I dati

Luci e ombre nell’Abruzzo che si spopola

L’Abruzzo si spopola, dice l’Istat, e presenta dinamiche proprie del Mezzogiorno, non senza qualche importante segnale di dinamismo

L’Abruzzo si spopola, invecchia e fa sempre meno figli ma offre qualche segnale interessante che riguarda la vivacità economica e la qualità della vita.

E’ un quadro in chiaroscuro quello che emerge dal rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese, che dedica una sezione ai territori. I dati confermano e ampliano quelli del Censimento regionale diffusi qualche giorno fa, dove venivano tra le altre cose evidenziati su base annuale un calo dell’0,3 per cento dei residenti (3323 in meno) e un nuovo record di denatalità, con 8023 nati, 267 in meno della rilevazione precedente.
Tendenze nazionali, così come altre demografiche diffuse dal nuovo rapporto dell’Istat, dal respiro temporale più lungo. I 1.272.627 residenti in Abruzzo (cifra aggiornata al primo gennaio 2023) sono il 4,4 per cento in meno rispetto a dieci anni prima. Il dato assume ancora più valore se si tiene conto che nel corso del periodo dal 2002 al 2012 si era invece registrato un incremento del 5,5 per cento, sostenuto in particolare da un saldo migratorio attivo del 7,5 per cento. Il calo di popolazione abruzzese è tra i più rilevanti nel Paese: peggio fanno Molise e Basilicata, dove il decremento supera il 7 per cento, Calabria oltre il 6, Sicilia e Liguria oltre il 5, Sardegna e Puglia anch’esse oltre il 4. Si osserva perciò che con l’eccezione della regione con capoluogo Genova la dinamica è in qualche modo propria del Mezzogiorno, dove infatti nel complesso la diminuzione decennale della popolazione è del 4,7 per cento. Il dato nazionale dice meno 1,8 per cento. L’Italia nei prossimi venti anni, è la proiezione dell’Istat, perderà tre milioni di abitanti, che saranno 8,6 in mezzo secolo.
Da segnalare anche il netto calo in Abruzzo dei residenti con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni, il 16,9 per cento quando dieci anni prima erano il 23,2. Un andamento per proporzioni simili nel resto del Paese. L’indice di vecchiaia (ovvero il rapporto percentuale tra il totale degli over 65 e la popolazione di età fino 14 anni) è in Abruzzo 212,8, contro il 193,1 nazionale e il 179,8 del Mezzogiorno. L’indice di dipendenza strutturale (il rapporto tra il numero di individui non autonomi, con meno di 14 anni e più di 65, ogni 100 potenzialmente indipendenti, quindi di età compresa tra 15 e i 64 anni), in Abruzzo è 59,1, in crescita di sei punti in dieci anni, una tendenza uguale ovunque. Qui si fa meglio della media italiana (61,7) ma peggio del Mezzogiorno (55,6).
Buona e per certi versi inattesa la performance regionale nei parametri che misurano l’accessibilità delle scuole, dove l’Abruzzo nel Sud, assieme alla Basilicata, spicca perché i valori si collocano quasi tutti al di sopra dei livelli medi nazionali, sia per quanto riguarda il trasporto pubblico che la raggiungibilità attraverso i mezzi privati. Da sottolineare poi che quattro abruzzesi su cinque sono nelle condizioni di raggiungere una struttura ospedaliera in meno di quindici minuti e che la provincia di Chieti, assieme a quella di Cagliari, è la migliore in tutta l’Italia meridionale, comprese Sardegna e Sicilia, nell’indice composito di forza economica, che raccoglie la densità di imprese, di addetti, di addetti in microimprese, di addetti in servizi a elevata tecnologia, integrandovi il valore aggiunto per addetto e la quota di unità locali solide. L’Abruzzo poi insieme alla Sicilia è l’unica regione del Mezzogiorno dove l’incidenza dei giovani che vivono in famiglia non supera il livello del dato nazionale.

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