Camere con vista

Camere con vista, il terremoto europee che ha rinforzato Giorgia Meloni e Elly Schlein

Camere con vista: l'approfondimento politico a cura di Giuseppe Sanzotta Il governo esce rafforzato dalle europee: un successo personale di Giorgia Meloni che migliora le percentuali di 2 anni fa senza "cannibalizzare" i partiti alleati.

Camere con vista: l’editoriale di Giuseppe Sanzotta. L’analisi delle europee, un “terremoto” che ha riforzato Giorgia Meloni e Elly Schlein.

Prima di esaminare quanto accaduto in Italia uno sguardo va rivolto all’ Europa. Due paesi fondamentali della Ue, cioè Francia e Germania, hanno visto crollare con il voto europeo il consenso dei partiti di governo. In Francia si andrà addirittura al voto a fine giugno. Macron prova un gioco pericoloso: potrebbe chiamare a raccolta tutti le forze contro la destra e, complice il doppio turno elettorale, provare la rivincita. O, in caso di sconfitta, chiamare la destra a governare nella convinzione che chi deve prendere decisioni rischia sempre l’impopolarità in una fase come questa. In effetti i partiti di governo non godono buona salute, cresce il disagio delle popolazioni più fragili e cresce la protesta. Tra qualche giorno si voterà in Gran Bretagna e le previsioni sono unanimi nel prevedere la sconfitta dei conservatori. Anche in Ungheria, dove Orban appariva il padrone assoluto, l’opposizione rialza la testa. Ci sono state due eccezioni: la Spagna dove non ci sono stati stravolgimenti (ma i dati economici spagnoli sono buoni) e soprattutto l’Italia. E proprio del nostro pase vogliamo occuparci, rimandando ad altre considerazioni una riflessione, pur doverosa, della scarsa affluenza al voto. Fenomeno diffuso ovunque. Ebbene il governo esce rafforzato. E’ stato sicuramente un successo personale di Giorgia Meloni che migliora le percentuali di due anni fa senza cannibalizzare i partiti alleati. Non ci sono stati tracolli tali da creare tensioni. Semmai è stata rafforzata ulteriormente la figura della premier.

Forza Italia sembra poter marciare con le proprie gambe anche se nel simbolo ha ancora il nome di Berlusconi. Tajani sembra muoversi con cautela, confermando l’identità del partito. moderato, europeista e parte del partito popolare. Forse potrebbe accentuare queste caratteristiche per crescere ulteriormente. Adesso l’asticella è stata portata al 20 per cento. Ma forse sarà un effetto dell’euforia post voto e della soddisfazione di aver scavalcato Salvini. La Lega ora sembra l’anello debole della coalizione. In quattro anni è passata dall’essere il primo partito del centrodestra al terzo e ultimo posto. La candidatura di Vannacci non è stata ben gradita da tutto l partito.

Bossi ha perfino ostentato il suo voto per Forza Italia. Ma la Lega non è crollata, resiste con quel suo 9 per cento. Però quanto questa resistenza è dovuta al successo personale del “generale”?. E Vannacci adesso accetterà di occuparsi solo del suo ruolo in Europa? Vorrà contare nel partito con il rischio di far saltare gli equilibri interni? Oppure potrebbe agire da vero esterno creandosi una forza autonoma anche per arruolare proseliti sparsi in diversi schieramenti di destra? L’uomo che ha aiutato Salvini a superare un momento difficile può divenire un un problema? Dubbi che soltanto il tempo potrà sciogliere. Inoltre quale sarà, se ci sarà, il confronto dentro la Lega? C’è un problema, Zaia. Se non si cambia in extremis la legge il governatore non potrà essere rieletto alla regione. Così serpeggia la voce secondo la quale potrebbe entrare come ministro nella squadra di governo. In ogni caso il governo non sarebbe sfiorato dalle questioni interne al carroccio. Ma chi lascerebbe il posto al governatore del Veneto?

Molto più problematica la situazione negli altri schieramenti. La Schlein ha superato con slancio l’ostacolo delle elezioni. Ora la sua posizione è più solida. Ha riportato il partito vicino a percentuali antiche. Il Pd è di gran lunga il principale partito di opposizione e la Schlein può rivendicare con forza di essere l’alternativa a Giorgia Meloni. Con un interrogativo enorme. Dati elettorali alla mano la distanza tra Fdl e Pd è sotto il 5 per cento. Non è una enormità. C’è però un elemento decisivo. Giorgia Meloni può contare su una coalizione in tutte le competizioni elettorali. E’ una tradizione consolidata, cambiano gli interpreti, ma non la musica. Il Pd invece su chi può contare?

Il campo largo è naufragato con Letta, la Schlein ha provato a rilanciarlo ottenendo qualche alleanza locale, ma anche dissidi durissimi come quello che ha portato i due partiti ad andare per proprio conto a Bari come in Piemonte. Una delle gambe di questa alleanza mai nata doveva essere il movimento 5Stelle bonificato da Conte. Ma quel movimento perde progressivamente pezzi, ma soprattutto elettori. Ora è al 10 per cento. Forza marginale in molte aree del Nord, si è tenuto a galla (si fa pe dire) anche grazie a Tridico, ex presidente Inps, l’uomo del reddito di cittadinanza. Adesso che farà Conte? Cercherà di tornare all’antico con un partito autosufficiente oppure accetterà la sfida di procedere a un confronto per una alleanza organica con le forze di sinistra? Non sarà una scelta facile perché quel movimento dopo il trionfo dl 2018 è segnato da un costante declino. Grillo sembra scomparso e vecchi dirigenti sono diventati marginali. Conte voleva essere lui il leader dello schieramento di centrosinistra. Sognava il ritorno a Palazzo Chigi. I numeri gli danno torto. Di sicuro per il momento Schlein non può fare pieno affidamento su questa alleanza. Il Pd può contare di più sulla sinistra di Bonelli e Fratoianni, ma è poca cosa.

Interessante è invece quanto accaduto nel “fu” terzo polo. Un disastro che ha coinvolto anche Emma Bonino, in passato più vicina a Calenda e poi al Pd . Renzi e Calenda, pur avendo su molte cose idee sovrapponibili, sono in perenne lite. Personale e astiosa. Sognavano di contare in Europa agganciati a Macron e artefici di una investitura di Draghi alla commissione europea. Ora Macron ha i suoi problemi a casa sua e Renzi e Calenda, dovranno fare un bagno di umiltà. Prima progettavano di spolpare il Pd, almeno nell’area moderata (hanno agganciato qualche dirigente che non ha ereditato i voti) poi dopo la morte di Berlusconi, soprattutto Renzi ha pensato di ereditare il patrimonio elettorale del Cavaliere. Il risultato è evidente: Forza Italia è cresciuta. Ora i “gemelli diversi” vorranno insistere nel progetto di creare un centro riformista? Impresa che appare impossibile. I due ormai non sono compatibili. Un eventuale accordo non sarebbe credibile. Inoltre l’idea di un terzo polo si scontra con la realtà: dei numeri e dei progetti. Giorgia Meloni andrà avanti con il “premierato” che avrà bisogno anche di una riforma elettorale. Comunque la finalità è quella del bipolarismo, che vince governa.

Non solo, ma la coalizione va presentata agli elettori. Questo dovrebbe spingere Renzi e Calenda a fare una scelta di campo. Oppure a rassegnarsi a una mera testimonianza. Quel progetto, il premierato, è fatto per evitare ribaltoni, governi tecnici o coalizioni dettate solo dalla necessità. La Schlein, se vuole essere competitiva, o recupera gli elettori che hanno seguito i due ex Pd (Renzi e Calenda) oppure tenta l’impresa (difficilissima) di un accordo con le due forze e nello stesso tempo con Conte. E’ vero che la politica ci ha abituato a colpi di scena, ma questo al momento appare improbabile. O meglio potrebbe diventare possibile se le scosse delle europee si trasformassero in un terremoto che faccia crollare velleità costruite su desideri e non sui dati reali.

Camere con vista, la corsa per l’Europa guardando a Roma

 

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