hanno privato la vita di ogni significato. Probabilmente questa sua concezione della vita fu ispirata dai problemi familiari che lo costrinsero a ritirarsi a Losanna In Svizzera per un esaurimento nervoso. Qui scrisse questo poemetto di pochi versi ( appena 433 ) . Problemi superati con la separazione dalla moglie Vivienne che affetta da malattia mentale dovette essere ricoverata in una clinica psichiatrica dove morì nel 1947. L’anno successivo T.S. Eliot ricevette il premio Nobel per la Letteratura. Morì a Londra nel 1965.

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