Maria Cristina Sallese, la mostra dell’artista contadina tra paesaggi rurali e impegno sociale

21 giugno 2024 | 14:21
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Maria Cristina Sallese, la mostra dell’artista contadina tra paesaggi rurali e impegno sociale

L’AQUILA – A Palazzetto dei Nobili la mostra della “pittrice contadina” Maria Cristina Sallese.

L’AQUILA – A Palazzetto dei Nobili la mostra della “pittrice contadina” Maria Cristina Sallese.

Si chiuderà sabato 22 giugno la mostra allestita al Palazzetto dei Nobili  “Maria Cristina: contadina, pittrice, poetessa e cantautrice”. La mostra, curata dal figlio dell’artista, Gino Antognetti, è stata inaugurata lo scorso 7 giugno alla presenza dell’assessore al Turismo e Pari Opportunità, Ersilia Lancia, mentre nella giornata di oggi è stata registrata la visita dell’assessore regionale Roberto Santangelo. E proprio con la Regione Abruzzo Antognetti sta presentando l’idea di un testo didattico per le scuole sulla cultura contadina.
Ma non solo cultura contadina nell’opera di Maria Cristina Sallese, che è riuscita ad esprimersi mirabilmente in diverse forme espressive e attraverso messaggi culturali e sociali importanti, dall’emigrazione agli incidenti agricoli, all’emancipazione femminile e femminicidio.
La mostra:

Hanno detto di lei:

Prof.ssa Lia Giancristofaro: “Maria Cristina a Casalbordino faceva una auto-documentazione artistica e storica, simile a quella dei musei etnografici. Possiamo definirla un museo vivente. Ma apparteneva a quella categoria museale un po’ antiquata che vorrebbe rappresentare la vita del passato in modo realistico e meramente nostalgico. Lei, che era tutt’altro che ripiegata su sé stessa, attraverso i suoi quadri e le sue canzoni, realizzava una museografia che da un lato era descrittiva, dall’altro lato era espressiva e performativa. Una contadina che si attiva nella auto documentazione del suo sapere: la massima espressione di autonomia culturale, perché con lei la cultura subalterna si auto documenta, riflette su sé stessa, non ha bisogno del ricercatore, dell’antropologo, del letterato, dell’agente esterno alfabetizzato che documenti la sua cultura. Praticamente, l’artista naif ha svolto una operazione gramsciana: si auto documenta indipendentemente dall’intervento dell’intellettuale, al massimo intrecciandosi con l’intervento dell’intellettuale, come dimostra la profonda sintonia con mio padre e con altri studiosi”.

Giuliano Di Gaetano, direttore del Museo Delle Genti Del Gran Sasso: “Vi dico solo un qualche riferimento alla nostra Annunziata Scipione: c’è un differenza notevole fra lei e la Sallese. Le tele della Scipione offrono un vasto affresco, diciamo ludico-bucolico-emozionale, sintetizzando alquanto, del mondo contadino di una volta. Ci sono però dei punti di connessione notevoli. Ad esempio, ho visto un’opera grande dedicata, in primo piano, al lino: una fibra tessile che adesso noi non conosciamo quasi più, a meno che non riusciamo ad acquistare per l’estate una giacca fresca. Ma la coltivazione del lino, per estrema necessità, era uno dei lavori prevalenti, perché era essenziale per la tessitura e la elaborazione di ogni tessuto: corredo, letto ed abbigliamento. Quindi anche la Scipione ha rappresentato un campo di lino, per non parlare poi di quello che c’è nella trilogia mediterranea: ulivo, vite e grano. Queste nostri due pittrici ci fanno invece vedere il grano tagliato a mano, trebbiato con asini o cavalli, ripulito dalle bucce e dalla pula aiutandosi con la spinta del vento favorevole; a volte lavato e steso ad asciugare su un grande panno di canapa (anch’essa seminata, coltivato e tessuta a mano). Questo è chiaramente un mondo del tutto scomparso. Ma forse è arrivato il momento in cui dovremmo e potremmo riprendere qualcosa da questo mondo”.

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