C’era una volta la Prima Repubblica, i leader a perdere nella politica di oggi

C’era una volta la Prima Repubblica e c’erano dei leader che restavano tali per anni. Tra Renzi, Conte, Salvini, che fine hanno fatto quei leader? Resistono solo il Pd e Giorgia Meloni
Leader a perdere nella politica di oggi. L’approfondimento “Camera con vista”.
C’era una volta la Prima Repubblica, c’erano dei leader che restavano tali per anni, spesso fino alla morte. Li accusavano di essere attaccati alla poltrona come se quelli che sono arrivati dopo non avessero lo stesso desiderio: quello di non mollare il potere conquistato. Ma restare ai vertici, in politica o in qualsiasi altra attività, non è quasi mai una questione legata alla propria volontà. Non a caso ricordiamo ancora sui libri di storia uomini come Cincinnato, oppure papa Celestino V. No, il potere non lo vuole mollare nessuno. Se succede è per la volontà di altri.
Prendete uno come Renzi, 10 ani fa trionfava portando il Pd oltre il 40 per cento. Poi la discesa inarrestabile, fino a non riuscire oggi a entrare nel Parlamento europeo. E che dire di Conte. Arrivato a Palazzo Chigi per volontà di Salvini e Di Maio, che volevano una personalità non di spicco, che non si imponesse, ha pian piano preso dimestichezza con il ruolo, tanto da rimanere insediato pur con una maggioranza diversa fino a toccare l’apice della popolarità con il Covid. Ogni giorno in Tv a rassicurare, promettere, spiegare. “L’avvocato del popolo” è cresciuto in popolarità e potere, fino a che non è stato sfrattato da Renzi che, nostalgico dell’antica fama, ha cercato di far credere di avere il potere di formare e far cadere i governi a suo piacimento. Quel potere in realtà lo ha esercitato soprattutto con Conte.
Ma andiamo proprio da lui, dal leader Conte. Chiamato a guidare i 5Stelle nella convinzione che la sua popolarità servisse a rilanciare un movimento in crisi, in realtà ha aggiunto debolezza a debolezza. Uno che è stato presidente del Consiglio con due maggioranze alternative non poteva che archiviare la stagione del vaffa.. Poi con il Pd faceva pace un giorno, per litigare il giorno dopo. Forse non si è reso conto che gli italiani avevano cancellato la nostalgia per quelle serate davanti alla Tv, chiusi in casa dal Covid. Lui non sapeva resistere alla nostalgia per Palazzo Chigi, ritenendo quasi degli usurpatori i suoi successori che, del resto, hanno smontato alcune sue costruzioni (Superbonus e reddito di cittadinanza). Alle europee è arrivato il verdetto… Conte voleva essere il leader dell’opposizione, il candidato unico per Palazzo Chigi, ora è un capo azzoppato, in crisi e forse dovrà vedersela con quanti dentro il partito lo hanno subito, non scelto.Così Grillo, di cui si erano perse le tracce, è tornato a farsi vedere a Roma. Stando a informazioni e indiscrezione varie, avrebbe avuto incontri con esponenti 5stelle, con Virginia Raggi che non ama Conte e che sogna un ritorno all’antico, al partito solitario senza alleanze. Conte resisterà all’assalto? Solo un miracolo elettorale potrebbe riaccendere il sogno di tornare in quel palazzo che lasciò così malvolentieri. Ora si deve guardare dagli zero virgola, perché saranno dei decimali percentuali a decidere la sua sorte politica.
Renzi, il guastatore, invece è riuscito in una impresa fantastica. Un primatista mondiale nella corsa del gambero (all’indietro).
Da segretario del Pd con oltre il 40 per cento dei voti, alle elezioni del 9 giugno dove alla guida di una coalizione è andato a sbattere contro un misero 4%. Voleva tessere la tela della politica italiana, per il futuro rischia di non controllare nemmeno il suo partitino.
Ha ancora potere un altro Matteo. Si tratta di Salvini, che ha dovuto attaccarsi al generale Vannacci per evitare il crollo. Ci sono ancora i manifesti con scritto Salvini presidente, ma per lui il sogno è finito al Papeete.
Poi ci sono quelli che ormai vivono solo nel ricordo. Di Segni, che rivoluzionò la politica italiana, resta un pallido ricordo nelle persone più anziane. Di Pietro lo si può trovare in Molise sul suo trattore nella tenuta ereditata dal padre. Qualcuno si è ricordato di Di Maio in questi giorni, per avere la conferma che ora è tutto preso dalla prossima nascita di un figlio. La politica è solo un ricordo, eppure si affacciò su un balcone di Palazzo Chigi per annunciare la sconfitta della povertà. Ma i balconi talvolta fanno brutti scherzi, soprattutto quelli al centro di Roma.
La lista dei dimenticati non finisce qui. C’era un capo partito, Gianfranco Fini, che sdoganò il vecchio Msi, che è stato ministro, presidente della Camera e che ora è ricordato nei giornali solo per un processo in cui è stato convolto. E che dire di Alfano, era considerato il successore di Berlusconi. Poi si staccò, formò un suo partito. Ora fa altro nella vita. Nella lista si possono aggiungere i segretari del Pd che sono passati. Valter Veltroni forse è il solo che si è fatto da parte, preferendo avere successo come scrittore e giornalista. Di altri non ricordiamo nemmeno il nome.
La politica oggi brucia tutto in poco tempo. Forse con due eccezioni: il partito e la donna partito.
Il Pd cambia i segretari con la stessa frequenza con cui si fa il cambio stagione. Ma quel partito comunque resiste, a volte arranca, altre volte avanza. Ma c’è ed è erede della Prima Repubblica, quella dei partiti.
Poi c’è la donna partito. Fratelli d’Italia è soprattutto Giorgia Meloni. È lei la protagonista della vita italiana che ha trasformato una piccola forza politica. È lei la trionfatrice di tutte le recenti competizioni elettorali. Almeno lei ha tutte le carte in regola per rimanere per lungo tempo protagonista. Forse perché il successo non è arrivato per caso o troppo velocemente, ma è stato costruito negli anni partendo dalla semplice militanza. Parola oggi sconosciuta, retaggio di un tempo remoto, quello della Prima Repubblica. Non sarà che questa, terza o quarta Repubblica, alla fine non segni la rivincita della prima, fatta di partiti e di militanti?