Proposte a confronto

Arrosticino abruzzese, Confagricoltura contro il marchio DOP: “Meglio l’IGP”. Coldiretti replica

Oggi in Commissione Agricoltura in Consiglio regionale si discute sulla proposta di assegnare all'arrosticino abruzzese il marchio DOP, ma Confagricoltura si schiera per l'IGP, Coldiretti si contrappone

Si accende il dibattito sulle prospettive di valorizzazione dell’arrosticino abruzzese: Confagricoltura, che oggi sarà audita in Commissione Agricoltura in Consiglio regionale, si schiera contro la risoluzione del consigliere Massimo Verrecchia, che chiede il riconoscimento del marchio DOP, proposta di cui ha scritto il Capoluogo. Coldiretti invece, anch’essa tra le organizzazioni in audizione, appoggia il documento del capogruppo di Fratelli d’Italia.

Confagricoltura ricorda in una nota che precede l’inizio della seduta della Commissione di oggi dedicata all’arrosticino abruzzese che “da oltre tre anni è in fase istruttoria presso il ministero Ministero dell’Agricoltura la procedura per il riconoscimento del marchio IGP (Indicazione geografica protetta) dell’Unione Europea per l’Arrosticino (i) d’Abruzzo, procedura avviata e curata dall’Associazione regionale Produttori Arrosticino (i) d’Abruzzo. Dopo un’attenta analisi della questione Confagricoltura Abruzzo ha condiviso il percorso iniziato dall’associazione dei trasformatori per una serie di motivi di ordine tecnico produttivo, commerciale ed economico”.

Queste sono spiegate: “Su primo motivo occorre prendere atto che l’allevamento ovicaprino in Abruzzo è in profonda crisi, ogni giorno chiudono stalle e la nuova PAC ha accelerato il fenomeno azzerando l’aiuto comunitario. Se non fosse stata una strenua lotta, promossa da Confagricoltura Abruzzo e fatta propria dal Vice Presidente Imprudente e dalla direttrice del Dipartimento Elena Sico a questo punto sarebbe stata messa la parola fine alla nostra millenaria tradizione che, a oggi conta meno di 150.000 pecore a fronte degli oltre 3 milioni della Sardegna. Occorre dare atto al Vicepresidente e alla Direttrice di aver ben negoziato nella Conferenza Stato regione e di aver tamponata la situazione recuperando un 70/% di aiuti con i fondi del CSR. In questa situazione è velleitario parlare di creare una filiera della DOP sia per mancanza di materia prima, sia per mancanza dei requisiti qualitativi e quantitativi, proprio perché i nostri allevamenti si sono specializzati nella produzione del latte, relativi prodotti trasformati e agnelli e solo pochi producono la carne destinata alla produzione degli arrosticini”.

Perciò secondo Confagricoltura Abruzzo “mettere in piedi un progetto di miglioramento genetico per reintrodurre razze la carne, è molto costoso e aleatorio, ci vogliono non meno di 10 anni e occorrerebbero giovani che investono in questo progetto ingenti risorse economiche per perseguire questo obiettivo. Il rischio più grave è che altre regioni potrebbero chiedere ed ottenere il riconoscimento comunitario con gravissimi e irreparabili danni alla nostra economia, penalizzando il settore della trasformazione fatto di aziende locali che hanno raggiunto, con la loro professionalità, livelli qualitativi notevoli e conquistato il mercato italiano ed estero. Da punto di vista commerciale è il riconoscimento del marchio comunitario il volano delle nostre migliori eccellenze, la Patata del Fucino IGP è un clamoroso esempio, nel giro di 7/8 anni i volumi commercializzati hanno raggiunto i 350.000 quintali ed il territorio del Fucino è divenuto l’areale più importante d’Italia. Purtroppo, dobbiamo ricordare gli scarsi successi ottenuti sia dalla DOP dello Zafferano dell’Aquila, sia dalle tre DOP regionali dell’olio EVO. Aver ristretto i territori, con scarse produzioni e pochissime aziende in grado di investire, hanno relegato queste produzioni a delle nicchie utili ad alimentare una economia locale ma penalizzando le altre aree regionali che non hanno potuto godere del marchio alla produzione. Bene, pertanto, il progetto, in fase di conclusione, nel settore dell’olio EVO di richiedere l’IGP per l’intero Abruzzo abbandonando di fatto la DOP”.

Confagricoltura si rivolge direttamente ai consiglieri regionali richiamandoli “a guardare la questione con gli occhi della realtà e chiedersi per quali motivi dobbiamo penalizzare un importante volano economico collaterale alla categoria degli agricoltori e allevatori con il quale abbiamo allacciato relazioni per sviluppare, una filiera più accessibile da parte degli allevatori. Giova ricordare che gli allevamenti più strutturati, quelli dotati di impianti di lavorazione delle carni aziendali, quelli con i punti vendita diretti e gli agriturismi, in ogni caso, beneficerebbero del marchio IGP che sarebbe un valore aggiunto in termini di marketing e che farebbero da traino a coloro (ma non siamo fiduciosi) vogliono investire nell’allevamento delle pecore e riconsiderare il ritorno dei pastori in montagna non solo eliminando la convinzione dei più che considerano le pecore dannose per gli ecosistemi. Solo investendo le risorse della PAC in maniera più copiosa in questa difficile attività ed eliminando una burocrazia asfissiante è pensabile una ripresa della pastorizia di montagna. Occorre fare in fretta per anticipare i propositi della Sardegna o, addirittura, quelli di uno stato estero. La grande pubblicità che l’arrosticino abruzzese ha avuto con le campagne pubblicitarie sostenute dalla regione non vanno vanificate sull’altare di pregiudizi e in danno all’economia abruzzese. Tutto considerato chiediamo a codesta Commissione ed ai Consiglieri regionali di respingere questa risoluzione e sollecitare il Ministero dell’Agricoltura a concludere l’istruttoria per il riconoscimento dell’Arrosticino (i) Abruzzese IGP”.

Per Coldiretti invece, come si legge in una nota anch’essa di oggi: “Ribadiamo che l’unico modo per tutelare contemporaneamente l’economia pastorale abruzzese e le esigenze del consumatore è il riconoscimento della denominazione di origine protetta (DOP) dell’arrosticino. Intorno a questa eccellenza della produzione regionale si sta facendo una grande confusione, su cui è necessario fare chiarezza. Ribadiamo con fermezza che la DOP è l’unico marchio comunitario che garantirebbe l’utilizzo di carne veramente abruzzese con risultati e vantaggi per tutto il settore zootecnico e del consumatore finale che deve poter scegliere di mangiare un prodotto fatto con vera carne abruzzese e non semplicemente macellata o confezionata in Abruzzo”. In merito alla diatriba sull’arrosticino – e sulla necessità di privilegiare la Dop all’Igp – Coldiretti Abruzzo conferma la propria posizione. E ribadisce che “si tratta di una battaglia etica, una battaglia sulla trasparenza che mette al centro l’importanza dell’origine degli alimenti che hanno fatto grande la nostra tradizione agroalimentare”.

Coldiretti cita una relazione realizzata tra gli altri con l’Associazione regionale Allevatori, in cui “viene smontato il castello di ‘svantaggi’ elencati dai contrari alla Dop e viene sintetizzato il disciplinare della denominazione che comporterà in particolare: la delimitazione dell’area geografica di allevamento coincidente con il territorio regionale e le aree dell’Italia centrale storicamente legate alla pastorizia e alla transumanza; la delimitazione dell’area geografica di trasformazione e lavorazione delle carni e la produzione di arrosticini coincidente con il territorio regionale; il raggiungimento di parametri qualitativi elevati dovuti alle caratteristiche della materia prima utilizzata e alle limitazioni adottate in fase di lavorazione; l’utilizzo di sole carni ovine, e l’assenza di ingredienti diversi, nel rispetto della tradizione tramandataci dai nostri pastori”.

“Attualmente – dice Pietropaolo Martinelli allevatore e presidente di Coldiretti Abruzzo – il prodotto simbolo della nostra pastorizia si basa sull’importazione massiccia di carni ovine estere, più facili da reperire e lavorare, con il risultato sconcertante che più di tre arrosticini su 4 hanno provenienza straniera, soprattutto Francia, Spagna, Irlanda, Germania e Europa dell’est. Non escludiamo la possibilità di una Igp, ma non deve essere l’alternativa alla Dop, l’unico marchio che garantirebbe l’utilizzo di carne abruzzese e italiana. È una questione di trasparenza, il consumatore deve poter scegliere e gli allevatori devono essere messi in condizione di continuare una tradizione amata ed apprezzata in tutto il mondo e di produrre i veri arrosticini, non semplici spiedini. Ci spiace che Confagricoltura – oltre a dimenticare che Coldiretti e Ara sono state le prime a salvaguardare il comparto con la richiesta di una misura che compensasse una PAC punitiva nei confronti del settore ovicaprino – si sia schierata a favore dell’Igp presentandolo come la panacea di tutti i mali. La realtà è ben diversa e non serve un esperto per capire che l’eventuale accantonamento del riconoscimento della Dop sarà il colpo di grazia per i pochi allevatori rimasti che devono fare i conti con una profonda crisi e una drastica diminuzione dei ricavi anche a causa di concorrenza sleale”.

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