Camere con vista

Elezioni europee, non è la Champions ma un derby di casa nostra

Elezioni europee, sarà l'affluenza a dire se i cittadini sono interessati alla competizione. Intanto il confronto è tutto interno a partiti e coalizioni

Elezioni Europee, più derby che Champions. L’approfondimento “Camere con vista” di Giuseppe Sanzotta. 

Ormai manca poco al voto per le elezioni europee. Ma girando per le città italiane è lecito porsi la domanda se gli elettori siano effettivamente interessati alla competizione. Un dubbio che potrà essere sciolto soltanto quando saranno noti i dati dellaffluenza. Eppure l’Europa è spesso l’alibi o il salvagente da tirare in ballo alla bisogna. Però un po’ tutti guardano al voto pensando a casa nostra. Così non poteva mancare tirare in ballo anche Mattarella. Il presidente a cui si appella la sinistra pensando che possa porre un argine al governo di centrodestra e a cui guardano anche a destra, dove sono in molti a dare per scontata la protezione del presidente nei confronti di Giorgia Meloni. Forse il presidente fa soltanto il Capo dello Stato.
Ci ha pensato l’esponente leghista Borghi a chiamarlo in causa per alcune sue dichiarazioni sull’Europa in occasione del 2 giugno. Immediata e scontata la replica a sinistra, che ha subito puntato il dito su Palazzo Chigi. Che fa, presidente Meloni non stoppa il suo alleato? Anche perché Salvini, inizialmente, è sembrato sostenere il suo esponente. Poi il “capitano” ha precisato, sminuito, fino a confermare piena fiducia nel presidente della Repubblica. Tra i bene informati c’è chi parla di interventi di Giorgia Meloni per circoscrivere la polemica. C’è chi la dice arrabbiata e chi no. La cosa certa è che Salvini, sollecitato o meno, è intervenuto per chiudere la polemica. Ma tanto è bastato all’alleato di governo, più europeista di tutti, cioè Antonio Tajani, per marcare le distanze. Quando sarà chiusa la partita elettorale delle elezioni europee e si dovrà pensare alla formazione della commissione, gli alleati in Italia potrebbero trovarsi su fronti diversi. In effetti FdI, Lega e Forza Italia fanno parte di tre famiglie europee diverse. Li unisce, oltre che la collaborazione in Italia, il desiderio di escludere una nuova maggioranza tra i popolari e i socialisti. Così, se Tajani, con i popolari, è per la conferma di Ursula von der Leyen, la Lega è contraria. Giorgia Meloni ha stabilito un buon rapporto e difficilmente farà mancare il proprio apporto alla conferma se i conservatori dovessero sostituire il gruppo socialista.

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Questi conti si faranno dopo. Intanto, con il sistema di voto del tutti contro tutti non mancano sgambetti e tentativi di invasione nel campo vicino. Quella  X che ricorda la Decima Mas agitata da Vannacci sembra proprio un tentativo di fare breccia su qualche nostalgia. E qualcosa è successo se c’è qualche esponente ex parlamentare missino che sui social fa sapere che voterà Vannacci. Poi, per rovescio della medaglia, ci sono esponenti leghisti, non solo Zaia, che dicono apertamente che non voteranno il generale. E la conta finale interesserà soprattutto Salvini. Se la scelta dovesse rivelarsi vincente, per evitare il sorpasso di Forza Italia il vicepremier uscirà rafforzato. Forza Italia, terminata la paura del dissolvimento dopo la morte di Berlusconi, sogna di scavalcare nei consensi la Lega. Comunque, per precauzione, in qualche modo fa appello a Berlusconi, o almeno al suo ricordo. FdI non soffre di tensioni interne, ma ritiene fondamentale attestarsi introno al dato delle ultime politiche. Visto l’andamento dell’elettorato negli ultimi anni (chiedere a Renzi, Conte e Salvini) sarebbe un successo.

A sinistra è sicuramente peggio. Si sa che Salvini non solo spinge perché l’Italia si differenzi dalle intenzioni Nato sugli interventi in Ucraina, ma vorrebbe rivedere anche l’invio di armi. Per ora, comunque, non si è mai dissociato nel voto. Invece il cosiddetto “campo largo” si nuove in ordine sparso. Conte ha messo la sua faccia su tutti i manifesti elettorali sopra la parola pace. E chi non vorrebbe la pace? Ma è un modo per segnare le distanze dal Pd, che, invece, quando si è trattato di votare per l’invio di armi si è espresso in modo opposto. Conte insiste sul pacifismo perché da sinistra c’è chi vorrebbe strappargli la medaglietta di pacifista dell’anno, è quel Michele Santoro che spera di raggiungere il quorum pescando nei 5Stelle e nel Pd, proprio sul tema del disarmo. La Schlein, che personalmente è più in sintonia con Conte che con il resto del partito, sa che in questa elezione si gioca tutto: così ha avuto la “brillante idea” di mettere in campo una lista minestrone dove c’è di tutto. L’anima storica del Pd, quella che ha sempre votato per l‘invio di armi, è il cattolico Marco Tarquinio, che è giunto a ipotizzare il superamento della Nato. Il sogno è di prendere i voti degli atlantisti e dei critici. Naturalmente c’è il rischio opposto, quello di perdere gli uni e gli altri. O, nel dubbio, di favorire il già numeroso esercito degli astensionisti. Corre rischi? In un partito dove nella stanza del segretario c’è una porta girevole, come quella di alcuni hotel, il rischio di trovasi nella parte in uscita è reale. Certamente di segretari ne sono stati bruciati molti, anche se la lista dei pretendenti è ancora lunga. Tra questi in passato era stato fatto il nome di Gentiloni, attuale Commissario europeo. Gentiloni, dopo le elezioni, dovrebbe lasciare Bruxelles. Giorgia Meloni non ha scoperto le carte sul suo sostituto. Qualche giornale ha provato a lanciare il nome di Giorgetti. Comunque la partita per l’Europa si giocherà dopo. Ora, pur con la bandiera con le stelle, quella della UE, il confronto è tutto interno. Non è la Champions, ma un derby del nostro campionato nazionale.

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