Cultura

Teatro San Salvatore dell’Aquila, un viaggio nel primo e più antico teatro d’Abruzzo

Teatro San Salvatore: la storia della prima sala d'Abruzzo dove si facevano spettacoli in musica e richiamo per artisti da tutta Italia. L'intervista a Valentina Panzanaro e maria Antonietta Cignitti che in questi anni hanno ripercorso la genesi di un luogo caro per gli aquilani dell'epoca.

L’Aquila ha avuto da sempre una forte vocazione culturale, un fervore frizzante oggi reso più evidente dalla recente nomina a Capitale della Cultura. Non tutti sanno forse, che prima ancora della genesi del Teatro Comunale dell’Aquila, gli spettacoli musicali venivano rappresentati in una sala all’interno della ex scuola De Amicis, conosciuto come Teatro San Salvatore, primo esempio di sala teatrale in Abruzzo.

Una storia antica, suggestiva, ricca, che Il Capoluogo d’Abruzzo ha voluto ripercorrere ascoltando due voci eccellenti aquilane: la Professoressa Valentina Panzanaro, diplomata in flauto barocco, dottore di ricerca in ‘Musica e spettacolo’, XXX ciclo, presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, con la tesi Musica strumentale da ballo ‘alla francese’ nella Roma di fine Seicento, docente presso il Liceo ‘Cotugno’ e a contratto presso l’Università degli studi dell’Aquila e Maria Antonietta Cignitti, cantante e direttrice di coro di lungo corso, solista e in ensemble cameristici, molto apprezzata sia in Italia che all’estero.

valentina Panzanaro e Maria Antonietta Cignitti

Il Teatro San Salvatore, scomparso con l’ultima ristrutturazione che trasformò l’edificio, risalente al 1448 e nato come ospedale, nella scuola De Amicis, punto di riferimento del cuore storico cittadino fino a poco prima del sisma del 6 aprile 2009, si trovava nell’ala settentrionale, verso l’attuale piazza del Teatro e fu allestita come sala dedicata agli spettacoli nel 1642. Venne affidato alla Gioventù nobile aquilana e i proventi delle rappresentazioni erano destinati al funzionamento dell’ospedale. Fu usato fino alla metà del XIX secolo. Dopo i lavori eseguiti e documentati dall’architetto Leonpoorro nel 1779, il teatro non subirà altre modifiche, alla fine dell’800 fu dotato di illuminazione elettrica, ma nel 1892 i locali che lo ospitavano furono riconsegnati alla Congregazione di Carità che ne era proprietaria, infine nel 1909 tutto il complesso fu ceduto al Comune dell’Aquila che realizzò la scuola elementare.

Gli studi portati avanti in questi anni da Valentina Panzanaro e Maria Antonietta Cignitti hanno potuto in qualche modo ‘ricostruire’ anche la struttura del teatro che era composta da una sala lunga 50 metri e larga 12. Allestimenti, scenografie e fondali scenici, andati completamente distrutti, erano probabilmente lignei.

Per poter rimettere insieme la storia del primo teatro d’Abruzzo, si è reso necessario prendere in considerazione una serie di fonti, se pur eterogenee fra loro, ma fondamentali e necessarie per ripercorrere la storia di tale istituzione. A partire dalle cronache del tempo, le due studiose hanno estrapolato molti dati interessanti che, incrociati con quelli presenti nei fondi d’archivio, come liste di pagamento, verbali di sedute consiliari, sono serviti a tracciare un percorso cronologico dalla nascita di un teatro pubblico fino alla sua dismissione, sostituito poi dall’attuale Teatro Stabile.

La Gioventù Nobile aquilana tenne viva per molto tempo questa istituzione come luogo dove pratica cultura, aggregazione, eventi. “L’attività teatrale e drammatica nella città dell’Aquila fu sempre tenuta in grande considerazione e praticata regolarmente – spiegano Valentina Panzanaro e Maria Antonietta Cignitti – in ogni tipo di occasione: feste e ricorrenze sia a carattere civile che a carattere religioso. Le cronache narrano, infatti, della messa in scena di rappresentazioni teatrali, molto spesso senza fornire particolari, quasi ad indicare una consuetudine talmente consolidata da non avere bisogno di ulteriori approfondimenti. In tale contesto nasce il teatro San Salvatore considerato uno dei primi esempi di teatro pubblico in cui gli aristocratici si dilettavano, allestendo e assistendo a spettacoli”. 

teatro san salvatore

Un vivace fervore culturale che vide transitare in città personaggi importanti dell’epoca, in un periodo storico in cui già gli spostamenti erano difficili, ma allora, come ora, tutti volevano venire a esibirsi a L’Aquila. Un po’ come sta succedendo adesso, grazie al richiamo della recente e meritata nomina a Capitale della Cultura, un riconoscimento che premia gli sforzi non solo degli anni post sisma, ma che affonda le sue radici in tempi antichi.

Pompeo Colonna – spiegano ancora le studiose – si rese protagonista per aver partecipato al restauro del teatro e per aver avviato una lunga tradizione teatrale all’Aquila ad appannaggio dei giovani nobili aquilani. Inoltre, lui stesso partecipò come attore interpretando Mirtillo nella messa in scena del Pastor Fido dei Guarini, opera molto conosciuta al tempo. Colonna rappresentava un nobile colto e mecenate che cercò di portare pace tra le controversie che spesso accendevano gli animi degli aristocratici filo-francesi nel periodo di piena dominazione spagnola”. 

Non solo, in quel periodo arrivò in città anche Francesco Bedeschini, famoso scenografo e disegnatore, “a cui proprio quest’anno gli è stata dedicata una mostra al Munda in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila. Nel 1673 Bedeschini fu incaricato di gestire il teatro, prendendosi cura non solo degli allestimenti, ma anche della direzione delle varie messe in scena e quindi anche delle compagnie di attori che si avvicendavano nel teatro”. 

Tutte le messe in scena erano accompagnate dalla musica, “Non vi sono partiture a riprova, ma tutte le testimonianze concordano sulla presenza della musica che accompagnava le messe in scena in particolare nei prologhi e negli intermezzi d’atto, come era di consuetudine nel teatro seicentesco. Del resto, L’Aquila non fu impermeabile alla temperie culturale che si respirava nel Seicento sul territorio italiano, data la vicinanza con Roma e l’appartenenza al regno di Napoli, due realtà molto vivaci e molto ricche dal punto di vista culturale”. 

Suoni e immagini di una città, il libro di Valentina Panzanaro e Maria Antonietta Cignitti

 

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